“Sono forse io il custode di mio fratello”? È la risposta di Caino, dopo aver ucciso Abele, che anziché scusarsi, con la menzogna cerca di coprire il delitto. Caino non vuole pensare al fratello e rifiuta di vivere quella responsabilità che ogni uomo ha verso l’altro. Viene spontaneo pensare al venir meno della solidarietà verso i membri più deboli della società – quali gli anziani, gli ammalati, gli immigrati, i bambini – e l’indifferenza che spesso si manifesta nei rapporti tra i popoli anche quando sono in gioco valori fondamentali come la sussistenza, la libertà e la pace. Il dilagare del Covid-19 ha messo più in luce fragilità a livello personale e comunitario, evidenziando come la vita ha bisogno di essere custodita.
Siamo tutti i custodi dei fratelli e sorelle, dei figli e delle figlie, dei padri e delle madri.
Quando una persona è accompagnata, sostenuta, incoraggiata ogni difficoltà può essere superata.
Papa Francesco nell’omelia del 20 ottobre 2020 ha ricordato che “siamo tutti sulla stessa barca e che ci si può salvare unicamente insieme”. Ciascuno ha bisogno che qualcun altro si prende cura dell’altro, che custodisca la vita, soprattutto dei più vulnerabili, dal bisogno, dalla solitudine e dalla disperazione. Chi soffre va accompagnato e aiutato a ritrovare le ragioni di vita; il diritto alla vita deve essere custodito. Occorre farsi carico di chi soffre, serve cura, vicinanza e compagnia spirituale. “Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato! La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore. È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventano custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!”
Custodire e far germogliare la vita dei piccoli è tra i più importanti impegni educativi.
Custodire è più che rispettare, tutelare, accogliere, curare, difendere, perché è tutte queste cose insieme, unite dal filo della prossimità che si declina nella solidarietà con la vita. Ciascuno dovrebbe essere come un “angelo custode” per l’altro. Custodire è il cuore innamorato di ciò che è più caro e non va deturpato o derubato. Bisogna prendersi cura di ciò che ci viene affidato con responsabilità e amore. La custodia è una scelta, una vocazione! La custodia è la risposta coerente al dono della vita, alla cultura della fratellanza. Il dono di sé che accoglie e custodisce responsabilmente la vita dell’altro è un tratto tipico della donna in gravidanza, che la rende “prima” nel custodire la vita. La custodia della vita ha bisogno della forza e del coraggio delle donne, e alla luce della maternità tutta la società è chiamata a farsi grembo di ogni madre in difficoltà di fronte all’accoglienza di una nuova vita, e a farsi grembo di ogni altra fragilità. Custodire la vita in tutte le sue forma è un dovere sociale, etico e democratico. Bisogna avere il coraggio di dire la verità: la vita di ogni uomo è sacra.
Gabriella Imperatore, FMA
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