Osare gesti di Pace

Bisogna essere ostinatamente ottimisti per parlare di Pace, in tempi in cui si ode, sempre più prepotente, il rumore delle armi e i telegiornali ci stordiscono con immagini e numeri di morti ammazzati. Ed eccoci ancora una volta a credere, a sognare, a sperare, a invocare la Pace.

“In piedi tessitori di Pace”. Uomini e donne che hanno la pazienza di tessere la pace, di educare alla pace, di far sbocciare la pace anche dove sembra irrimediabilmente soffocata. Custodiscono la speranza che il bene c’è e non risparmiano la fatica di farlo germinare. La Pace, quella che Papa Francesco ricorda essere “non un equilibrio tra forze contrarie”, “non una bella facciata” dietro alla quale ci sono contrasti e divisioni. La pace è una profonda aspirazione umana, è un dono e allo stesso tempo, un frutto. La riceviamo e la coltiviamo. Ha il sapore della quotidianità, inizia a prendere consistenza dentro ciascuno di noi, si allena nelle nostre relazioni di solidarietà e si estende, attraverso azioni di responsabilità, nel tessuto sociale dei popoli.

 

Abbiamo bisogno di pace. La pace è il riconoscimento della dignità,
del diritto di ciascuno di esistere.
Il mondo sarà migliore se ci rimboccheremo le maniche
per questa impresa di pace! (Don Luigi Ciotti)

 

Angelic Edna Calò Livne, nata a Roma (Italia), ma di origini ebraiche, educatrice, regista, scrittrice, ha creato e dirige, in Israele, la Fondazione Beresheet LaShalom (in ebraico significa “Un principio di pace”) che ha come finalità educativa quella di contribuire, attraverso il teatro multiculturale della pace, alla formazione di una generazione che guarda all’altra cultura con maggiore compassione e comprensione. Oggi il gruppo raccoglie più di 500 ragazzi ebrei, cristiani, musulmani. Insieme raccontano, danzando, il bisogno profondo di pace di chi conosce la guerra in prima persona e dell’Amore, unica arma contro l’odio. Esprimono l’importanza e il valore immenso della differenza come fonte di ricchezza e di crescita e non come motivo di conflitto. “Beresheet” è un messaggio di fiducia in un avvenire dove si può vincere l’indifferenza per dare a ognuno dignità e futuro.

 

Non possiamo stancarci o mollare. Lo dobbiamo alle generazioni presenti e future.
Dobbiamo alzarci e andare avanti! (Wangari Maathai, Premio Nobel per la Pace – 2004).

 

La pace non si ottiene senza sforzi, senza conversione, senza creatività e confronto. Si tratta di sensibilizzare e formare al senso di responsabilità. È una questione educativa, dove incontrarsi e conoscersi spiana progressivamente la via. Il rispetto, l’accoglienza, la solidarietà, il prendersi cura di chi soffre, fa progredire la pace, ovunque.

 

Gabriella Imperatore
gimperatore@cgfma.org

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