Da sette anni, a fine febbraio, la FIFA, il più alto organismo del calcio mondiale, assegna il premio “The Best” a giocatori, squadre e direttori tecnici che si sono distinti per prestazione e gioco nell’anno precedente.
Questo premio, insieme al Pallone d’Oro assegnato dalla rivista francese France Football, è il più alto riconoscimento nel mondo del calcio. Giocatori, capitani delle squadre, direttori tecnici e tifosi votano i loro preferiti, che non solo ricevono un trofeo che aumenta il loro track record, ma ricevono anche una buona gratificazione economica.
Giocatori e giocatrici di tutte le nazioni competono per questi premi e per la gloria che ne deriva. E questo si ripete anno dopo anno in altre discipline sportive: basket, motorsport, tennis, baseball, golf… un lungo elenco!
Quanto fin qui detto può far parte della cronaca sportiva, anche se vuol essere un modo per approfondire il valore delle persone e i modi sbagliati di “dare un prezzo” alla vita di chi come noi cammina in questo grande villaggio chiamato mondo.
Facciamo un approfondimento parallelo. Tutti conosciamo e abbiamo a portata di mano notizie sui personaggi famosi. E sugli altri? Di quelli che non sono sullo schermo del mondo, chi ci parla?
Chi? Questa breve domanda si riempie di significato quando si scoprono tanti altri “invisibili” nelle nostre città: la nuova famiglia arrivata nel nostro quartiere, il gruppo di giovani che si raduna in piazza, gli immigrati che incontriamo all’uscita del supermercato che chiedono una monetina, i lavoratori che, senza previdenza sociale e sanitaria, spendono ogni giorno ore della loro vita per una paga minima, coloro che, a causa della loro razza, religione o sesso, sono violentati, ammassati, umiliati, espropriati e persino uccisi; bambini, adolescenti e giovani senza accesso all’istruzione che vagano tra sigarette, videogiochi e droghe; quelli che attraversano le frontiere senza sicurezza…
Chi li nomina? Chi li premia? Chi si prende cura di loro? Chi li applaude?
Di fronte a questa realtà, ben lontana da complimenti, luci colorate, da grosse somme di denaro, come Chiesa abbiamo il “dovere” di dare loro spazio, renderli visibili, valorizzarli.
Nell’approfondimento delle sfide che Francesco lancia nella Laudato si’, mettiamoci alla ricerca di risposte, azioni che aiutino a ricostruire relazioni, spazi, luoghi. Come?
La parabola del buon samaritano è già nota a tutti, non è il caso in questo momento di fare una lettura biblica, ma di mettere in luce la figura di questo straniero, ignorato anche dai suoi vicini, che ha dato spazio nella sua fitta agenda a scegliere l’altro.
Questa immagine “samaritana” è quella che, come dice Papa Francesco, deve diventare il volto della Chiesa oggi. Molto prima di essere eletto Pontefice, quando girava per le strade come Arcivescovo di Buenos Aires, il samaritano è stato il modello di vita di fronte all’esclusione e alla povertà, di fronte alle debolezze dei rapporti personali, sociali e politici.
Non è il caso di entrare in letture di parte, ma solo di riscattare le persone e il loro ambiente come luogo in cui le politiche dell’amore e della cura hanno il loro spazio. È lì che ogni cristiano diventa un “essere politico” al servizio del bene comune, della dignità della persona e dell’attenzione all’ambiente. È la base di quell’amicizia sociale presentata nell’Enciclica Fratelli Tutti e dalla quale nessuno deve essere escluso. Come dice Francesco, è la possibilità di diventare “prossimi” che definisce la nostra identità.
Cosa c’è di meglio che vivere questa esperienza nell’ottica della cura, della spiritualità della cura? È la scelta di molti Paesi di fronte alla vulnerabilità sociale, soprattutto dove i più piccoli sono sopraffatti da ogni forma di sopruso e di ignoranza.
La CLAR (Conferenza Latinoamericana dei Religiosi) ha come missione di essere un canale di impegno solidale con le cause che necessitano di trasformazione, consapevole del suo impegno per la dignità delle persone, la cura della terra, il rispetto delle culture e il miglioramento delle condizioni di vita sul continente. Con questa sfida cammina la Vita Consacrata.
Sentirsi “accuditi, ascoltati e amati” è la base della costruzione della persona e, quindi, il tripode che permette di far risorgere ogni tipo di sofferenza e vulnerabilità1.
È arrivato il momento per noi di guardarci intorno: quali esperienze di vita vogliamo evidenziare? quali valori abbiamo scoperto? quali sono le fragilità da amare? cosa significa prendersi cura ed essere curati?
Quando la pandemia era presente a livello mondiale nella sua forma più critica, il ricorso alle cure era certamente un obbligo e, nonostante questo, conosciamo già la dolorosa storia che questo tempo ha portato con sé. Cosa ci ha insegnato questa esperienza sull’essere vulnerabili?
«Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli» (Fratelli Tutti 32)
Un’appartenenza imprescindibile che ci fa optare ripetutamente per il fratello, la sorella e tutta la sua storia, la sua vita, i suoi sogni, e costruire insieme lo spazio migliore per realizzarli.
Ti invitiamo a coinvolgere la tua comunità, il tuo gruppo, la tua stessa vita, e a pregare insieme con questa canzone: Ser hoy tu corazón di Cristóbal Fones
- Jesús García, OFM Cappuccino, Commissione Cura e Protezione di bambine/i, Adolescenti e Persone Vulnerabili. ↩︎