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Una perenne tensione

La Storia dell’umanità è costellata da straordinarie scoperte, meravigliose creazioni artistiche, grandi atti di eroismo e, contemporaneamente, è anche attraversata e insanguinata da una perenne tensione, da una tentazione o bisogno patologico di possedere. Il bisogno insaziabile di possedere territori, beni, persone, saperi, competenze ha generato e continua a generare conflitti, distruzioni, crudeltà di ogni genere. Le guerre attuali ne sono una triste conferma.

Il bisogno di avere, in certa misura, è insito alla natura umana. È richiesto dalla dignità del vivere, dalla possibilità di offrire prestazioni, esercitare un lavoro, dedicarsi a una missione, condividere e dare un tocco gioioso all’esistenza. Ma la capacità di stare nella misura e di non scambiare l’avere con il possedere è spesso offuscata da un bisogno mai sazio di avere più degli altri, di possedere per dominare. È una delle tre tentazioni sperimentate anche da Gesù, nei quaranta giorni del deserto. Nessuno sembra esserne totalmente esente. Attualmente, e in forma planetaria schiavizzante, la vediamo attualizzata nell’impostazione dell’economia e della finanza1, nelle tensioni fra Stati e Nazioni, etnie e gruppi di potere. 

La tendenza-tentazione al possedere, con modalità diverse, si insinua sia nei grandi che nei piccoli gruppi di convivenza umana, limitando la libertà e il benessere del gruppo, specialmente dei più deboli. Si presenta in forme svariate. Piccole scaramucce di potere si possono già osservare fra i bambini per il possesso di giocattoli e di cose per loro importanti. Le persone adulte vanno oltre i giocattoli. Alcune, con motivazioni apparentemente ineccepibili come la sicurezza, la povertà, la prevenzione, l’igiene, la privacy, quando subentrano in qualche incarico, cominciano a chiudere ambienti e armadi, a trattenere chiavi e a monitorare i movimenti. Tendono ad essere ossequienti con le autorità che hanno polso, impositive con le persone più fragili e litigano con quelle che mal sopportano le inutili e limitanti preclusioni. Alcune tendono ad accumulare cose utili e inutili, ad avere scorte di alimenti, denaro, vestiario e altro, ad appropriarsi delle cose migliori, incuranti degli altri e senza essere mai soddisfatte. E non mancano quelle che, con giochi sottili o con tacita imposizione, tendono a possedere persone e a privatizzare relazioni.

Il bisogno esagerato di avere per possedere nasconde l’esistenza di paure irrazionali e infantili e di vuoti che, essendo di natura diversa, non sono colmabili da beni materiali e dal possedere. Chi si trova in questa situazione è come costretto a cercare, apertamente o nascostamente, di avere oltre il necessario e di possedere, rimanendo sempre insoddisfatto. 

Superare la tentazione, non consentire che l’avere divenga un bisogno patologico è possibile. Ce lo testimoniano le storie dei Santi, dei grandi Benefattori dell’umanità, e anche quella di tante persone che, un po’ sottovalutate e a volte sfruttate, ci vivono accanto. Si tratta di un cammino in salita, piuttosto scomodo, socialmente non sempre apprezzato, ma in fondo entusiasmante. È il cammino che porta alla pienezza dell’umano, alla vera libertà. La scelta di una vita di povertà, anche con un voto, è un grande aiuto, ma non dispensa da un impegno personale, consapevole, quotidiano. La tentazione all’avere per possedere è sempre in agguato.

Un grande aiuto al superamento della tentazione di possedere è quello di un’educazione, per i giovani, e di una formazione permanente, per tutti, che va oltre le lezioni di etica, le raccomandazioni, il ricordo delle regole e gli interventi disciplinari, pure utili se usati con parsimonia e prudenza. 

Un rapporto educativo e/o formativo diventa più facilmente efficace se riesce ad avvolgere le persone di un’autorevole fiducia e di amorevolezza. Illuminate dai grandi valori della fede e della fraternità, la fiducia e la tenerezza hanno una notevole forza terapeutica e possono colmare quei vuoti e far superare quelle paure che inducono a recintare e a trattenere per sé. La paura chiude, l’amore apre, spalanca. Un buon aiuto alla formazione è anche quello di creare momenti di condivisione, dove sia possibile sperimentare la gioia e la soddisfazione del donare, come pure la partecipazione a gruppi che si dedicano con passione ed entusiasmo a opere umanitarie, alla cura degli altri e del creato. 

Ma quello che incide maggiormente nella vita, resta l’esempio di condivisione serena e gioiosa, anche se non priva di fatica, vissuta a contatto con i genitori e con le persone incontrate nei tempi dell’educazione e della formazione. Gli esempi della famiglia e delle persone incontrate negli anni di formazione, non si dimenticano e, con quelli delle persone che ci vivono accanto, diventano spesso uno stimolo positivo riguardo alle decisioni e ai comportamenti. 

Fra le persone che compongono i gruppi sociali o che fanno parte anche di comunità impegnate, non è eccezionale trovare una discreta varietà di comportamenti e atteggiamenti nei confronti del possedere. Per tutte/i, ma soprattutto per chi ha ruoli di animazione e di comando, è molto importante distinguere fra chi chiude, privatizza e accaparra persone, spazi e beni per sé a scapito degli altri e della comunità e chi ha bisogni anche un po’ strani e razionalmente incoerenti, ma che servono per la sicurezza personale, come la coperta di Linus, e non recano danno a nessuno. Con chi chiude e con chi accaparra per sé, generalmente a scapito dei/delle più deboli, è necessario interagire con bontà e determinazione in modo da impedire di nuocere; con le altre è più opportuno uno sguardo di comprensione e astenersi da interventi che servono solo a umiliare e far soffrire. A volte succede, invece, che con chi tende a privatizzare imponendosi, si stabilisca un tacito consenso dettato da paura del peggio e si tormentino quelle che, per star bene, hanno bisogno solo dell’innocua coperta di Linus

Avere non è possedere. L’avere beni materiali e spirituali, saperi e competenze, se in buone mani, può servire, oltre che per vivere dignitosamente, per donare, condividere, accogliere, sostenere e anche per dare un tocco gioioso al vivere. Le buone mani, armonicamente unite al cuore e con gli occhi della mente illuminati dal Mistero d’Amore che ci avvolge e spalancati sul mondo, sono una caratteristica delle persone libere, arrivate alla pienezza dell’umano. Sono o possono essere le nostre.

La consapevolezza della nostra interdipendenza con tutti gli esseri umani e con il creato che di giorno in giorno si sta facendo più acuta, risuona come un forte e ineludibile richiamo ad agire. Come persone e come comunità, in un mondo che sembra avere “solo pochi anni per operare un radicale cambiamento sistemico, prima che sia troppo tardi e si superi il punto di non ritorno per cambiamenti climatici devastanti e la sesta estinzione di massa del pianeta”2, educare e formarsi a superare il bisogno di possesso e andare verso la libertà e la gioia della condivisione, potrebbe essere la nostra piccola, ma importante goccia carismatica, che, oltre alla crescita delle persone, diventa anche un contributo alla urgente soluzione della transizione ecologica.

  1. Cf GIRAUD Gael – GUADALUPE RUIZ Lara Erika, I veri ostacoli alla transizione ecologica, in La Civiltà Cattolica, 4145, 4/18 marzo 2023. La lettura di questo articolo consente di avere una visione reale, ampia e ben documentata dell’urgenza del problema ecologico nel quale siamo immersi. ↩︎
  2. PARISE Alberto, Verso un nuovo modello di sviluppo, in Consacrazione e servizio, n. 2. marzo aprile 2023, pag. 69. L’Autore ha partecipato, come osservatore, alle due ultime conferenze sul clima, le “COP”. ↩︎

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