Cosa ti ha spinto a scegliere di lavorare le infradito rigettate dal mare per realizzare le tue opere?
Sin dalla scuola di belle arti ho lavorato con tecniche classiche e accademiche, come la pittura ad olio, la pittura ad acquerello o a pastello. È stato per distinguermi, per fare qualcosa di diverso che ho iniziato a utilizzare altre tecniche creative, in particolare lavorando con gli stampini che realizzavo io stesso già con i sandali, perché ho trovato il materiale interessante per incidere le mie stesse parole, poi sono arrivato al collage. Così, durante una gita al mare, ho scoperto della spazzatura sulla spiaggia, e tra questa spazzatura, c’era una grande quantità di infradito consumate, con una varietà di colori. Mi sono detto come artista che avrei potuto integrare questa raccolta ecologica nel mio lavoro. Da qui parte tutto, dal lavoro e dal sacrificio, cerco di far capire il mio approccio artistico e il mio messaggio.
Nel contesto attuale, la questione ecologica ci preoccupa perché il nostro comportamento degrada la natura, l’ambiente in cui viviamo. Qual è il messaggio che vuoi trasmettere in Africa e al mondo intero attraverso le tue opere?
Secondo me, l’artista è colui che racconta l’esperienza del suo tempo attraverso le sue opere, è un testimone del suo tempo, è come una guida che suscita interrogativi e reazioni in vista di un eventuale cambio di mentalità. È in questa prospettiva che Friedrich Nietzsche affermava: “L’artista ha il potere di risvegliare la forza di agire che sonnecchia in altre anime”. Quindi il mio ruolo è quello di impegnarmi a favore dell’ecologia come abitante di questo pianeta. Credo soprattutto che sia attraverso le mie opere interamente realizzate con infradito riciclate che posso esprimermi di fronte alla società per suscitare enormi interrogativi sulla gestione del nostro ambiente. E il messaggio è molto chiaro, dobbiamo pensare all’eredità che lasceremo alle generazioni future.
I bambini e i giovani saranno gli adulti di domani in un mondo che sta vivendo grandi e profondi cambiamenti: come sensibilizzarli alle problematiche ecologiche?
I ragazzi sono il futuro, per questo prima di tutto come insegnante ho la possibilità di confrontarmi con loro e trasmettere alcuni valori, comportamenti da adottare, come gettare la spazzatura nei cassonetti, differenziare i rifiuti in base ai materiali, ferro, plastica e altro, soprattutto insegnando loro a riciclare tutto ciò che è possibile nei loro ambienti. In quest’ottica, collaboro con una ONG e spesso intervengo in alcuni licei su un programma specifico riguardante il riscaldamento globale e il riciclaggio, attraverso laboratori di sensibilizzazione e lavoro pratico.
La distruzione della natura è fonte di molta sofferenza umana: migrazioni dovute a disastri naturali, sentiamo gli effetti del riscaldamento globale. Hai dei progetti di sensibilizzazione sulle semplici azioni che compiamo ogni giorno?
Metto più enfasi sul lato artistico, mostrando alla gente che gli oggetti usurati, compresa la plastica, durano nel tempo e possono essere riutilizzati, avere un’altra vita. Inoltre, mi piacerebbe condurre azioni per indurre le persone a cambiare determinate abitudini e adottarne altre, come piantare alberi, usare sacchetti biodegradabili, evitare di sporcare e non defecare in acqua, utilizzare i bidoni della spazzatura.
Per concludere…
Ci tengo a ringraziarvi e a incoraggiarvi nella lotta per il benessere del nostro pianeta. Grazie per avermi contattato per l’intervista, che dimostra il comune impegno a sensibilizzare e a lavorare in unità di intenti per preservare la natura, il pianeta, la nostra casa comune. Spero che questo contribuisca a suscitare una seria riflessione, per il maggior numero di persone possibile, sui temi legati alla il riscaldamento globale.