Credo che profezia sia anche un po’ sinonimo di parresia. È profeta chi riesce a parlare con franchezza, senza strategie. Chi cerca la verità senza compromessi e agisce di conseguenza senza cercare consensi, ma provando a coinvolgere tutti verso il bene. Osare la profezia, mettere in atto gesti dal sapore profetico, è dunque di chi sa scorgere nelle pieghe della vita quotidiana quel di più che può cambiare una realtà, quel di più che può rendere quel pezzo di mondo in cui si vive, più umano e per questo più divino.
Osare gesti profetici, mette in gioco il coraggio di rendere straordinario l’ordinario della nostra vita.
Ma perché osare la profezia? Perché non rimanere nel già compiuto? Perché impiegare energie per cercare di capire cosa il Signore ci chiede di nuovo ogni giorno e non rimanere invece tranquilli, attaccati a quell’unica parola che abbiamo ascoltato magari da giovani e che per il momento ci basta? «In fondo non tutto il bene lo dobbiamo fare noi!».
Ma una vita religiosa senza profezia è lettera morta, anzi, possiamo dire, che una vita cristiana senza profezia, è sterile. L’amore di Dio dovrebbe spingerci sempre oltre, il frequentare la sua Parola dovrebbe lasciarci sempre inquieti. La ricerca della verità, dovrebbe portarci ad avere il coraggio di guardare oltre il già conosciuto, di scrutare l’orizzonte lontano, di intravedere strade e mete nuove. Tutto questo perché l’amore spinge sempre oltre, tutto questo perché il Signore ha bisogno di noi per poter indicare strade e percorsi che conducono a Lui, perché ciascuno si ritrovi in Lui.
Come spesso scrive il priore di Bose, Enzo Bianchi, “chi professa e sceglie di vivere i consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza diventa memoria, per tutti i cristiani di ciò che il Signore chiama Beatitudini”. Questo segna la differenza cristiana in mezzo agli uomini, nel rapportarsi con le cose e con gli altri senza possederli, ma con gratuità, ricevendoli come dono e occasione di comunione.
I laici e i giovani che vivono e condividono la nostra missione sono preziosi nel ricordarci che la nostra vocazione non è solo per noi stesse, ma per gli altri, per immettere segni di memoria e profezia nella storia.
Gabriella Imperatore, FMA
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