Da Cana a Cafarnao… Un cammino insieme che continua nel tempo, che abbraccia passato, presente e futuro per continuare a narrare l’esperienza con Gesù.
Un cammino che non è un andare distratto, ma un procedere consapevole, in compagnia di Gesù, presente in mezzo a noi per sostenere la comunione e la fraternità che ci rendono popolo di Dio.
Un cammino che non lascia fuori nessuno, ma si fa carico dei più fragili, di chi procede con passi deboli e incerti. Un cammino caratterizzato da uno stile particolare: la sinodalità.
È uno stile di vita che si apprende camminando, in ascolto del Dio che non solo orienta i nostri passi, ma fa la strada con noi. È un procedere dinamico che spesso subisce battute d’arresto, ma riprende la strada con la forza di ricominciare, di ricercare la giusta direzione, di ritrovare la vicinanza degli altri.
In questo nostro andare è facile cedere allo scoraggiamento, all’ansia di voler godere subito dei risultati. Ma il cammino sinodale è segnato dalla variabile tempo. “Da soli si va veloci, ma insieme si va più lontano” recita un noto proverbio africano. E questo richiede una buona dose di pazienza, intesa non come sterile sopportazione o rassegnazione, ma come serio lavorio interiore quotidiano. Richiede un continuo esercizio di autocontrollo e di costante discernimento per distinguere ciò che è importante nella vita da ciò che è secondario e trascurabile, per cui non vale la pena arrabbiarsi. La pazienza è frutto della fede, di quella forza interiore che ci aiuta a superare le prove della vita.
Chi si appassiona ai videogiochi si lascia prendere da una sfida appassionante che lo porta a superare le sempre più difficili fasi del gioco, è come superare di volta in volta se stessi. Così è la vita, ci riserva prove che diventano indicazioni preziose per seguire il cammino di crescita tracciato da Dio per noi.
La pazienza è anche saper attendere con speranza, rispettare i ritmi degli altri e anche i nostri, con il sostegno della preghiera. Papa Francesco ci ricorda che “la pazienza è una virtù della gente che è in cammino, non di quelli che sono chiusi, fermi”. Spesso ci lasciamo cullare dalla sicurezza delle nostre abitudini, nella ricerca di una tranquillità che diventa immobilismo. E invece il Signore ci chiede di scendere a Cafarnao, di ricordare le meraviglie che ha operato nella nostra vita senza darle per scontate, di superare i confini del nostro piccolo mondo, delle nostre case, dei nostri ambienti, per incontrare chi aspetta di essere coinvolto nell’avventura della vita con una Presenza accanto e tante altre presenze che si mettono in ascolto di Dio e degli altri, senza mai sentirsi arrivati. Così scopriamo con crescente consapevolezza che siamo fatti per vivere insieme e che ogni uomo condivide il suo frammento di verità. È importante “darsi tempo, tempo di qualità, che consiste nell’ascoltare con pazienza e attenzione, finché l’altro abbia espresso tutto quello che aveva bisogno di esprimere” (Amoris laetitia, 137). È un’arte da apprendere nel laboratorio della vita, impastato di “grano e zizzania”, senza pretese di perfezionismo perché – dice simpaticamente Papa Francesco – “non esiste la famiglia perfetta e neppure il marito perfetto o la moglie perfetta. Non parliamo della suocera perfetta… Anche nelle migliori famiglie bisogna sopportarsi, e ci vuole tanta pazienza! Ma così è la vita”.
Impariamo dall’infinita pazienza di Dio radicata nel suo grande amore per noi. E, armati di vera pazienza, vivremo sempre più sereni e padroni della nostra esistenza. Certo, non finiremo mai di cadere, ma saremo pazienti prima di tutto con noi stessi e avremo la spinta giusta per rialzarci, consapevoli che “Il tempo e la pazienza possono più della forza o della rabbia” (Jean de La Fontaine).
Maria Ausilia De Siena, FMA