Vestire gli ignudi…

Amiche mie carissime, mi sembra passata una vita dall’ultima volta che vi ho consegnato le mie considerazioni! Oggi concludo le mie riflessioni sulle opere di misericordia con un pensiero a quelle sorelle che – almeno nell’Occidente – stanno diminuendo e che hanno l’impegnativo compito di vestire gli ignudi: le presidi.

Già mi sembra di sentirvi: «Perché fermarsi a considerare chi ormai non esiste quasi più? Perché prendere in considerazione un ufficio che sta per essere dismesso? Perché occuparsi di chi opera in un’attività – la scuola – sempre in movimento tra tradizione e innovazione per un’azione pastorale efficace?».
Beh, carissime, ve lo spiego io! La Preside, per quanto possa talvolta sembrare un po’ noiosa a motivo di quella cultura che si porta incollata addosso e che – a detta di molte di noi – ha il sapore della pedanteria, la Preside, dicevo, ha fatto per molti anni la storia della pastorale dell’Istituto, caricandosi sulle spalle schiere di giovinette nude e crude, di quella nudità che è ignoranza e di quella crudezza che è immaturità.
Ora – dico io – questa benedetta sorella merita attenzione: avete mai provato a chiedervi come occupa le sue giornate? Ragazzi da spronare, collegi da presiedere, appuntamenti da fissare, docenti da sostenere, posta da controllare, e-mail da smaltire, lamentele da raccogliere, scartoffie da ordinare, conferenze da ascoltare, genitori da consigliare, assemblee da animare, convenzioni da sottoscrivere, minacce da allontanare, documenti da firmare, rappresentanti da ricevere, commissioni da coordinare, telefonate da fare, richieste da esaudire, decisioni da prendere, futuro da prevedere… e poi RAV, BES, POF, GLI, PDP, AIE, CTP, DSA, PEI, CLIL, PDM, TIC, PEC… (ogni paese ha il suo!…) un mare di nomi, nomignoli e sigle che investono i suoi sogni e dimorano nella realtà di ogni giorno!
Perciò, se anche talvolta se ne va in giro per casa quasi fosse un fantasma e non si accorge di voi che le passate accanto, se quando c’è un raduno comunitario ha sempre qualcosa da dire usando parole incomprensibili, se raramente è agli appuntamenti comuni e quando, per caso, la trovate a tavola non ha molta voglia di chiacchierare con voi, ripensate a ciò che riempie la sua vita e considerate che forse l’unica sua aspirazione rimane e rimarrà sempre quel vestire gli ignudi di cultura e di amore per il sapere per cui, un tempo, bastavano penna, registro e passione, mentre oggi occorrono, invece, decine di cose in più.

Parola di C.

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