Generare gentilezza

A Mornese il clima di familiarità e cordialità tra le sorelle della Comunità delle origini è segno di una modalità comunicativa semplice e attrattiva che coinvolge le giovani con naturalezza in un ambiente che genera gentilezza.

Ciò che affascina oggi guardando alla Comunità delle origini di Mornese (Italia) è l’armonia delle relazioni e la serenità che vivevano, tra loro e con le educande, le prime Figlie di Maria Ausiliatrice. Il segreto della Casa dell’amor di Dio è l’educazione improntata all’amorevolezza e all’attenzione alla persona nella sua integralità. A dare impulso a questo dinamismo è Madre Mazzarello, Confondatrice con Don Bosco dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Maria Domenica Mazzarello possiede e mette in atto l’arte tipicamente femminile di cogliere, con l’intuizione del cuore, l’essenziale della vita, delle relazioni, dei bisogni delle ragazze, specialmente più povere. Nella sua saggezza esorta le Educatrici a non aver il cuore piccolo, ma un «cuore generoso e grande». Nella comunità Madre Mazzarello è ispiratrice di reciprocità, suscita apertura, confidenza, familiarità, rispetto dell’originalità della persona, dei tempi di maturazione e di accettazione dei valori proposti. Ella sa creare un clima di relazioni educative positive che permette alle suore e alle ragazze di crescere nella dimensione comunicativa del rapporto con Dio e con gli altri.

Cordialità, amabilità, prossimità esprimono quella che Papa Francesco, nell’Enciclica Fratelli Tutti, chiama “gentilezza”.   

Il miracolo della gentilezza

La gentilezza è la risposta alla domanda, a volte, inespressa di tanti giovani come Paloma – la dodicenne protagonista del romanzo “L’eleganza del riccio” di Muriel Barbery –, immersi in un deserto relazionale, che interpella sul senso della vita. Nel romanzo, l’arrivo del nuovo inquilino giapponese Monsieur Ozu riporta i condòmini, a riscoprire la propria autenticità, fatta di preziosi doni celati in una vita routinaria, e a sentirsi riconosciuti, tanto che Paloma esclama: “Ecco cosa volevo dire con la parola gentilezza, questo modo di fare che dà all’altro la sensazione di esserci”. La gentilezza è parte integrante della persona che, con tratto umano amabile, esprime la profondità della sua esistenza. Si è gentili nella misura in cui si è umani. Praticare la gentilezza come stile di vita significa accettare l’altro senza pregiudizi, nella concretezza della sua specificità e nell’essere sempre per l’altro, al di là di tutto.

Monsieur Ozu è il miracolo della gentilezza di cui parla il Santo Padre: «Eppure ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza» (FT 224).

Papa Francesco, nel suo Pontificato improntato sin dall’inizio a gesti e parole che richiamano questa virtù e invitano a trattare bene gli altri, a dire permesso, scusa, grazie, sollecita a generare ogni giorno gentilezza per creare quella convivenza sana che vince le incomprensioni e previene i conflitti.

 

È, ancora, possibile scegliere di esercitare la gentilezza. 
Ci sono persone che lo fanno e diventano stelle in mezzo all’oscurità. (FT 222)

 

Respirare gentilezza

“Respirare gentilezza” non è scontato. È importante la pedagogia d’ambiente, come a Mornese, in cui le suore, nei loro specifici ruoli, tessono rapporti di semplicità, familiarità e serenità tra loro e con le ragazze, creando le condizioni per l’apertura a un cammino di crescita. In un ambiente sereno, rallegrato a volte dal canto e da attività ricreative, ogni ragazza sperimenta la gioia di imparare, prendendo coscienza delle proprie capacità e attitudini. Rendere attraente il bene, proporlo più con la forza della testimonianza che con le parole e guidarne con discrezione e fermezza l’assunzione personale sono i cardini dell’esperienza educativa di Maria Domenica Mazzarello.

Una comunità è generativa quando, nella complessità dei rapporti che la abitano, riesce ad armonizzare il dono che è ciascuno, creando un ambiente sereno, fatto di relazioni profonde e positive.

Quando, però, la capacità di mantenere relazioni cordiali non viene da una naturale predisposizione, è necessaria una chiara intenzionalità che la conversazione è sempre un bene. San Francesco di Sales, comunicatore e Santo della dolcezza, dà concretezza a questo principio, consigliando di ben disporsi all’incontro: “Per esempio, se prevedo di dover trattare un affare con una persona passionale e pronta alla collera, non soltanto devo fare il proposito di non reagire alle sue sfuriate, ma devo preparare delle frasi gentili per prevenirla, o prevedere la presenza di una persona capace di moderarla” (Filotea, Cap. X). Papa Francesco, nella Fratelli tutti, parlando della gentilezza dice “Dal momento che presuppone stima e rispetto, quando si fa cultura in una società, trasforma profondamente lo stile di vita, i rapporti sociali, il modo di dibattere e di confrontare le idee. Facilita la ricerca di consensi e apre strade là dove l’esasperazione distrugge tutti i ponti” (FT 224).

 

Respirare gentilezza porta alla fiducia e alla confidenza, 
indispensabili per assimilare e condividere i valori ricevuti.

 

Educare alla gentilezza

Nel contesto contemporaneo i social network hanno riplasmato i tempi dello stare insieme e le norme del galateo: si è sempre online, disponibili a ogni ora e in qualunque luogo, si ha accesso istantaneo a una quantità infinita di contenuti; le connessioni sempre più veloci rendono il discorso ininterrotto, a volte, privo di silenzi. Violenza, aggressività e non verità possono inquinare l’ambiente comunicativo e ostacolare lo scambio dialogico. Per questo è fondamentale, potenziare la relazione umana e proporre processi di educazione alla gentilezza e di formazione alla responsabilità nell’abitare gli ambienti digitali e i Social Network.

Nella consapevolezza che non esistono parole sbagliate, ma piuttosto un modo scorretto di utilizzare le parole, e che la comunicazione gentile, privilegiando il dialogo, le parole cortesi, la condivisione di contenuti di qualità verificati, il rispetto degli interlocutori, è una scelta, va perseguita attraverso un’educazione alla coscienza critica per una gestione etica e responsabile degli ambienti digitali. Bisogna aver cura degli aspetti formali della conversazione sul web: saper distinguere tra comunicazione a due e di gruppo, dare risposte cordiali e non “urlate” a lettere maiuscole, rispettare i codici semantici e di humour delle differenti culture, non utilizzare parole e immagini che possono ferire, privilegiare riflessività e tolleranza.

A Mornese, quando non c’era il web, Madre Mazzarello sapeva gestire i conflitti con dolcezza e risolutezza, rafforzando la comunione tra le sorelle e con le ragazze. É il caso di Emma Ferrero, giunta a Mornese l’8 dicembre 1877. Il padre chiede consiglio a don Bosco e accoglie la proposta di mandare Emma a Mornese per studiare. Maria Mazzarello attende con pazienza e cordialità che la ragazza si inserisca nel nuovo ambiente e trovi finalmente il suo posto. All’inizio non le impone nulla e non si sgomenta per le reazioni impulsive e, a volte, provocatorie della ragazza. La ricolma di rispetto, di ostinata pazienza, conciliando in sé accoglienza materna, delicatezza e decisa fermezza. Emma si sente accolta per quello che è, benvoluta, e così la sua vita cambia. Madre Mazzarello, educatrice e generatrice di vita, è realista e ottimista. Ogni persona ha in sé il bene ed è artefice della propria crescita in umanità. Maria Mazzarello ha una forte capacità di capire le persone, di pazientare, di attendere. Il suo amore pedagogico si riveste di delicatezza e di ragionevole esigenza nella correzione e nell’accompagnamento. Per ottenere un bene più grande sa dire dei no gentili in vista dell’unica missione: la promozione integrale delle giovani.

Per questo, oggi, recuperare la gentilezza della comunicazione significa riassaporare il gusto dell’appartenenza a una comunità umana e alla community della rete, per vivere relazioni generative in modo che diventino uno stile educomunicativo condiviso, uno scambio basato sul riconoscimento reciproco e sulla condivisione di esperienze autentiche.

 

a cura di Redazione DMA 
editor@rivistadma.org

 

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