Anamei, i guardiani della foresta mette in dialogo la resistenza degli indigeni Harakbut di Madre de Dios, nell’Amazzonia peruviana, con la profezia dell’ecologia integrale di Papa Francesco. La guarigione è possibile. Per la foresta e i suoi popoli come per il pianeta e l’umanità tutta. Prima era il caucciù, ora sono le miniere clandestine – hanno ingoiato oltre 50mila ettari di foresta – a mutilare la selva e i suoi popoli. Gran parte della riserva della Tampobata è stata trasformata in una landa di terra screpolata. Insieme agli alberi, il metallo prezioso divora le vite di centinaia di migliaia di donne e uomini, ostaggio del lavoro schiavo e della prostituzione forzata. Madre de Dios è la metafora concreta di quanto crisi ambientale e crisi sociale siano intimamente collegate.
Anamei – raccontano gli anziani – è l’albero della salvezza. Ad Anamei si rivolsero, al principio dei tempi, per salvarsi dalla distruzione. E hanno continuato a farlo per sopravvivere al saccheggio del caucciù. E ora a quello generato dalla febbre dell’oro. Non tutto, dunque, è perduto, fino a quando ci sarà chi continuerà a curare le ferite umane e vegetali.
Muovendosi con delicatezza da una sponda all’altra dell’Atlantico, dalla terra screpolata dalle cave al Vaticano, Alessandro Galassi compone una poesia in immagini capace non solo di raccontare, ma di far percepire allo spettatore la bellezza ferita dell’Amazzonia e il suo spirito indomabile. Il mito di Anamei costituisce l’asse portante del documentario, letto in audio dalla poetessa Ana Varela Tafur – i cui versi sono citati nell’Esortazione Apostolica di papa Francesco Querida Amazonia, – e in video da una grafica con i disegni realizzati dai bambini Harakbut.
“Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo santo” (Papa Francesco)
La storia scorre cucendo quattro blocchi narrativi in un unico racconto, che si snoda tra una sponda e l’altra dell’Atlantico. Il primo presenta la febbre dell’oro e il suo impatto devastante su ambiente e popolazioni native. Il secondo nucleo narrativo si concentra sul viaggio di Papa Francesco a Puerto Maldonado, capitale di Madre de Dios, gesto che ha attirato gli occhi del mondo sulla regione e il suo dramma. Il terzo blocco del racconto è la celebrazione del Sinodo, avvenuto a Roma nell’ottobre 2019, il confronto ecclesiale sulla spiritualità amazzonica, sulla saggezza profonda degli indigeni e sulla possibilità di un dialogo alla pari fra culture.
L’ultimo blocco, a pochi mesi dalla conclusione del Sinodo, il Covid che flagella vecchio e nuovo mondo. La pandemia costringe l’umanità sulla medesima barca. Una zattera fragile, a causa della violenza con cui l’essere umano si accanisce sulla natura, provocando le zoonosi, all’origine del virus. In una piazza San Pietro deserta, Francesco cammina stanco sotto la pioggia. Non tutto, però, è perduto. La salvezza è ancora possibile. Per tutti. «Quando ormai la terra sarà sul punto di distruggersi, quando l’umanità si troverà sull’orlo dell’abisso, quell’albero verrà. Un albero ci salverà. E sarà l’albero di Anamei».
ALESSANDRO GALASSI, film maker e documentarista nasce a Macerata, vive tra Roma e Città del Messico. La radio è stata la sua prima passione, ma è stato il sociale ad avergli insegnato a guardare e a raccontare con rigore. Gli interessano le persone e le loro storie, spesso quelle meno raccontate. Collabora da diversi anni con la Rai, è socio della società messicana Lum arte y medios. Ha realizzato progetti per il Corriere della Sera, Unicef, Università la Sapienza, Magnolia, Endemol Skine, Unhcr, Oim.
Gabriella Imperatore, FMA
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