Il miracolo di una persona gentile

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La gentilezza è una liberazione dalla crudeltà che a volte penetra le relazioni umane, dall’ansietà che non ci lascia pensare agli altri, dall’urgenza distratta che ignora che anche gli altri hanno diritto a essere felici. Oggi raramente si trovano tempo ed energie disponibili per soffermarsi a trattare bene gli altri, a dire “permesso”, “scusa”, “grazie”. Eppure ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza. Questo sforzo, vissuto ogni giorno, è capace di creare quella convivenza sana che vince le incomprensioni e previene i conflitti. La pratica della gentilezza non è un particolare secondario né un atteggiamento superficiale o borghese. Dal momento che presuppone stima e rispetto, quando si fa cultura in una società trasforma profondamente lo stile di vita, i rapporti sociali, il modo di dibattere e di confrontare le idee. Facilita la ricerca di consensi e apre strade là dove l’esasperazione distrugge tutti i ponti. (Fratelli tutti 224)

Trovare nell’articolo di una rivista, che parla di relazioni interpersonali, l’espressione: “Eppure ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile”, passa più o meno inosservato, ma incontrarla in un documento come l’enciclica Fratelli tutti, desta una strana sorpresa e fa pensare. È vero che, guardando a quanto quotidianamente viene presentato dai media, sembra che nel nostro mondo gli atteggiamenti di crudeltà prevalgano e stiano diventando quasi la norma. Ma che sia proprio un miracolo imbattersi in una persona gentile…

È nell’esperienza della maggioranza aver incontrato, nel corso della vita, dentro e fuori la famiglia, la scuola, le comunità, persone gentili e anche incontrarle nella quotidianità. È, però, altrettanto e tristemente vero che, nella normale convivenza sociale, fenomeni di violenza, di prepotenza e di aggressione stanno dilagando. Di fronte a questa situazione appesantita anche dalla crisi ambientale-ecologica, sta aumentando, con la paura, la preoccupazione di come difendersi e di come aiutare i più deboli a farlo. I genitori, in particolare, presi dall’ansia che i figli diventino vittime della violenza, cercano di educarli più alla difesa che alla gentilezza. E, non raramente, sono più soddisfatti per un figlio che sa difendersi che per uno che dimostri un’indole mite. Difendersi è giusto e doveroso, ma con le giuste modalità. Un dato che fa pensare è l’osservare, anche nelle nostre comunità, atteggiamenti generalizzati di preferenza per chi si difende, anche se malamente, e definire di carattere forte chi, con prepotenza, riesce a prevalere e a ottenere quello che vuole anche se a scapito degli altri e della comunità. 

Nell’attuale clima culturale di arrivismo e di sopraffazione, essere gentili sembra un atteggiamento superato, non conforme ai tempi, sottovalutato. Viene visto e interpretato come remissività, sottomissione, passività, debolezza, accondiscendenza, il gentil sesso dei tempi passati, adatto più alle donne che agli uomini. A volte è inteso anche come un atteggiamento ambiguo, non vero, una specie di captatio benevolentiae. Di conseguenza, l’immagine sociale che presenta non è per niente attraente e, in particolare, sembra mancante degli elementi oggi ritenuti indispensabili per fare carrier a. Nei progetti educativi e di formazione e nella descrizione delle persone importanti, il vocabolo gentile appare raramente.

Le persone miti e gentili possono sembrare deboli, passive e poco “furbe”, specialmente da coloro che si credono tali. A volte sono anche considerate come quelle a cui tutto va bene e dalle quali tutto si può ottenere. Sono, invece, ben altro. Non sono perfette e lo sanno, ma riassumono in sé un insieme di caratteristiche positive che, essendo normalmente protette dall’umiltà, non sono immediatamente percepibili. Solo uno sguardo perspicace, dotato d’intuito immediato, acuto, sottile e libero dall’infatuazione dell’efficienza e dell’apparenza riesce a cogliere. Si possono incontrare sia nel mondo dell’alta cultura che tra gli analfabeti e sotto tutti i cieli. 

Chi ha potuto conoscerle realmente le ha viste accoglienti, serene, attente anche alle domande difficili da esprimere, pazienti, resilienti, umili e dignitose. Non sono insensibili, né indifferenti. Evitano le inutili “predichette”. Di fronte ad atteggiamenti aggressivi, offensivi, di sfruttamento e di non riconoscenza soffrono, ma non si piegano, né si fermano: sanno stare dignitosamente (stabat Mater), lasciando che il dolore, la rabbia, lo sconforto si stemperino in compassione. Consolidate dalle fatiche del vivere, allenate al controllo delle sane e a volte esuberanti energie istintive, unificate interiormente dal riconoscimento e dall’accettazione anche dei propri limiti e sostenute e protette dalla forza della tenerezza che viene dalla fiducia nell’Ineffabile, riescono a liberarsi dalle paure e dalle ansie che spingono a difendersi aggredendo, minacciando, o a chiudersi nel rancore e ad accettare gli altri con i limiti e le diversità che li caratterizzano. 

Incontrare persone gentili è un desiderio generale e, nei momenti di difficoltà, un bisogno. Impegnarsi a diventarlo è un’altra storia, un’avventura interessante. Si tratta di un processo di crescita umana e spirituale non sempre facile, di una strada in salita, di un cammino faticoso e attraente insieme. È percorribile da tutti, ma non si può imporre a nessuno. Non è adatto a chi si lascia trascinare dal “tutti fanno così”, e da chi acriticamente insegue ciò che è più facile e comodo. Una difficoltà sta anche nel fatto che si trova fuori dalla visibilità dell’attuale generazione adulta ingobbita sullo smartphone, che viaggia tenendolo in mano senza curarsi di chi sta a destra o a sinistra e che per rispondere a una domanda di cultura o altro affonda le mani in tasca per consultarlo. Per intraprendere la salita si richiede sia la capacità critica di cogliere la negatività della situazione, sia una buona dose di coraggio per affrontare la fatica dell’andare contro corrente. Ma se, e quando, l’orizzonte è illuminato dalla Fede e dai grandi valori umani, il cammino diventa attraente ed entusiasmante e la fatica leggera. Chi la percorre può arrivare all’unificazione interiore, alla mitezza e a quella saggezza di discernimento che, nella libertà, può permettersi di fare “tutto quello che richiede la carità”.

Nella delicata e non facile missione educativa, educatrici ed educatori dal tratto gentile possono diventare un faro luminoso nelle nebbie dilaganti della prepotenza. Pienamente consapevoli dei venti di violenza che spirano e senza lasciarsi trasportare da ciò che è più facile e comodo, possono diventare originali mediatori e abili facilitatori di quelle relazioni che, non escludendo nessuno, creano benessere, armonia, fraternità. Calati nella realtà, sono in grado di comprendere le ansie dei genitori e il desiderio che i loro figli non siano succubi della prepotenza dilagante e, contemporaneamente, data la forza che emana dal loro esempio, diventare efficaci indicatori di strade di crescita umana diverse da quelle della moda. Senza trascurare, né sottovalutare le attività normali di difesa, come l’apprendimento delle arti marziali e altro, possono prospettare e guidare verso la strada della piena maturazione umana, verso quella mitezza che consente di essere liberi dalle paure e di difendersi con la forza delle relazioni benevoli e del dialogo rispettoso.

Le persone miti dal tratto gentile così come sanno fermarsi ad ascoltare un pianto, un desiderio, a rispondere a una richiesta, a un bisogno e a un’ansia, “il grido dei poveri”, sanno anche fermarsi ad osservare i ghiacciai che si sciolgono, le foreste che vengono distrutte, gli animali che soccombono, le specie che si estinguono, la biodiversità che sta scomparendo, ad ascoltare “il grido della terra”. Con il loro essere facilitatori di relazioni interpersonali benevole e rispettose, creatrici di fraternità universale e di armonia, diventano anche originali e fecondi ecologisti integrali. L’armonia della fraternità non conosce steccati e recinti: per sua natura si estende a ogni essere vivente, alla natura, al cosmo. Chi sperimenta la serenità profonda e la gioia che la caratterizza, vive con una sana inquietudine di trovare i mezzi e le strategie per diffonderla e diventare quel miracolo che, abbattendo i muri e allargando sempre più i confini, fa nascere il vero e sospirato miracolo della pace.

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