In ascolto delle radici

Articolo_filo_Ariana_01dma2021
Chi ha letto l’Enciclica Fratelli tutti, forse è rimasto pensoso di fronte all’insistenza di Papa Francesco sull’importanza delle radici, raccomandando ai giovani di non ignorare la storia perché chi lo vorrebbe «ha bisogno che voi siate vuoti, sradicati, diffidenti di tutto» e quindi possiate fidarvi di lui e sottomettervi ai suoi piani» (FT, 13). E sottolinea che «isolare le persone anziane […] finisce per privare i giovani del necessario contatto con le loro radici e con la saggezza che la gioventù da sola non può raggiungere» (FT, 19). Insiste poi dicendo «che non c’è peggior alienazione che sperimentare di non avere radici, di non appartenere a nessuno. Una terra sarà feconda, un popolo darà frutti e sarà in grado di generare futuro solo nella misura in cui dà vita a relazioni di appartenenza tra i suoi membri, nella misura in cui crea legami di integrazione tra le generazioni e le diverse comunità che lo compongono» (FT, 53).

Le radici fanno pensare alla vegetazione, agli alberi. Gli alberi, abbracciati con le radici alla terra, si ergono ritti, protendendo le braccia verso il cielo e verso l’orizzonte. Si coprono di foglie, di fiori, di frutti. S’illuminano nel sole e tremano nel vento. Donano accoglienza, ombra ristoratrice, bellezza, nutrimento e molto altro. Sono considerati amici dell’umanità che, per secoli, è vissuta in simbiosi con loro.

L’albero, per la posizione eretta, la forma e la vita che lo caratterizza, è considerato simbolo dell’uomo. Una vasta letteratura inerente alle religioni e alle culture tradizionali attesta come l’aspetto simbolico dell’albero si sia sviluppato e come abbia contribuito e, ancor oggi, contribuisca alla vita delle popolazioni. Anche nella Bibbia si parla dell’albero della conoscenza del bene e del male.

Nel secolo scorso alcuni studiosi hanno intuito come, attraverso dinamiche inconsce, la persona si identifichi con l’albero, si proietti in quella forma verticale che ricorda la sua posizione eretta, la vita, lo slancio vitale, la forza e la sicurezza. Ricerche scientifiche accurate hanno poi confermato la validità dell’intuizione. Lo psicologo svizzero Karl Koch, seguito più tardi da altri, ha elaborato un’interessante e ricca simbologia sia riguardo a come uno si pone nello spazio del foglio quando disegnando l’albero proietta se stesso, sia a come esprime le parti, cioè le radici, il tronco, i rami e la chioma. Il disegno dell’albero, per la semplicità dell’esecuzione e la pregnanza delle informazioni che offre riguardo alla personalità di chi lo disegna, è diventato un test proiettivo molto utilizzato nell’ambito clinico.

Un cenno alla simbologia

Molti elementi della similitudine della vita dell’albero con la vita umana si colgono solo con l’osservazione e l’intuizione. Un cenno ad alcuni fra i molti aspetti della simbologia delle parti dell’albero, cioè delle radici, del tronco, dei rami e della chioma, può convalidare l’intuizione e l’osservazione.

Le radici sono il sostegno dell’albero, gli danno stabilità. Abbracciano la terra e dalla terra assorbono la linfa che nutre e dà vita. Sono simbolo del rapporto con la Madre-Terra, con il proprio passato, con il proprio mondo interiore. Sono l’elemento terreno, invisibile, il sedimento delle generazioni passate comune a tutti, l’archetipo più arcaico, la parte più primitiva, l’origine dell’Io, l’inconscio, gli istinti, le emozioni.

Il tronco. Mentre la base esprime il collegamento tra il passato (le radici) e il presente e il rapporto con il proprio ambiente di origine, il fusto simboleggia l’Io, cioè la parte consapevole e ragionevole che media e fa da ponte tra l’istinto e la ragione, fra la materia e lo spirito. Si alimenta dell’energia istintiva primordiale delle radici, si consolida, si erge verso l’alto e si completa con i rami e la chioma.

I rami e la chioma. Sostenuti dal tronco, i rami che si protendono verso l’alto simboleggiano gli ideali, le fantasie, le aspirazioni, la spiritualità, il sogno, il cielo, mentre quelli che si protendono verso destra e sinistra esprimono la capacità e la modalità di espandersi nell’ambiente, di relazionarsi, di socializzare. La chioma è la parte mutevole. Attingendo alla linfa vitale che attraverso il tronco scorre nei rami, ciclicamente, diventa rigogliosa, si copre di foglie, si orna di fiori che poi trasforma in frutti. Fra il molto altro, simboleggia apparenza, sviluppo, fecondità, leggerezza, senso estetico, scopo, generatività.

In ascolto delle radici

Come il mantenere le radici abbracciate alla Madre Terra è indispensabile per la vita, per la stabilità e la rigogliosità dell’albero e invece l’essere sradicato significa perdere la vitalità, l’identità e diventare altro, così è anche per le persone e le popolazioni. Mantenere le radici abbracciate alla Madre Terra per le persone significa accettare e restare fedeli alle proprie origini, al proprio passato, al proprio mondo interiore, alla propria cultura e anche al patrimonio sedimentato dalle generazioni passate e comune a tutti (l’inconscio collettivo, l’archetipo più arcaico).

Un grave rischio per una vita piena e feconda è lo sradicamento. Attualmente è molto evidente nei migranti. Staccati anche fisicamente dalle loro origini possono diventare facile preda delle mafie, della criminalità, dello sfruttamento e perdere, con l’identità, l’originale ricchezza di umanità di cui ogni persona è portatrice.

Un altro rischio di sradicamento meno evidente ma più esteso e pericoloso dell’emigrazione è insito ad una strisciante cultura che si sta imponendo e che Papa Francesco chiama cultura dello scarto, dell’omologazione, dell’indifferenza. Avviene, tra l’altro, attraverso l’allontanamento delle persone anziane che finisce col “privare i giovani del necessario contatto con le loro radici”; attraverso un’economia, un’industrializzazione che oltre a sfruttare brutalmente la Natura, sta estinguendo molte professioni artigianali e cancellando culture che, pur nella loro finitezza, sono portatrici di sfaccettature diverse dei grandi valori umani, diversità che è espressione di una umanità non omologabile. Nelle scelte del vivere quotidiano, anche per adulti preparati e lungimiranti, non è facile, non solo discernere quali sono le radici sane e necessarie, ma anche starvi aggrappati quando tutto all’intorno preme in altre direzioni.

Un pericolo più individuale è quello di lasciarsi avvelenare le radici, posandole su terreni di odio, rancore e violenza, come pure quello di non riuscire ad accettare ed integrare qualche aspetto del proprio mondo interiore, qualche vissuto sofferto e inconsapevolmente sentito come sconveniente e troppo pesante.

Mantenere le proprie radici fermamente abbracciate alla terra delle proprie origini fisiche, culturali, spirituali e anche carismatiche, significa dare all’albero della propria vita la possibilità di nutrirsi di quella energia primordiale, di quella linfa vitale che dà al tronco, alla personalità forza, solidità e stabilità per ergersi ritto e per sostenere i rami. Irrorati dalla linfa del tronco, i rami, le braccia si protendono verso l’Alto in preghiera e contemplazione e verso l’orizzonte, gli altri, per esprimere “relazioni di prossimità” e di cura. I rami inoltre generano foglie di rigogliosità, fiori di bellezza, profumo, gratuità e frutti, nutrimento vitale.

Nell’adesione alla terra madre, le radici hanno pure la possibilità di nutrirsi di quell’humus, di quell’umiltà che dà la forza di resistere ai venti e alle tempeste, di accettare il limite, di vivere i cambiamenti rigenerandosi e di “avere fiducia nei fiori” che verranno (Maria Zambrano, Filosofa spagnola).

Nel novembre scorso, a distanza di pochi giorni sono morti due grandi attori e artisti: Sean Connery scozzese e Gigi Proietti italiano romano. Il direttore dell’Osservatore Romano, ricordandoli con Pier Paolo Pasolini, così conclude il commento in loro memoria: «Questa è stata la forza scomoda e scandalosa, di Pasolini, poeta visionario ad un tempo profetico e popolare, così come sono stati popolari i due grandi attori scomparsi nelle ultime ore; con il loro fare sornione e il sorriso accattivante, entrambi piacevano al grande pubblico perché avevano una consistenza, uno spessore, in una parola una storia, delle radici forti dalle quali provenivano e grazie alle quali potevano parlare a tutti i popoli, perché questa è l’arte, il punto di congiunzione tra il particolare e l’universale» (MONDA Andrea, Sean, Gigi, Pier Paolo e il poliedro in L’Osservatore Romano, 2 novembre 2020).

Educare è un’arte. E l’albero grande della Famiglia Salesiana allargando le braccia sul mondo, attraverso l’arte dell’educazione, contribuisce alla realizzazione del sogno di Dio, di Papa Francesco e dell’Istituto FMA di rendere tutti fratelli”.

 

Maria Rossi, FMA 
rossi_maria@libero.it

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