Ricordare serve al presente e futuro

Articolo_focus_2022-01-15
"Se vi cancellassero la memoria e vi domandassero chi siete… non sareste in grado di rispondere. La memoria è un progetto per edificare la società che vogliamo, altrimenti dobbiamo subire la società che altri vogliono per noi. Chi è padrone della storia o della memoria è padrone del mondo” (Salomone Ovadia, detto Moni, è un attore, cantante, musicista e scrittore italiano).

Il 27 gennaio ricorre l’anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Davanti a questa immane tragedia “non è ammissibile l’indifferenza ed è doverosa la memoria. Siamo tutti invitati a fare un momento di preghiera e di raccoglimento, dicendo ciascuno nel proprio cuore: mai più!” (Papa Francesco). Rimane una ferita ancora aperta nel cuore del mondo, le cui cicatrici hanno scritto la storia di un popolo. La memoria è negli occhi di chi ha visto, nei parenti delle vittime, nelle targhe ben visibili nelle strade delle città e nelle pietre d’inciampo che ricordano le persone portate via con la forza. Solo perché ebree. Il 27 gennaio è un giorno nel quale riecheggiano la disperazione di uomini, donne, anziani e bambini presi nelle loro case, svegliati di soprassalto e protagonisti di un viaggio che, per quasi il 99% di loro, è stato di sola andata. Commemorare l’olocausto è necessario, perché del passato resti una memoria viva. Senza una memoria viva non ci sarà futuro perché, se non impariamo dalle pagine della storia a non ricadere nei medesimi errori, la dignità umana rimarrà lettera morta.  Ancora oggi, purtroppo, si manifestano atteggiamenti antisemiti. 

Un dodicenne viene stato insultato, preso a calci, colpito da sputi perché ebreo da due ragazzine di 15 anni nel Livornese. Lo conoscevano appena quel ragazzino di 12 anni. Ma per loro era l’ebreo. E quando se lo sono trovati davanti, mentre parlava con alcuni amici di scuola, due ragazzine di 15 anni hanno sfogato tutto il loro odio represso. Prima l’hanno insultato con appellativi razzisti che inneggiavano ai forni crematori e alla Shoah e poi, dopo avergli gridato di stare zitto perché ebreo l’hanno aggredito con pugni e calci. Nessuno ha difeso il ragazzo”.  È accaduto alla vigilia della settimana dedicata alla memoria della Shoah, ed ha provocato sdegno e reazioni preoccupate anche dalle Istituzioni e dalla politica nazionale.

 

Un cristiano non può essere antisemita. Le radici sono comuni. Sarebbe una contraddizione della fede e della vita. 
Insieme siamo invece chiamati a impegnarci perché l’antisemitismo sia bandito dalla comunità umana.

 

Il Covid-19 ha messo in luce profonde e antiche fratture e ingiustizie nella società, contribuendo al ridestarsi di antisemitismo e xenofobia, ma anche di nuove discriminazioni e occorrono con urgenza sforzi comuni per fermarle. “L’Olocausto rappresentò il punto di arrivo di due millenni di discriminazioni, attacchi, espulsioni e periodici stermini di massa degli Ebrei. Esso avrebbe dovuto mettere un punto finale e definitivo all’antisemitismo. Ma non è stato così. L’antisemitismo resta purtroppo vivo e vegeto. Oggi, suprematisti bianchi e neo-Nazisti stanno rinascendo, organizzandosi e reclutando attraverso le frontiere, intensificando i propri sforzi per negare, distorcere e riscrivere la storia, compreso l’Olocausto. La pandemia di Covid-19 ha fornito loro nuove opportunità di bersagliare le minoranze sulla base di religione, razza, gruppo etnico, orientamento sessuale, disabilità e status migratorio. Perciò mentre consideriamo la ripresa dal Covid-19, dobbiamo occuparci di fragilità e lacune evidenziate dalla pandemia e rafforzare i nostri legami reciproci, fondati sulla nostra comune umanità. Questo deve essere un anno di guarigione” (Videomessaggio per il Giorno della Memoria del Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres).

Auschwitz ci ricorda e ci insegna ogni giorno di quali nefandezze può essere capace il genere umano se si lascia catturare dal fanatismo, dall’odio e da teorie aberranti, le stesse che ancora oggi spargono sangue innocente in tante parti del mondo, mettendo a rischio la pace, la civiltà e la convivenza reciproca. Ricordare è un’espressione di umanità, è segno di civiltà, ricordare è condizione per un futuro migliore di pace e fraternità.

 

“Bisogna dichiarare apertamente che ricordiamo il passato perché dobbiamo salvare l’essere umano nella sua inviolabile integrità nel presente, perché se tu accetti oggi che muoiano bambini per malattie curabili, se tolleri che uomini, che scappano da guerre o da fame, muoiano come topi nel mare, allora è inutile che vai a fare il pellegrinaggio ad Auschwitz perché diventa il pellegrinaggio dell’ipocrisia» (Moni Ovadia).

 

Il Giorno della Memoria e la sua istituzione

Il 27 gennaio 1945, le truppe sovietiche dell’Armata Rossa abbatterono i cancelli di Auschwitz, rivelando così al mondo, per la prima volta, la realtà del genocidio in tutto il suo orrore. Quella data è stata scelta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per la “Giornata internazionale di commemorazione in memoria delle vittime della Shoah”. Questa ricorrenza fu istituita il 1° novembre 2005 dalle Nazioni Unite con la Risoluzione 60/7. In Italia il Giorno della Memoria fu istituito cinque anni prima, nel 2000, con il Parlamento italiano che scelse proprio la data del 27 gennaio. Il primo Paese a volere una giornata commemorativa nazionale, fu la Germania, esattamente venticinque anni fa: era il 1996, fu scelto anche allora il 27 gennaio.

 

Gabriella Imperatore, FMA 
gimperatore@cgfma.org

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