Con i migranti e i rifugiati

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Non sono solo i conflitti a provocare gli immensi fenomeni migratori che costringono milioni di persone ad abbandonare le proprie case, i propri affetti e le proprie terre. I cambiamenti climatici, la fame dilagante, le gravi crisi economiche a livello globale sono il campanello d’allarme per agire in sinodalità e in spirito di solidarietà.

Perdere la vita mentre si prova a ricostruirla: questo il tragico paradosso che accomuna molti migranti. Come Abderraman Bas, 25 anni, originario della Guinea Conakry, trovato morto nelle acque del fiume Bidasoa, al confine tra Spagna e Francia. È un dramma umano. Migranti che cercano una casa e incontrano la morte.

Ancora una tragedia si consuma nel mar Egeo, in salvo 108 persone alla deriva su una barca a vela, di cui 24 donne e 21 minori, e almeno 4 dispersi. E continuano gli sbarchi a Lampedusa dove sono giunti 123 migranti.

Le ragioni delle migrazioni

Non serve arginare il fenomeno delle migrazioni forzate, neppure solo governarlo, bisogna cambiare prospettiva e pensare ai volti e alle storie delle persone costrette alla fuga. Alle cause che provocano questi enormi movimenti umani. Monsignor Paul Richard Gallagher, Segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, dice che i grandi movimenti umani sono ineluttabili e insiti nella natura stessa dell’uomo, “ma non si può pensare di affrontare un problema così complesso senza volontà politica, generosità e spirito di solidarietà”.

Stare con i rifugiati ai crocevia della storia significa uscire dalle logiche dell’emergenza e dare risposte strutturate ai fenomeni migratori. Anche in Paesi dove i principi democrati e di rispetto della persona umana vengo considerati fondamentali, crescono episodi di discriminazione, anche nei confronti di chi fugge dai contesti di guerra. È la storia di Javed, un ragazzo afghano di 17 anni che alla frontiera tra Turchia e Bulgaria ha subito trattamenti violenti e umilianti. È la storia di Naweed, 14 anni, costretto a fuggire dall’Afghanistan: “È difficile arrivare da soli in altri Paesi. Senza padre, senza madre, senza fratello e nessun amico. Ma dobbiamo farlo, perché abbiamo un sogno: vogliamo avere un futuro, vogliamo essere brave persone”.

I loro viaggi durano mesi o anni, passando da uno Stato all’altro da ‘invisibili’, attraverso montagne, boschi, lungo i binari e superando confini violenti, macchiati di sangue, dove ragazzi e ragazze soli, a volte poco più che bambini, e famiglie con figli piccoli – in fuga da guerre, conflitti, povertà estrema, alla ricerca di un futuro possibile – conoscono l’orrore delle percosse, dei cani aizzati contro, della morte dei compagni di viaggio, dentro e fuori i confini del mondo.

«Il mare che molti popoli abbraccia, con i suoi porti aperti ricorda che le sorgenti del vivere insieme stanno nell’accoglienza reciproca» (Videomessaggio Papa Francesco, in occasione del Viaggio apostolico a Cipro e in Grecia, 29 novembre 2021), perché quando si tratta di migranti, rifugiati e profughi, in gioco ci sono vite umane, e «quando i poveri vengono respinti, si respinge la pace» (Papa Francesco, Visita ai rifugiati, Mytilene, 5 dicembre 2021).

È necessario partire dal principio della dignità delle persone, dalla presa di coscienza che non si tratta di numeri, ma di esseri umani.  È necessario dare nuovo impulso nelle diverse società a un grande senso di responsabilità per aiutarsi mutualmente nell’affrontare la questione migranti. Bisogna cambiare il paradigma che presenta i rifugiati come degli attori passivi e cominciare a pensare che possono contribuire notevolmente alla costruzione delle società che li accolgono. “Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati” è una grande sfida ma anche un’opportunità di crescita culturale e spirituale per tutti. Grazie a loro c’è la possibilità di conoscere meglio il mondo e la bellezza della sua diversità. Si può maturare in umanità e costruire insieme un “noi” più grande (Cf Messaggio per la 108ª giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2022.

 

Accoglienza e lavoro

La storia di Rafael Landaverde ricorda i milioni di rifugiati che hanno dovuto lasciare il proprio Paese a causa di violenze, persecuzioni, guerre. Rafael Landaverde ha 42 anni e viene da El Salvador. È laureato in Informatica e nel suo Paese faceva l’insegnante. Dopo aver denunciato lo spaccio di droga che la mafia locale faceva circolare nella sua scuola, è stato minacciato di morte. Per questo, nel 2019 non volendo rischiare di entrare illegalmente negli Stati Uniti d’America, è stato costretto a lasciare il suo Paese con tutta la sua famiglia per chiedere protezione altrove. È arrivato in Italia nel 2020 a Poggio Imperiale, in provincia di Foggia.

Nei mesi di accoglienza nell’ambito del progetto SAI – Sistema di Accoglienza ed Integrazione –  ha vissuto diverse esperienze di formazione professionale e di tirocinio lavorativo. Dopo ha iniziato a lavorare a Poggio Imperiale presso l’azienda dei Salumi Salcuno occupandosi di aggiornare la pagina web del Sito, della pubblicità online, del marketing, mettendo a frutto le competenze che aveva quando era in El Salvador. Grazie al progetto SAI è stato assunto con un contratto a tempo indeterminato in una cooperativa che svolge lavori presso l’azienda Imeltel di Poggio Imperiale, che realizza cablaggi per qualsiasi tipo di autoveicolo. Rafael, oggi, porta avanti due lavori: la mattina lavora presso l’azienda di cablaggi, il pomeriggio da casa controlla le vendite online dell’altra azienda con cui collabora. Il sogno di Rafael è camminare autonomamente, avere una casa propria, vivere in tranquillità, con ritmi di vita più lenti e più sereni.

Promuovere e integrare

In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, il 20 giugno, secondo il rapporto statistico annuale dell’UNHCR – Agenzia ONU per i Rifugiati – “Global Trends Report 2021”, alla fine del 2021 le persone in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e violazioni di diritti umani risultano essere 89,3 milioni, un aumento dell’8 per cento rispetto all’anno precedente e ben oltre il doppio rispetto al dato registrato 10 anni fa. Da allora, l’invasione russa dell’Ucraina e altre emergenze, dall’Africa all’Afghanistan ad altre aree del mondo, hanno portato la cifra a superare la drammatica soglia dei 100 milioni. Ogni anno, nell’ultimo decennio, i numeri aumentano. Bisogna unire le forze per far fronte a questa tragedia umana, risolvendo i conflitti in corso e individuando soluzioni durature.

Quella di Rafael è una storia a lieto fine, che parla di un percorso di accoglienza e di inclusione sociale, lavorativa e culturale andato a buon fine. Ma per tanti migranti, rifugiati o richiedenti asilo non è così. Bisogna riflettere proprio su questo e interpellare governi, Paesi, istituzioni, imprese e realtà del terzo settore a fare di più. “Se vogliamo davvero promuovere i migranti dobbiamo coinvolgerli e renderli protagonisti del proprio riscatto” (Papa Francesco).

 

Gabriella Imperatore, FMA
gimperatoreit@yahoo.it

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