Il linguaggio della cultura della cura rimanda direttamente al mondo femminile, all’immagine di una madre; al dono della vita, alla crescita, all’abbandono incondizionato, alla ricerca radicale del bene dell’altro, alla tenerezza.
Una donna che porta nel grembo la vita di un altro essere, senza dubbio deve prendersi cura di se stessa; sottoporsi a controlli medici periodici evitare il consumo di sostanze nocive, moderare l’esercizio fisico, ecc. Le Figlie di Maria Ausiliatrice, chiamate ad essere “madri” di tanti giovani, devono anche prendersi cura della loro salute, confrontarsi quotidianamente con la Parola di Dio, evitare di consumare tutto ciò che può nuocere alla vita di Dio che portano dentro, nella consapevolezza che ciò che fanno per prendersi cura di loro stesse è in funzione della cura degli altri; noi FMA ci prendiamo cura di noi stesse affinché molti giovani possano nascere e crescere alla vita di Dio in Cristo Gesù. In questo senso, prenderci cura di noi stesse significa porre le condizioni perchè si generi la Vita, prendersi cura di noi stesse per essere un segno della maternità di Dio.
Per generare
Il verbo engender evoca spontaneamente l’azione dell’uomo e della donna che danno vita a un altro essere umano nel mondo. Essi rendono possibile l’identità del figlio o della figlia e, allo stesso tempo, è il figlio nato che dà ai genitori la nuova paternità e maternità (André Foissoion, ¿Qué anuncio del evangelio necesita nuestro tiempo? En, Una nueva oportunidad para el evangelio. Hacia una pastoral de engendramiento. Desclee De Brouwner 2011. Pg 125).
Noi, FMA, siamo prima di tutto e soprattutto figlie. La filiazione ci definisce, configura la nostra identità. Siamo Figlie di Maria Ausiliatrice e figlie di Dio che ci ha generati dallo Spirito nel Figlio, incarnato per mezzo di una donna: Maria, che è soprattutto Madre. Siamo chiamate ad essere riflesso della sua bontà materna (Cost. art. 14), a far crescere Cristo nel cuore dei giovani (Cost. art. 7); cercando di fare nostri i suoi atteggiamenti, di essere come lei, ausiliatrici tra le giovani donne (Cost. art. 4). Non possiamo essere ausiliatrici senza essere madri. La maternità spirituale è il presupposto perché lo Spirito possa rendere feconda la nostra vita e quella dei giovani. Perché solo lo Spirito può generare la Vita di Dio. Non siamo noi, è lo Spirito che feconda la storia, gli eventi; aprire la via allo Spirito per mezzo della Parola implica dare l’opportunità di lasciarsi generare da Dio nella propria vita, di aprirsi ad una nuova identità, di essere figli e figlie di un Dio che è Padre e Madre.
Papa Francesco nel libro La tenerezza di Dio, dice: “Non tutti capiscono quando si parla della maternità di Dio, quindi preferisco usare la tenerezza di Dio, propria di una madre, Dio è padre e madre, la tenerezza è la virtù propria delle madri. La maternità si manifesta nella tenerezza e nella compassione”. La maternità di Dio è originariamente generativa, ci ha generati prima di tutto, perché ci ha amati per primi, e noi, FMA, ne siamo testimoni. Per questo motivo, facilitare la crescita di Cristo nei giovani ci richiede di custodire il tesoro dell’identità che abbiamo ricevuto, che ci definisce e che ci fa essere e apparire visibilmente ciò che siamo: segno dell’Amore Preveniente di Dio, che non solo cerca di evitare il male, ma diventa forza generatrice del Sommo Bene. I giovani che hanno partecipato al Capitolo Generale XXIII ci hanno chiesto in primo luogo di essere madri, desiderano (Atti del CG XXIII, 18) sentirsi figli di Dio nelle nostre case; la maternità è uno dei pilastri di una comunità in cammino.
L’eredità di una maternità spirituale immensamente feconda
Madre Mazzarello è per la Chiesa “Madre e Cofondatrice” (Cost. art. 2). A differenza delle altre Consigliere, Madre Mazzarello firma i suoi scritti con: “la madre”, senza altra denominazione. Ella era consapevole di essere Madre nell’Istituto a lei affidato. L’atto più importante ed essenziale del suo donarsi per la Fondazione dell’Istituto, per formarlo, educarlo e farlo crescere, è proprio la sua maternità spirituale (Maria Esther Posada, Significato storico-spirituale, 1992 nn. 104-117).
La sua maternità ha dato all’Istituto un aspetto originale nell’apporto di un’esperienza carismatica femminile, in comunione con quella di Don Bosco, contribuendo ad una collaborazione intelligente e attiva, necessaria al processo di nascita dell’Istituto. In poco più di otto anni e nove mesi ci ha lasciato in eredità un’esperienza dello Spirito che siamo chiamati a rendere visibile ancora oggi, sempre per l’intervento materno di Maria. Se la breve vita di Madre Mazzarello ha portato frutti di fecondità carismatica, è stata la sua precoce morte il culmine della sua maternità spirituale, con l’offerta totale di sé al Signore per il nascente Istituto.
Anche oggi, come Madre Mazzarello, siamo strumento dello Spirito Santo per diffondere l’esperienza carismatica salesiana al femminile; per questo dobbiamo essere consapevoli della nostra identità di essere a immagine di Maria, madri per i giovani e le sorelle. La storia dell’Istituto è per noi un “santuario spirituale” che garantisce le radici di cui non possiamo fare a meno, perché lo Spirito possa continuare a far crescere in novità il carisma salesiano. Non stanchiamoci di conoscere e amare le nostre radici: conoscere la nostra storia come Istituto è qualcosa che ci tocca dall’interno e ci trasforma, ci incoraggia a crescere nella nostra identità, così che nulla di ciò a cui tante sorelle hanno rinunciato si perda. La custodia della nostra storia è un atto dinamico e generativo.
Lo Spirito genera in e attraverso una comunità
Dio è Amore, e s’incarna nelle relazioni abitate per la tensione verso l’amore; non un amore qualsiasi, ma quello di Gesù Cristo. Nella sua incarnazione, Gesù diventa visibile per mostrare l’Invisibile nel suo rapporto con gli uomini, con i più poveri e i più deboli, con i bambini, con le donne; Gesù manifesta la sua grandezza nei contesti di maggiore debolezza umana. La sua missione si svolge in una comunità e, essendo Dio Amore, non può manifestarsi da solo. Dio, in Gesù, ha divinizzato la comunità, ha fatto delle relazioni umane il luogo privilegiato per incarnare l’Amore, che solo dal Verbo può crescere ed essere generatore di relazioni umanizzanti, perché rende presente Cristo in un gruppo umano che viene convocato nel suo nome.
Le nostre Comunità Educanti sono chiamate ad essere segni di relazioni cristiane. Amare i giovani, e amare se stessi, alla maniera di Gesù. I giovani hanno bisogno di sapere che li amiamo, ma la cosa più importante è che si rendano conto della radice dell’amore con cui sono amati: al di là di noi stessi, sono infinitamente amati da Dio, in qualsiasi circostanza essi vivano (cf Papa Francesco, Christus Vivit. Esortazione apostolica post-sinodale n. 112). Lo Spirito genera vita negli spazi dell’amore, le nostre comunità continuano ad essere chiamate ad essere case dell’Amore di Dio, come a Mornese, dove si cerca soprattutto il bene dell’altro, dove ci si tratta come Gesù tratterebbe, con azioni concrete e autentiche, di tenerezza e compassione, essendo, l’una per l’altra, presenza contagiosa di vita autentica (Pierrette Daviau, Spiritualità di generazione e pratica pastorale, in Una nuova opportunità per il Vangelo. Verso un ministero della procreazione. Desclee De Brouwner 2011. Pg 195).
Si tratta di favorire la reciprocità delle relazioni in cui circola la Vita, la Verità, dove ogni membro rafforza la propria identità grazie alla presenza dell’altro. Relazioni che ci aiutano ad essere ciò che ognuno di noi è chiamato ad essere secondo il Progetto di Dio. Se lo Spirito non circola nelle nostre relazioni, circoleranno altri spiriti, il che senza dubbio oscurerà la felicità che siamo chiamati a vivere e a proporre. Il Vangelo apre sempre possibilità di comunione. Il Vangelo vissuto da una comunità si trasmette per contagio.
Quali sentimenti trasmettiamo ai giovani come comunità e come comunità educative?
Madre Yvonne nella presentazione del tema scelto per il prossimo Capitolo Generale XXIV ci pone una domanda: Quali cammini di rivitalizzazione nelle comunità, perché siano profetiche e feconde a livello vocazionale? La fecondità vocazionale è un tema considerato prioritario nella nostra missione: l’impegno ad accompagnare i giovani nel loro progetto di vita, con particolare attenzione alle vocazioni alla vita consacrata salesiana.
Accompagnare nei giovani, la Vita generata dallo Spirito
Tutta la pastorale giovanile è intrinsecamente vocazionale, insita in ogni itinerario educativo, però in questo momento della storia dell’Istituto, è anche necessario ripensare a come animare la proposta vocazionale esplicita. In alcuni contesti dell’Istituto, c’è una reale preoccupazione per la diminuzione o l’assenza di vocazioni. La nostra scelta di vita è un dono prezioso che bisogna alimentare e accompagnare, affinché l’eredità spirituale e carismatica che abbiamo ricevuto come FMA sia generativa di vita e di felicità, eredità che si trasmette di generazione in generazione. I giovani hanno ancora bisogno del carisma salesiano al femminile; le nostre opere possono tramontare, ma non la presenza FMA. La testimonianza rende visibile la nostra vocazione che è indispensabile perché le giovani donne possano discernere la chiamata ad una scelta di vita consacrata. “Possiamo e dobbiamo osare dire ad ogni giovane che s’interroga sulla possibilità di seguire questa strada” (CV 274). Essere fedeli alla nostra vocazione implica la responsabilità di preoccuparsi del futuro dell’Istituto. Il dono della vocazione che abbiamo ricevuto, non vogliamo che altre giovani donne lo ricevano? Forse dovremmo dare priorità alla pastorale giovanile e, in essa, all’animazione vocazionale.
FAVORIRE IL POTERE GENERATIVO DELLO SPIRITO
Testimoni cristiani. Essere una forza profetica di santità
La vostra vita dovrebbe essere uno stimolo profetico che aiuta gli altri (Papa Francesco, Christus Vivit. Esortazione apostolica post-sinodale n.161), dice il Papa ai giovani. È un invito che merita di essere accolto da tutti noi che cerchiamo di portare i giovani a Cristo. Essere donne di Dio, che respirano l’aria dello Spirito, che si lasciano generare ogni giorno dalla Parola, dall’esperienza intima del rapporto con il Cristo Risorto, aperte ad una continua e dinamica trasformazione, perché ogni giorno rinnovano la determinazione determinata (Teresa di Gesù, Cammino di perfezione, c. 23) a seguire Gesù, a crescere nella conformazione ai suoi pensieri e sentimenti. Donne che risvegliano il desiderio di Dio, perché Dio è il loro più grande desiderio. Donne che non hanno paura dei giovani, perché sanno che è lo Spirito a costruire la storia e a generare vita in ogni giovane.
Evangelizzare non significa fare proselitismo. La Chiesa cresce per attrazione, cioè per la testimonianza dei suoi apostoli. Evangelizzare è testimoniare come si vive il Vangelo, affinché lo Spirito possa generare il messaggio del Vangelo nel cuore dei giovani. Possiamo accogliere la missione evangelizzatrice solo se viviamo personalmente l’esperienza di essere evangelizzati, perché siamo stati generati nella vita in Cristo.
Come i bambini ereditano tratti dai genitori, che assimilano durante l’infanzia e la gioventù, così i giovani che Dio ci affida e che trascorrono anni con noi, dovrebbero essere in grado di percepire la presenza di Dio in noi, dovrebbero essere in grado di identificare, attraverso i nostri gesti, parole, azioni e sentimenti, che siamo Figlie dell’Altissimo.
Testimoni qualificati
Se lo scopo del nostro Istituto è quello di collaborare con lo Spirito per far crescere Cristo nel cuore delle giovani donne (Cost.art.7), allora è qui che dobbiamo investire le nostre migliori risorse. Siamo privilegiate dalla formazione che riceviamo. L’Istituto offre, fin dalle sue origini, percorsi e mezzi per assicurare alle suore e ai laici una formazione educativa ed evangelizzatrice a servizio dei giovani. Per un Annuncio di qualità, la testimonianza va di pari passo con la solida preparazione catechistica e pastorale, per poter affrontare con i giovani le sfide della cultura contemporanea, sapendo rendere ragione di ciò che ci muove e di ciò che proponiamo. Papa Francesco riconosce che la Chiesa ha difficoltà a rendere ragione delle sue posizioni dottrinali ed etiche di fronte alla società contemporanea (Papa Francisco. Christus Vivit. Esortazione apostolica post-sinodale n. 40). Oggi i giovani hanno accesso illimitato al mondo dell’informazione e delle tecnologie, è necessario formare e formarci insieme.
Educatori e FMA provenienti da ambienti pastorali diversi esprimono spesso la preoccupazione di “non sapere come fare, come rispondere alle domande dei giovani”. Chi li accompagna ha la responsabilità di dare risposte ponderate e dialogate; ci sono problematiche sociali che non siamo sempre preparati ad affrontare.
Dare qualità alla formazione non significa solo frequentare corsi, acquisire conoscenze e competenze, ma anche approfondire la letteratura dell’Istituto, il carisma salesiano, le pubblicazioni sull’educazione e l’evangelizzazione. Quanto tempo dedichiamo a una lettura che ci dà contenuti sul saper essere e saper stare tra i giovani come Educatori/trici e come agenti di evangelizzazione? Allargare lo sguardo sul mondo della pastorale giovanile è l’agire generativo dello Spirito sulla nostra esperienza.
Testimoni che creano la cultura della pastorale giovanile
Se ci prendiamo cura della pastorale giovanile, staremo al passo con i tempi, come hanno fatto i nostri Fondatori e le nostre prime sorelle di Mornese. Facilitare l’azione dello Spirito Creativo significa fermarsi a pensare insieme l’agire pastorale. Le Linee Orientative della Missione Educativa dell’Istituto FMA stimolano al coinvolgimento delle persone, a elaborare processi educomunicativi, a mettere in sinergia funzioni e ruoli, sia a livello locale che a livello ispettoriale. Il Coordinamento per la Comunione richiede la partecipazione effettiva e affettiva di tutta la Comunità Educante attorno al modello pastorale che presenta l’identità della persona che vogliamo formare (Istituto FMA, Linee Orientative della Missione Educativa, LOME, nn.138,139,140). È necessario rileggere il modello di pastorale per riprogettarlo a partire dai bisogni dei giovani.
La missione carismatica che abbiamo ricevuto da Dio non può essere improvvisata sulla base della buona volontà o della creatività per l’intrattenimento dei giovani. Abbiamo dato la nostra vita al Signore per essere segni del suo amore preveniente tra le giovani donne (Cost. art.1), e questo compito delicato chiede di pensare, progettare, pre-occuppandoci del futuro dei giovani, a come accompagnarli nel cammino di santità, perché siano felici nel tempo e nell’eternità; proprio come farebbe una madre, che si preoccupa della crescita quotidiana del proprio figlio e anche del suo futuro, cercando il modo di procurare il bene più grande, senza misurare sforzi o sacrifici.
La Chiesa, il carisma salesiano, ci spingono a vivere con i giovani un processo di inculturazione (Esortazione Apostolica Catechesi tradendae, 1979), per riformulare il linguaggio della fede in ogni cultura. Il processo di inculturazione ci chiede di riflettere sulla pastorale a partire dalle sfide della attuale contesto culturale (Jean-Marie Donegani, Acculturazione e generazione della fede, in una nuova opportunità per il Vangelo. Verso un ministero della procreazione. Desclee De Brouwner 2011, p. 34.), e questo richiede tempi e spazi.
La Pastorale Giovanile dell’Istituto FMA si realizza con progetti concreti, coinvolgendo tutta la comunità educativa per il bene dei giovani e degli interlocutori pastorali.
Preparare il cammino dello Spirito perché generi la vita di Dio nei giovani richiede incontri di lettura e riflessione insieme, di discernimento e decisione, di condivisione di criteri, obiettivi e strategie educomunicative ed evangelizzatrici. Il compito dell’evangelizzazione richiede i nostri sforzi migliori per lo studio e la ricerca insieme, non solo di progettare le attività con i giovani. L’agire pastorale richiede alla base un progetto, un piano che garantisca la convergenza e la corresponsabilità di tutta la Comunità Educante. Sarebbe auspicabile che il lavorare insieme, come comunità in comunione di intenti e di azioni, fosse continuo, con obiettivi chiari e una buona organizzazione per svolgere un servizio efficiente ((Papa Francisco. Christus Vivit. Esortazione apostolica post-sinodale n.172). Dobbiamo pensare con i giovani, per non correre il rischio di proporre sempre ciò che abbiamo fatto, sapendo che il futuro sarà arricchito del passato e innovativo per il presente.
PaoloVI, in occasione del CentenariodellaFondazionedell’Istituto FMA, nelsuodiscorso di gratitudine perlabellezzadellamanifestazionediDioattraversole FMA,come apporto creativoalla societàeallaChiesa, affermava: “vediamoinvoilacontinuitàininterrottadellasplendidafiorituradiunidealedi caritàedizelo”.
Il Papa poi invitava a “guardare avanti” per continuare a rispondere alle chiamate di Dio nel segno dei tempi nuovi. “Chiedo che ognuna risponda in silenzio nel suo cuore: farò tutto il possibile, perché la vitalità primitiva del robusto ceppo piantato dai vostri Santi Fondatori continui a fiorire in tutta la sua pienezza. E come faremo? Egli dice che c’è un’unica risposta infallibile: la santità.
La fonte della generatività è Dio stesso; lasciamoci rinnovare dalla sua presenza, perché continui a rendere feconda la nostra vita e la vita dell’Istituto FMA.
Gabriella Imperatore, FMA
gimperatore@cgfma.org