Comunicare stili e pratiche di vita alternativi in un’ottica di maggiore umanizzazione

Quando osserviamo un modo di vivere in un determinato tempo e spazio, dobbiamo sempre considerare gli aspetti congiunturali che costituiscono il contesto in cui una determinata comunità è inserita. È importante tener conto degli elementi alla base della cultura in questione, che comprendono aspetti storici, sociali, politici, economici, geografici, religiosi, comunicativi e ideologici. In 2.000 anni di storia, questa è stata e continua a essere una sfida importante per lo stile di vita cristiano: vivere nel mondo senza essere del mondo.

Il cristianesimo, crescendo e diffondendosi, ha sempre affrontato la sfida di inculturarsi in nuove realtà, raccogliendo il buono e il bello di ogni cultura, senza perdere la freschezza del Vangelo, che rappresenta uno specifico modo di vivere, secondo la sequela di Cristo. Nell’enciclica Ecclesiam Suam di Paolo VI, troviamo una bella riflessione sull’idea di vivere nel mondo senza essere del mondo: “Il Vangelo è luce, è novità, è energia, è rinascita, è salvezza. Perciò genera e distingue una forma di vita nuova, della quale il Nuovo Testamento ci dà continua e mirabile lezione: ‘Non vogliate conformarvi a questo mondo; trasformatevi e rinnovatevi invece nella mente, per saper discernere qual è la volontà di Dio: quello che è buono, che piace a Lui ed è perfetto’ (Rm 12,2) ci ammonisce san Paolo” (ES, 61).

Oggi, nella maggior parte del mondo, viviamo in una cultura globalizzata segnata dal neoliberismo economico, che presenta il suo volto più perverso nel modello di speculazione finanziaria che domina il mondo delle imprese. Lo stile di vita capitalista, che mira ad aumentare i consumi per generare maggiori profitti, non ha risolto il problema della povertà e dell’esclusione di un’ampia fascia di umanità, condannata a vivere ai margini delle grandi conquiste economiche, produttive e tecnologiche del nostro tempo.

Vivere la solidarietà e l’amicizia sociale, proposta dalla dottrina sociale della Chiesa cattolica, è una sfida e un dilemma per il cristiano contemporaneo. Mentre ci troviamo di fronte al più grande aumento della povertà estrema nel mondo negli ultimi vent’anni, assistiamo anche agli effetti sempre più marcati del riscaldamento globale in tutte le regioni del pianeta. Il grido della terra e dei poveri risuona forte e chiaro: l’attuale stile di vita deve subire cambiamenti urgenti se vogliamo avere un futuro possibile per l’umanità. In questo contesto, i cristiani sono chiamati con maggior forza a riflettere e a cercare stili di vita alternativi che siano più coerenti con la pratica e la vita del Vangelo oggi. 

In questo senso, è importante dare visibilità ai movimenti che presentano uno stile di vita alternativo, come il “Buen-Vivir” e
l’”Economia di Francisco e Clara”.

Buen Vivir

Il Buen Vivir, (Buon Vivere), è una filosofia di vita nata nei Paesi andini dell’America Latina, basata su uno stile di vita di maggiore equilibrio tra aspetti materiali e spirituali, un’armonia tra comunità e individuo, essere umano e cosmo, civiltà e natura. Il termine è persino entrato in due nuove Costituzioni in Ecuador e Bolivia. È un concetto plurale che, da una parte, è una reazione critica alla teoria classica dello sviluppo occidentale e, dall’altra, propone alternative allo sviluppo che emergono dalle tradizioni indigene. Per l’economista Alberto Acosta è un’opportunità per costruire collettivamente un nuovo stile di vita che risponda alla crisi civile e ambientale contemporanea.

Questo movimento mette in discussione la logica dell’efficienza, basata sull’accumulo e sul profitto e, al contrario, propone l’etica della sufficienza, cioè la logica di consumare meno e meglio, senza danneggiare così intensamente l’ambiente. Del resto, l’attuale standard ideale di consumo è impossibile da estendere a tutti gli esseri umani e ha causato effetti catastrofici sul pianeta. 

Il paradigma del Buen Vivir si basa sulla logica della complementarietà e della coesistenza, per cui la vita viene intesa come un fine in sé, partendo dalla comprensione che le diverse specie non possono essere semplicemente ridotte a mezzi per raggiungere i fini definiti dagli esseri umani (Gudynas, 2011b, 15).

Dal punto di vista della comunicazione, Buen Vivir ci invita a riflettere sullo stile di vita che comunichiamo. Il mondo dei media è guidato da un consumo vorace e ininterrotto, basti pensare che prima di iniziare un video su YouTube, ci viene già presentata una pubblicità, che spesso si ripete, che ci piaccia o no. Quando ci immergiamo nel news feed di Facebook o navighiamo su Instagram, appaiono altre pubblicità a pagamento. Gli influencer guadagnano milioni dando consigli ai consumatori e creando tendenze e nuove esigenze. Con ogni innovazione, nasce un nuovo bisogno e l’ideale di consumo diventa più alto. Staccarsi da questa comunicazione basata sul mercato, o almeno rendersi conto della strumentalizzazione dei media, è un passo importante, non solo per una consapevolezza critica, ma anche per cercare uno stile di vita alternativo che permetta alle persone di liberarsi dalla catena di consumo che i media in genere portano con sé.

Un altro contributo significativo del Buen Vivir come proposta di comunicazione è il valore della comunità. La comunicazione mediatica esaspera l’immagine della persona, nelle digitali non esiste un centro, ognuno è il proprio centro, gli algoritmi inducono al consumo personalizzato e tendono a rafforzare l’autoreferenzialità. Il Buen Vivir, invece, chiede un ritorno alla comunità, contro la logica della competizione e dell’esclusione dei più deboli, per arrivare alla convivenza e alla solidarietà. È un passaggio dal dominio del più forte all’utopia della collettività, della partecipazione e dell’intreccio. In questa prospettiva, la comunicazione non è al servizio della manipolazione, ma è nutrimento per la comunione, la partecipazione e la democrazia.

Economia di Francesco e Chiara

Un altro movimento che presenta uno stile di vita alternativo è l’Economia di Francesco e Chiara, che si sta sviluppando in tutto il mondo e soprattutto in Brasile. Motivato dall’appello di Papa Francesco a “Realmar a economia”, il movimento nasce da una prospettiva anticapitalista, che cerca di rompere con la cultura dello spreco, dello sfruttamento e dell’oppressione, costruendo nuovi paradigmi economici basati su una cultura dell’incontro e della cura delle persone e della casa comune. 

La novità di questo movimento è l’equilibrio tra maschile e femminile, una proposta di economia basata sul femminile, sull’accoglienza, la cura e l’affetto. Ciò implica una transizione radicale nelle forme di produzione dell’energia, la distribuzione equa di ciò che viene prodotto e la riduzione del consumo di massa – espressione di un profondo impegno etico verso le generazioni future in un contesto di giustizia intergenerazionale.

Da un punto di vista comunicativo, il movimento cerca di dare visibilità a diversi modi di produzione, che si concretizzano nella cosiddetta economia circolare, nell’economia di cura, nell’economia familiare, nell’economia contadina, nell’economia delle donne, cioè proposte di economie al plurale. Un’economia che ha come principio il collettivo, il bene comune, la condivisione dei beni a favore dell’intera società. È un tentativo di riscoprire oggi lo stile di vita dei primi cristiani: “Tutti quelli che avevano abbracciato la fede vivevano insieme e tenevano ogni cosa in comune” (At 2,44-47). 

Il movimento per l’Economia di Francesco e Chiara cerca anche di mettere in luce gruppi di minoranza che spesso passano inosservati e diventano invisibili al mondo dei media. I neri, gli indiani, i contadini, le donne e i giovani delle periferie trovano un’opportunità per pensare oltre la logica dell’esclusione in cui finiscono per essere lasciati. Da qui l’emergere di proposte di cooperative, banche comunitarie, creazione di moneta sociale, economia solidale e tante altre iniziative che consentono una partecipazione attiva e creativa. Si tratta di gruppi e organizzazioni che emergono in diversi spazi specifici del territorio stesso e si impegnano in azioni finalizzate al bene comune e alla cura dell’ambiente.

Questi due movimenti, sorti nel Sud del mondo sono profondamente ispirati al Vangelo e propongono uno stile di vita alternativo, forse più coerente e conforme a quanto insegnato da Cristo stesso. Sono esperienze significative che vanno dal locale al globale e, sebbene non siano ancora in grado di trasformare l’attuale sistema economico e sociale, sono proposte concrete per un diverso stile di vita, in cui, secondo il precetto evangelico, si punta alla comunione, alla partecipazione e alla solidarietà necessarie per creare un mondo in cui tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza!

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