Annuncio

Trasformati dall’incontro con Lui, essi ritornano senza indugio a Gerusalemme, città della Pasqua e della Pentecoste, con il desiderio di annunciare il Signore risorto e di condividere l’esperienza di felicità piena che ha allargato il loro sguardo e il loro cuore (CG XXIII).

Chiamati ad annunciare

L’annuncio del Vangelo è la caratteristica dei discepoli del Signore. Maria Maddalena, colei che per prima incontra e riconosce il Cristo Risorto, è l’icona della missionarietà propria della vocazione cristiana, il cui invito è quello di annunciare che “il Signore è il Vivente!”.

“Ho visto il Signore!” è questo l’annuncio che offre a tutti Maria, questa semplice donna che porta a tutti l’evento più straordinario che si sia verificato nella storia dell’umanità.

Da qui nasce l’esigenza della fede che presuppone la predicazione e la testimonianza di coloro che per primi hanno accolto nella loro vita il Signore Gesù.

“Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”(Mt. 28,19-20).

Un compito arduo quello che il Signore affida ai suoi discepoli, ma possibile perché confortato della sua presenza e reso possibile grazie al dono dello Spirito: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra”(At. 1,8).

L’evangelizzazione è obbedienza al mandato ricevuto e bisogno insopprimibile di partecipare ad altri l’esperienza del Signore e la gioia che ne deriva. San Giovanni, nella sua Prima lettera scrive: «Ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita … noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi» (Gv 1,1-4).

La Chiesa è missionaria per sua natura, porta avanti nella storia l’annuncio evangelico. Un annuncio che coinvolge chiunque abbia incontrato Cristo: parte dalla testimonianza della vita e si sviluppa nelle più varie espressioni di educazione alla fede fino all’attività missionaria.

 

Testimonianza e preghiera

Cristo si annuncia vivendolo: «Diventato nuova creatura, il battezzato deve vivere ed agire come tale. Sia a livello personale che comunitario. Sul suo volto deve risplendere il volto stesso di Cristo. È questa una vera e propria esigenza della sua vitale incorporazione a Lui nel sacramento del battesimo». (A. von Speyer, in Mistica oggettiva)

È questo un modo nuovo di annuncio che coinvolge tutti e tutte. Nell’Evangelii nuntiandi Paolo VI afferma che l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni. Più che alle parole, l’uomo di oggi crede ai fatti. San Pietro nella sua lettera (1Pt 3,1) scrive che “una vita santa e rispettosa conquista, senza bisogno di parole, quelli che si rifiutano di credere alla Parola”. Fa parte dell’economia della salvezza la chiamata per i discepoli di Cristo ad essere sale della terra e luce del mondo. È questa l’evangelizzazione di cui parla il Signore: «Cosi risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli». (Mt5, I 6)

Una persona vicina a Dio irradia luce. Giovanni sussultò nel grembo di Elisabetta all’arrivo di Maria che portava Gesù nel suo grembo. La testimonianza di una vita santa diventa, così, esigenza per dare fecondità all’annuncio.

«Bisogna che il nostro zelo per l’evangelizzazione scaturisca da una vera santità di vita e che la predicazione, alimentata dalla preghiera e, soprattutto, dall’amore all’Eucaristia, a sua volta, faccia crescere in santità colui che predica».

«Il mondo, ‒ afferma Paolo VI ‒ che nonostante innumerevoli segni di rifiuto di Dio, paradossalmente lo cerca attraverso vie inaspettate e ne sente dolorosamente il bisogno, reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero l’Invisibile. Il mondo esige e si aspetta da noi semplicità di vita, spirito di preghiera, carità verso tutti e specialmente verso i piccoli e i poveri, ubbidienza e umiltà, distacco da noi stessi e rinuncia. Senza questo contrassegno di santità, la nostra parola difficilmente si aprirà la strada nel cuore dell’uomo del nostro tempo, ma rischia di essere vana e infeconda».

 

Gabriella Imperatore
gimperatore@cgfma.org

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