Il sistema azzardo è un fenomeno in crescita. Secondo la ricerca Caritas di Roma “Adolescenti e Azzardo” del 2018, a Roma, due ragazzi su tre (66,3%) tra i 13 e i 17 anni gioca d’azzardo almeno una volta all’anno; il 36,3% dichiara di essere giocatore abituale, almeno una volta al mese, attraverso scommesse sportive, gratta e vinci, slot machine, concorsi a premio. Il 62,8% conosce da vicino coetanei che giocano.
L’analisi denuncia l’azzardo come «supermercato invasivo delle offerte» che parte dalle macchinette per bambini mettendo in palio palline e pupazzi e arriva al gioco, ma bisognerebbe piuttosto parlare di casualità, impiego di molto denaro e impossibilità di controllare il risultato.
Gioco ed emozioni: la prevenzione
Non si può vivere senza azzardare ma non bisogna giocare denaro per farlo. Le attività legate al gioco d’azzardo si articolano lungo un continuum che parte dagli aspetti ludico-ricreativi, sociali e istituzionali della pratica che possono essere altamente piacevoli e addirittura consigliabili. È ovvio che chi è più vulnerabile, cioè con minori strumenti cognitivi, emotivi, sociali, economici, è maggiormente esposto a sviluppare condotte impulsive o essere coinvolto in forti emozioni o ad attuare comportamenti rischiosi. Di conseguenza, la prevenzione può svilupparsi a tanti livelli, da quello macro-politico a quello personale, non dimenticando nel percorso di cura e di prossimità le famiglie di chi è coinvolto nel gioco.
Dipendenze: cura e prossimità
Angela Sardo è la Direttrice della Comunità Terra Promessa dell’Associazione Casa Famiglia Rosetta di Caltanissetta. Dal 1989, è a contatto con giovani e giovani adulti con problemi di dipendenza patologica e disturbi del comportamento, che hanno deciso di intraprendere percorsi di recupero e di reinserimento sociale.
Il programma tiene particolarmente in conto le famiglie dei giovani, progettando anche per loro percorsi personalizzati «perché non si può mai affrontare il problema da un unico punto di vista».
«Le famiglie dei giocatori di azzardo hanno storie di disperazione alle spalle: la relazione e gli affetti sono stati sconvolti dallo tsunami che si è abbattuto sulla propria casa creando danno, vuoto, solitudine, paura e bugie. È importante allora coinvolgere e ripartire dalla famiglia per ricostruire la persona, accompagnandola a mettere ordine nella propria vita».
Il percorso terapeutico è un accompagnamento al plurale, che fa appello a molti alleati per sostenere le possibili ricadute nella dipendenza. È anche un percorso di protezione che prevede l’aiuto di consulenti finanziari per riprogettare la propria esistenza e lo stile di vita, la riconquista del benessere personale, il reinserimento nella società.
Gabriella Imperatore, FMA
gimperatore@cgfma.org