I giovani vogliamo avere l’opportunità di essere i protagonisti del loro futuro e di poterlo cambiare. Ma sono ancora al punto di partenza, demotivati, a volte tristi, con la “scuola a domicilio” che mostra anche i suoi limiti.
«In un’intervista uno studente mi ha detto che la scuola è diventato il reality degli insegnanti. Ci credono solo loro. Servono altri metodi di insegnamento-apprendimento e serve prima di tutto ascolto». Nell’ultimo anno l’Associazione Codici, Centro per i Diritti del cittadino, ha intervistato decine di giovani per capire la situazione che stavano vivendo e la risposta è stata chiara: rigenerare la società a partire dal protagonismo dei giovani, dall’impegno di cittadinanza attiva e di volontariato. Lo sguardo sui giovani non è stato poi tanto generoso e le decisioni sulla scuola e sulla vita sono prese senza alcun coinvolgimento e condivisione. La “scuola a domicilio” ha fatto emergere anche i suoi limiti: minor presenza di feedback, socializzazione difficoltosa, appiattimento e perdita di consistenza. Per reagire c’è bisogno, prima di tutto, di dare ascolto e parola ai giovani riconoscendoli attori e artefici del loro futuro.
Come società bisogna raccontare il difficile tempo presente dei giovani. Per farlo il Progetto di Cloud, Festival delle giovani generazioni, ha chiesto ad adolescenti dai 13 ai 17 di esprimersi attraverso un video. Più di 60 Istituti hanno risposto all’appello e i video sono uno sguardo prezioso su come hanno affrontato, subito, vissuto, sfruttato il tempo dell’isolamento. «Perché c’è anche una scuola che si ribella a tutto questo – racconta Francesco Scagliusi Frasca, Docente dell’Istituto Professionale di Bari – e per combattere la tristezza fa i salti mortali. I ragazzi non hanno bisogno di essere commiserati, ma di parlare, di essere ascoltati».
Questi video sono significativi e belli: ragazzi e ragazze raccontano di sé, delle loro famiglie, dei ritmi della giornata, dei negozi chiusi, delle piazze deserte. Si sono appassionati e hanno dato il massimo non solo per sviluppare le competenze audiovisive, ma anche per confrontarsi allargando i loro orizzonti. «Il Festival – racconta Giorgia Olezzi, una delle educatrici che organizzano l’evento – nasce dal desiderio di renderli protagonisti per far venire alla luce ciò che pensano piuttosto che quello che gli adulti dicono di loro». Dai loro racconti emerge frustrazione e rabbia, per non poter vivere la loro adolescenza, diritto negato in questo momento. Tuttavia nel periodo del lockdown comprendono l’importanza delle relazioni, dell’amicizia, dello stare insieme in famiglia, della possibilità di vivere l’attimo presente. Spesso non hanno opportunità di esprimersi, ma sono riflessivi e con un grande bisogno di essere ascoltati e di agire.
Tanti ragazzi, infatti, in questo tempo hanno trovato forme di impegno, di volontariato, di cittadinanza attiva. Sono stati a casa, hanno imparato la responsabilità nel proteggersi per non mettere a rischio la vita dei propri genitori o nonni. Ma quelli che hanno potuto dare aiuto ed essere vicini agli altri, sono decisi a cambiare, impegnarsi e generare vita nuova. La speranza è che vengano ascoltati anche da chi prende decisioni a livello politico e sociale: «Vorremmo – spiega Liviana Marelli, coordinatrice del Progetto per l’Area Infanzia, Adolescenza e Giovani – che la voce dei giovani diventasse contenuto anche per scelte politiche, sociali, perché sono un patrimonio prezioso per generare vita e una società più unita e giusta».
Bisogna sostenere il protagonismo e l’impegno dei giovani. Un protagonismo che si rafforza attraverso “alleanze” tra studenti, dirigenti, insegnanti e famiglie, che si stanno realizzando in tutto il mondo. “Un’alternativa c’è. È più prudente, da tutti i punti di vista, a cominciare dal tracciamento, tenere aperte le scuole”. La scuola è un importante luogo di crescita, formazione e apprendimento, in cui sono effettive le azioni di screening, tracciamento, quarantena. Nonostante gli sforzi delle Istituzioni scolastiche, dei docenti e delle famiglie, in tanti casi e in tanti paesi si è assistito all’esclusione di tanti bambini, ragazzi e giovani da una qualsiasi forma di didattica a distanza non potendo prendere parte alle video-lezioni con il gruppo classe.
La pandemia ha anche leso il diritto all’Istruzione e ha aumentato la probabilità di abbandono scolastico, soprattutto nelle fasce più vulnerabili della popolazione e questo aggrava non solo la povertà materiale di un numero crescente di minorenni, ma anche le situazioni di povertà educativa che molti di loro subiscono.
Le disuguaglianze sociali acuitesi con la didattica a distanza, mentre da un lato spingono a un ripensamento delle pratiche educative, dall’altro il rischio è di aumentare le fratture. Povertà economica e povertà educativa si alimentino a vicenda, perché la carenza di mezzi culturali e di accesso a Internet e alle reti sociali riduce anche le opportunità occupazionali. Allo stesso tempo, le ristrettezze economiche limitano l’accesso alle risorse culturali e educative, costituendo un ostacolo oggettivo per i bambini e i ragazzi che provengono da famiglie svantaggiate. Queste condizioni di precarietà e ingiustizia, nel breve periodo, minano il diritto del minore alla realizzazione e alla gratificazione personale e riducendo, nel lungo periodo, la stessa probabilità che da adulto riesca a sottrarsi da una condizione di disagio economico.
Investire sulle politiche per l’infanzia e l’adolescenza nella lotta alla povertà educativa è un investimento prioritario per il futuro dei giovani.
Un Festival Generativo
Il progetto di CLOUD – Festival delle giovani generazioni – nasce da un tavolo di lavoro strutturato dal Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) prima della pandemia da Covid-19. L’esigenza di non rinunciare a un momento di confronto così importante e la decisione di diventare pubblici con una prima edizione online, hanno in qualche modo accelerato e messo in luce la natura generativa del Festival.
In particolare, ha preso forma un progetto in cui adulti e adolescenti di età e provenienze diverse possono collaborare assieme al racconto del Festival stesso e alla produzione dei suoi contenuti, utilizzando le possibilità del digitale per accorciare le distanze. Un Festival che raccoglie le riflessioni dei ragazzi e delle ragazze e le mette in dialogo con la voce di chi lavora con passione e competenza sui temi per loro più importanti. Un festival che crea confronto, che stimola i più giovani nella produzione di contenuti, che costruisce una comunità parlante e la coltiva nel tempo. Un Festival aperto alla comunità nelle sue generazioni, che costruisce spazi di confronto, che lavora con i giovani sull’importanza del prendere parola e di diventare protagonisti, di praticare il diritto a raccontarsi (Fonte: https://gruppocrc.net/events/event/cloud-festival-delle-giovani-generazioni/).
Veronica Petrocchi
veronica.petrocchi91@gmail.com