La testimonianza evangelica a cui il mondo si mostra più sensibile è quella dell’amore verso i poveri e verso chi soffre. La gratuità di atteggiamenti e gesti evangelici che contrastano con l’egoismo presente nell’uomo «fa nascere precise domande che orientano a Dio e al Vangelo. Anche l’impegno per la pace, la giustizia, i diritti dell’uomo, la promozione umana, è una testimonianza del Vangelo, se è segno di attenzione per le persone ed è ordinato allo sviluppo integrale dell’uomo». Una testimonianza fino al martirio. Non per nulla la parola «testimonianza» traduce il greco martyria, da cui viene, in italiano, «martire». E il sangue dei martiri continua ad essere nella storia della Chiesa il suggello della fecondità apostolica. «II Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8).
L’evangelizzazione tesa unicamente alla conservazione della fede, non basta più! È necessaria una missionarietà che annunci nuovamente il Vangelo, ne sostenga la trasmissione, vada incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo testimoniando che anche oggi è possibile, bello, buono e giusto vivere l’esistenza umana in conformità al Vangelo e, nel cui nome, contribuire a rendere nuova l’intera società. Cristiani non si nasce, ma si diventa, diceva Tertulliano. È importate formare educatori alla fede, una fede adulta capace di confrontarsi con la cultura e di evangelizzarla. Nella totale fedeltà all’annuncio evangelico e alla tradizione ecclesiale, esso porterà anche il volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui è accolto e radicato. Nelle espressioni cristiane di un popolo evangelizzato, lo Spirito Santo abbellisce la Chiesa, mostrandole nuovi aspetti della Rivelazione e regalandole un nuovo volto. “La Chiesa «introduce i popoli con le loro culture nella sua stessa comunità»,perché «i valori e le forme positivi» che ogni cultura propone «arricchiscono la maniera in cui il Vangelo è annunciato, compreso e vissuto». In tal modo «la Chiesa, assumendo i valori delle differenti culture, diventa “sponsa ornata monilibus suis”, “la sposa che si adorna con i suoi gioielli” (Is 61,10)» (EG 116).
La diversità culturale non minaccia l’unità della Chiesa. È lo Spirito Santo, inviato dal Padre e dal Figlio, che trasforma i nostri cuori e ci rende capaci di entrare nella comunione perfetta della Santissima Trinità, dove ogni cosa trova la sua unità. Egli costruisce la comunione e l’armonia del Popolo di Dio. L’evangelizzazione riconosce gioiosamente queste molteplici ricchezze che lo Spirito genera nella Chiesa e chiede un nuovo protagonismo dei battezzati. Questa convinzione si trasforma in un appello diretto ad ogni cristiano, perché nessuno rinunci al proprio impegno di evangelizzazione, dal momento che, se uno ha realmente fatto esperienza dell’amore di Dio che lo salva, non ha bisogno di molto tempo di preparazione per andare ad annunciarlo, non può attendere che gli vengano impartite molte lezioni o lunghe istruzioni. “Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù. Non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”. Se non siamo convinti, guardiamo ai primi discepoli, che immediatamente dopo aver conosciuto lo sguardo di Gesù, andavano a proclamarlo pieni di gioia: «Abbiamo incontrato il Messia»(Gv 1,41). La samaritana, non appena terminato il suo dialogo con Gesù, divenne missionaria, e molti samaritani credettero in Gesù «per la parola della donna»(Gv 4,39). Anche san Paolo, a partire dal suo incontro con Gesù Cristo, «subito annunciava che Gesù è il figlio di Dio»”(At 9,20).
Gabriella Imperatore, FMA
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