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Con le periferie del cuore

L’invito a cambiare mentalità, a compiere una conversione pastorale è stata una scelta del CG XXIII. Ritrovare il carisma delle origini dei Fondatori, i quali non temevano di uscire per le strade ad annunciare il Signore; rivestirsi di nuovo slancio missionario, di coraggio che non indietreggia di fronte alle difficoltà, di tenacia nel compiere la missione che Dio affida a ogni comunità educante.

«Fuori della porta e lungo il fiume», si legge nella Lettera ai consacrati e consacrateAnnunciate”. Essere presenti nelle «situazioni di miseria e di oppressione, di dubbio e di sconforto, di paura e di solitudine, manifestando che la tenerezza di Dio non ha limiti». Tutto ciò richiede energie, preghiera, sacrificio e fermezza, perché la “periferia” non resti solo una parola astratta, ma sia una realtà quotidiana in cui verificare in ogni momento la propria vocazione. Allargare lo sguardo, missionarie di gioia e di speranza, andare oltre, senza paura, pronti a collaborare con ogni uomo di buona volontà, perché la Parola giunga fino ai confini della terra, perché a tutti siano garantiti dignità umana e diritti, tutti siano liberi dall’umiliazione e dalle situazioni di scarto e di emarginazione, dal pregiudizio, dall’ indifferenza e ingiustizia che condannano senza appello.

Si tratta, in pratica, di trovare nuove modalità per camminare con i poveri, i più bisognosi, accompagnandoli nella loro quotidianità. «Stare in periferia aiuta a vedere e capire meglio» (Papa Francesco). Guardando il mondo dalle periferie si trova il coraggio di affrontare nuove sfide, sperimentando soluzioni e logiche diverse.

L’occhio è chiamato a vedere le periferie e il cuore a immergersi in esse: «Accettare il rischio di nuovi destinatari (del Vangelo), non scelti a proprio comodo, ma esplorando, con audacia e compassione, con genialità sempre rinnovata le nuove periferie» (EG n. 76).

Il cammino coi poveri garantisce un umanesimo integrale e solidale, è vincolato a un agire non violento, al contesto della famiglia oggi e ai rinnovati compiti educativi. Le nuove frontiere sono geografiche, culturali, sociali, esistenziali, richiedono capacità di accoglienza e cordiale apertura al dialogo ecumenico e interreligioso, sapendo che non ci verrà risparmiata la tribolazione e che la lotta col male si rinnova ogni giorno. La speranza è più forte. Essa è generativa e aderisce con letizia a ciò che lo Spirito sta compiendo oggi, anche nel nostro Istituto.

 

Nelle frontiere educative

La riflessione sull’antropologia contemporanea è una sfida profetica per tutta la Chiesa. Richiede intelligenza, passione, intuizione e una rinnovata responsabilità educativa capace di offrire spazi in cui sperimentare il valore dell’amicizia, formare all’affettività e sviluppare una relazione fondante con il mistero di Dio. Esige di trovare nuove strade di convergenza educativa dentro la pluralità delle situazioni, per individuare nuove basi di accoglienza della fede, di promozione umana e culturale e, dove le condizioni lo consentono, di annuncio esplicito di Gesù, di rispetto e di dialogo ecumenico e interreligioso.

Il CG XXIII ci ricorda la nostra missione di uscire verso le periferie giovanili. Sono i poveri di Don Bosco e di Madre Mazzarello che, ieri come oggi, si presentano come migranti, persone in cerca di asilo, di pane, di lavoro, di dignità e senso per la vita. “Le nuove frontiere della missione richiedono un cambio di mentalità per servire il Vangelo in tutta la sua freschezza e forza di attrazione. Siamo chiamate ad aprire nuove strade per andare ai giovani e con loro verso i più poveri. Per diversi motivi ci troviamo nell’impossibilità di continuare alcune opere tradizionali, che sono state molto feconde in altri tempi. Accogliamo questa sfida come una opportunità provvidenziale per inventare nuove vie valorizzando la forza creativa del nostro carisma. Si richiede molta preghiera per saper interpretare le nuove sfide, discernere e condividere non solo come comunità, ma con altri gruppi della Famiglia salesiana, della Chiesa e con altre Congregazioni religiose. Occorre risvegliare, a livello personale e comunitario, una nuova passione per la costruzione del Regno di Dio. Senza passione è impossibile aprire vie nuove che esigono audacia e capacità di rischiare. Il nostro impegno è rimanere fedeli alla chiamata ricevuta e crescere nell’amore, nel dono, nella creatività per essere oggi “profezia, prossimità, speranza” (cf Circ. 965).

Come le nostre comunità educanti sono missionarie della Parola, pronte ad uscire dalla nostra casa e aprire strade di speranza e di amore?

 

Gabriella Imperatore, FMA 
gimperatore@cgfma.org

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