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Con un cuore evangelico salesiano

Come situarci di fronte alle sfide della Contemporaneità? Innanzitutto bisogna avere consapevolezza del momento che stiamo vivendo con i suoi rischi, le sue opportunità, la sua complessità. E poi “Esserci”! “Avere consapevolezza del momento in cui siamo chiamate ad “esserci” è la condizione per la nostra missione” (Circolare n° 985, In preparazione al Capitolo Generale XXIV). Dunque, “esserci”… in che modo?

Abbiamo bisogno di abitare il nostro tempo con lo sguardo da Educatrici/torieducatore che sanno guardare alle sfide come opportunità, che sanno interpretare con realismo il proprio tempo, che sanno dare risposte ai problemi che agitano e preoccupano l’umanità, che hanno una visione integrale della persona. Questo significa vivere il tempo come un kairos che esige attenzione e rinunce, chiede di lasciar la mentalità del “si è fatto sempre così”, l’inerzia, lo sguardo pessimistico. Non è tempo di fare i profeti di sventura. Vivere il tempo come Kairos ci interpella a coltivare uno sguardo ottimista, ad essere come “antenne” pronte a cogliere i germi di novità suscitati dallo Spirito Santo per aiutare la comunità ecclesiale ad assumere questo sguardo di bene e trovare strade nuove e coraggiose per raggiungere tutti, soprattutto i giovani più poveri.

Papa Francesco parla della mistica dell’incontro: «Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio» (Esortazione Apostolica, Evangelii Gaudium, n° 87). La Spiritualità Salesiana parla, in questo senso, di valorizzazione della relazione educativa, dei rapporti interpersonali improntati a trasparenza e benevolenza, di spirito di famiglia, della centralità della persona creata ad immagine e somiglianza di Dio, della simpatia verso il mondo.

 

Con lo sguardo di Maria

Per questo occorre guardare e imparare da Maria. Nelle nozze di Cana si afferma che lei “c’era”. «Questo verbo suggerisce una realtà stabile, sulla quale la storia può poggiare, secondo la simbologia della verità-roccia» (Simoens Yves, Evangelo secondo Giovanni. Magnano (BI), Edizioni Qiqajon 2019). Era pienamente presente, prendendo parte allo sposalizio che sopraggiunge nella storia. Lei è la prima ad accorgersi di una carenza: “Non hanno più vino”. E non soltanto per quello “sguardo d’insieme” che caratterizza l’intuizione femminile, ma perché sa che all’umanità manca il vino della vera vita portata da Gesù. Maria conosce la gente in mezzo alla quale vive, percepisce il disagio dei giovani sposi e senza drammi inutili o affanni imprudenti provvede a colmare la carenza portando le persone all’essenziale: “Fate tutto quello che Egli vi dirà”, cioè li porta a Gesù, l’unico capace di colmare la nostra sete di felicità e di pienezza di vita.

Con il cuore oratoriano

Con lo stesso cuore evangelico di Maria hanno risposto Don Bosco e Madre Mazzarello nel loro tempo. Don Bosco non si è mai tirato indietro dalla storia, non ha avuto paura di affrontare le sfide del suo tempo, non si è mai scoraggiato di fronte alle avversità; anzi si è sporcato le mani cercando sempre di rispondere alle domande e alle inquietudini dei giovani: per questo ha creato oratori, scuole serali, scuole professionali, chiese, tipografie; ha progettato le missioni, era all’avanguardia nel mondo della comunicazione usando tecniche avanzate come scrivere aforismi e frasi sui muri, promuovendo il teatro, la musica, scrivendo libri di vari tipi, ecc… Per questo, di lui ebbe ad affermare Papa Pio XI: «Quando si tratta di qualche cosa che riguarda la grande causa del bene, Don Bosco vuol essere all’avanguardia del progresso» (Pio XI, Discorso ai partecipanti alla Beatificazione di Don Bosco, 3 giugno 1929 e alla Famiglia Salesiana di Roma, 11 maggio 1930, in Discorsi di Pio XI, II 92 e 326). Don Bosco stesso scrisse a Carlo Vespignani: «Nelle cose che tornano a vantaggio della pericolante gioventù o servono a guadagnare anime a Dio, io corro avanti fino alla temerità» (Lettera di Don Bosco al Signor Carlo Vespignani, 11 aprile 1877, in [Giovanni Bosco], Epistolario. Introduzione, testi critici e note a cura di Francesco Motto, vol. V (1876-1877). Roma LAS 2012, 344). Mosso dalla carità di Cristo buon Pastore e con l’atteggiamento attento e provvidente di Maria egli è stato un uomo profondamente “contemporaneo” al suo tempo, con i piedi ben radicati per terra e con gli occhi fissi nel cielo, dov’è Dio è la felicità che non finisce.

Con la sollecitudine materna di Madre Mazzarello

Madre Mazzarello, lontana dai riflettori e dai grandi centri della storia, era pienamente “contemporanea” alla sua gente e seppe inserirsi nel contesto complicato dell’epoca con lucidità, saggezza e grandi progetti. Era profondamente coinvolta nella vita parrocchiale con una chiara scelta vocazionale da Figlia di Maria Immacolata. Dopo la malattia del tifo fece una chiara scelta educativa preventiva per rispondere ai bisogni delle giovani del suo tempo. Accolse la chiamata di Dio “A te le affido” vivendo il suo “esserci” nella Chiesa e nella società del suo tempo con senso di responsabilità e partecipazione umile e attiva al rinnovamento di essa. Conoscendo il progetto di Don Bosco si sente chiamata a collaborare con lui alla Fondazione dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, diventando Madre e Formatrice della prima comunità. Visse tale missione come una chiamata ad “essere” pienamente presente nella storia del suo tempo con la forza umanizzante del Vangelo e con la profezia della missionarietà. L’apporto di Maria Domenica ha avuto una risonanza ecclesiale che va più in là della piccola Parrocchia di Mornese assumendo un si­gnificato universale. Ecco perché le viene riconosciuto un “ministero educativo” di inconfondibile portata storica (cf Giovanni Paolo II, Siate modello della vostra consacrazione per le giovani alla quali vi rivolgete, in Id., Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV/2, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 1982, 919) e il titolo di Madre e Confondatrice dell’Istituto delle FMA.

Siamo interpellate oggi a riscoprire il segreto dell’esserci di Gesù, di Maria, di Don Bosco, di Madre Mazzarello: coltivare un cuore contemplativo. La contemplazione non ci trascina lontano dai nostri fratelli e sorelle e dai drammi della storia, piuttosto rende possibile una vera e reale immersione nella realtà e porta ad impegnarsi più intensamente nei problemi scottanti del tempo in cui viviamo con un cuore evangelico. La vita spirituale ci rende vigili e consapevoli del mondo che ci circonda, che tutto ciò che esiste e che accade entra a far parte della nostra contemplazione e della nostra meditazione, invitandoci a rispondere liberamente e senza timore; ci invita cioè ad una risposta creativa e a vivere in modo reazionario (Cf Nouwen Henri J. M., I tre movimenti della vita spirituale. Viaggio spirituale per l’uomo contemporaneo, Brescia, Editrice Queriniana 2004, 43-44), trasparente e positivo.

 

Eliana Petri, FMA
petrifma@gmail.com

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