Un appello alla partecipazione
La parola partecipazione, nel contesto educativo, indica quelle situazioni in cui i bambini, gli adolescenti e i giovani possono esprimere i loro punti di vista in modo positivo e costruttivo. Pertanto, promuovere processi partecipativi significa coinvolgerli attivamente nelle decisioni che riguardano la loro vita e il loro ambiente immediato, la famiglia, la scuola, il centro giovanile, il quartiere… rendendoli consapevoli che è possibile fare impatti sulla realtà.
Nella tradizione salesiana, formare “onesti cittadini” si traduce, come ha spiegato il Rettor Maggiore nella Strenna 2020, nell’educare i giovani con un criterio di partecipazione orientato al bene comune, ragion d’essere e scopo della vita politica.
Il Documento preparatorio del Sinodo 2021-2023 afferma che questa capacità di immaginare un futuro diverso dipende, in gran parte, dalla decisione di iniziare ad attuare processi di ascolto, dialogo e discernimento comunitario, in cui ciascuno può partecipare e contribuire. Un ascolto disponibile e attento è quindi il primo passo per una vera partecipazione.
Attivare processi partecipativi non è una semplice metodologia ma uno strumento di empowerment, un modo di rendere gli adolescenti e i giovani consapevoli della possibilità e, soprattutto, della necessità di essere protagonisti delle proprie decisioni, di trasformarli in attori sociali e non semplici spettatori di una realtà che spesso non piace loro o che non ispira loro speranza per il futuro. Non è, quindi, una tecnica di ricerca del consenso, ma un modo di educare alla cittadinanza attiva.
Mobilitazioni cittadine, dalla poltrona alle strade
Viviamo in un processo di cambiamento molto complesso, al cui centro c’è la tecnologia, che sta diventando fondamentale nelle attività quotidiane. Una trasformazione digitale che non è solo una questione tecnica, ma molto di più: è un processo trasversale che riguarda molti aspetti della realtà.
Oggi, prima delle manifestazioni o dei discorsi nelle piazze, ci sono video, hashtag, email e podcast per creare una comunità unita intorno a un’idea, e per fare pressione sui politici o sulle aziende affinché adottino o non adottino un provvedimento o includano questioni nell’agenda pubblica.
In questo scenario, è necessario riflettere sul ruolo che le reti sociali svolgono nella mobilitazione dei cittadini, per una maggiore partecipazione sociale e solidale dei nostri giovani, e interrogarsi se questa mobilitazione online si traduce in un impegno nella vita reale, o se la partecipazione dei cittadini è aumentata attraverso questi media.
Cosa hanno i social network che gli altri mezzi di comunicazione non hanno avuto per avere un tale impatto? Secondo la Rivista Comunicar (www.revistacomunicar.com), una rivista scientifica sull’educazione e la comunicazione, la risposta sta in due caratteristiche: immediatezza e interattività.
A differenza dei media tradizionali, gli utenti non hanno più un unico ruolo di ricevitori, ma piuttosto, come nella comunicazione interpersonale, assumono alternativamente il ruolo di ricevitori e mittenti. Gli spazi digitali, abbattendo le barriere fisiche, sono diventati punti d’incontro virtuali per persone di tutte le estrazioni sociali e senza limiti geografici, permettendo così la democratizzazione del dialogo.
I giovani hanno alla loro portata, attraverso le reti sociali, una moltitudine di possibilità per partecipare attivamente al cambiamento sociale, modi molto diversi di informarsi, di condividere, di aderire pubblicamente a nuove cause. C’è tutto un potenziale ancora da esplorare per promuovere la cittadinanza attiva, per incidere nella realtà, dove ogni individuo può aumentare la propria visibilità e avere un impatto globale. È qui che il cyberattivismo, espresso in diversi gradi di impegno o mobilitazione, può essere inquadrato.
Vediamo come migliaia di utenti si uniscono a iniziative di solidarietà guidate da atleti d’élite, cantanti e celebrità, mostrando la loro empatia per una grande varietà di cause. Tra queste migliaia di utenti, non mancano quelli che vanno oltre il sostegno morale e “si alzano dal loro divano“, smettono di “balconare” la vita e si mettono le scarpe per portare, nel mondo offline, la difesa dei loro valori.
Il movimento #MeToo negli Stati Uniti, l’iniziativa Fridays For Future guidata dalla giovane Greta Thunberg, la rivolta dei gilet gialli in Francia, gli appelli all’azione di ONG tradizionali come Amnesty International con la campagna #FreeSaudiWomen, le proteste sociali via TikTok in Colombia con l’hashtag #NosEstanMatando, organizzazioni come Africtivistes che mostrano la loro determinazione per combattere le minacce e le coercizioni contro giornalisti, blogger e attivisti africani… L’impatto dei media digitali sulle mobilitazioni è evidente, al punto che alcuni governi, nei momenti cruciali, non esitano a tagliare le connessioni Internet per impedire la diffusione delle proteste popolari… Una corrente di cyberattivismo sta attraversando i cinque continenti.
È chiaro che Internet offre ai giovani modi semplici e poco costosi per organizzare, pubblicizzare riunioni, diffondere informazioni e opinioni, organizzare boicottaggi e proteste in modo rapido ed efficace. Modi creativi per partecipare e impegnarsi negli affari pubblici che combinano la politica con la cultura, lo spirito civico e la tecnologia che fanno parte della cultura dell’attivismo.
Educare all’impegno sociale online e offline
L’ambiente digitale è senza dubbio uno strumento attraverso il quale gli adolescenti e i giovani possono esercitare i loro diritti fondamentali, riconosciuti dall’ONU (diritto alla partecipazione, libertà di espressione, accesso all’informazione, diritto alla libertà di associazione), ma non basta essere potenzialmente capaci di fare qualcosa se non esistono le condizioni per farlo.
Il contesto pandemico ha portato alla proliferazione dell’uso di questi mezzi di comunicazione in età molto precoce, ed è dovere degli Educatori promuovere la loro formazione in questo campo, educare al loro senso critico per saper gestire correttamente le informazioni a cui hanno accesso, saper giudicare correttamente la realtà che li circonda e confrontarla con i valori di cui sono portatori, per agire coerentemente e lottare per cause che valgono e si aggiungono al bene comune.
La partecipazione contribuisce allo sviluppo personale, porta a prendere decisioni il più possibile informate e consapevoli, serve a proteggere i minori, contribuisce a preparare lo sviluppo della società civile, al rispetto degli altri e rafforza la responsabilità. Una responsabilità che gradualmente permette loro di conoscere il digitale in tutta la sua ambiguità, come strumento di controllo, di manipolazione ed esclusione, ma anche di libertà e di inclusione.
Gli ambienti educativi devono preparare i giovani all’impegno sociale, qualunque sia il mezzo per farlo (online-offline), nella convinzione che “il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei politici, dei grandi leader e delle aziende“(Papa Francesco). Sì, la loro responsabilità è grande. Ma il futuro è soprattutto nelle mani di persone che riconoscono l’altro come un “tu” e se stessi come parte di un “noi”.
In questo impegno delle Figlie di Maria Ausiliatrice per la sinodalità, forniamo ai bambini e i giovani delle nostre case, delle attrezzature necessarie per fare dell’ambiente digitale lo strumento valido ed efficace per esprimere la loro cittadinanza attiva, solidale e corresponsabile nella costruzione del Regno di Dio.
Mª Paloma Redondo Pérez de la Ossa, FMA
comunicacion@salesianas.org