Virtù

In numerosi paragrafi della Laudato si’ individualismo e consumismo sono criticati aspramente come cause primarie della crisi sociale ed ecologica che colpisce la nostra società, segni evidenti di una decadenza che investe anche la sfera morale. L’antidoto? Educare alle virtù.

Se da un lato la visione cristiana della persona umana integra e armonizza l’ambito religioso, spirituale e morale all’interno di una prospettiva unitaria della persona, la società moderna distingue questi ambiti e relega la dimensione religiosa e spirituale sempre più nel privato. Senza dubbio la qualità dei costumi influenza in modo ineludibile l’etica personale e pubblica e questo sfida anche l’ambito educativo, chiamato a prendere posizione rispetto ai comportamenti dominanti, orientando e contemporaneamente subendo l’influenza della mentalità diffusa e della cultura di massa. 

Educazione e virtù
L’educazione propriamente detta, se non può disinteressarsi dei costumi sociali, «ha come oggetto specifico la formazione della personalità e, nell’ordine etico, l’acquisizione e la crescita di virtù solide, che sole danno alla persona l’autonomia interiore e la vera libertà» (C. D’ALESSIO 2017). Papa Francesco lo afferma in modo molto chiaro in un paragrafo dell’enciclica in cui si interroga sulla possibilità di fare rispettare nella società delle norme esterne senza che siano condivise dalla popolazione: «Questa educazione, chiamata a creare una “cittadinanza ecologica”, a volte si limita a informare e non riesce a far maturare delle abitudini. L’esistenza di leggi e norme non è sufficiente a lungo termine per limitare i cattivi comportamenti, anche quando esista un valido controllo. Affinché la norma giuridica produca effetti rilevanti e duraturi è necessario che la maggior parte dei membri della società l’abbia accettata a partire da motivazioni adeguate, e reagisca secondo una trasformazione personale. Solamente partendo dal coltivare solide virtù è possibile la donazione di sé in un impegno ecologico» (LS n.211).Come ribadito anche in altri passaggi, il pontefice insiste nel sottolineare l’importanza della trasformazione personale per portare un cambiamento significativo nella società. Per perseguire l’impegno ecologico, in un’ottica di ecologia integrale è necessario rimettere al centro un’etica delle virtù che impregni sempre di più anche l’educazione dei più giovani. È chiaro che i limiti normativi non possono esaurire il vasto e complesso ambito morale di una società, ma sono necessarie persone mature e motivate nel portare avanti valori fondativi per la sfera pubblica e privata. 

Il fondamento dell’educazione alla cittadinanza
La pedagogista Luigina Mortari interpreta l’educazione morale come educazione all’etica delle virtù, nell’orizzonte della cura. Tale impostazione ermeneutica si fonda su due premesse: la prima individua nella cura un fenomeno ontologicamente costitutivo dell’umano; la seconda evidenzia come il prendersi cura di qualcun altro si espliciti in modi di essere identificabili nelle virtù.Negli ultimi trent’anni si è assistito ad un rifiorire di studi e interesse scientifico per la cosiddetta educazione del carattere che si riallaccia alla tradizione aristotelica. Alcuni pedagogisti hanno visto in queste ricerche il fondamento teorico necessario per fondare l’educazione alla cittadinanza nelle società contemporanee (D. GRĄDZIEL 2015). Educare alla cittadinanza ecologica significa, infatti, formare persone che nella società in cui sono inserite si comporteranno come cittadini responsabili. Per raggiungere questo obiettivo è necessario sviluppare quelle caratteristiche e competenze che appartengono al carattere morale di ogni uomo e di ogni donna. Alla luce di alcuni principi pedagogici elaborati da Grządziel, con lo scopo di comprendere e avviare l’azione educativa per un’educazione del carattere, emergono due criteri principali: il principio comunitario e il principio della prassi.  

Il valore delle comunità
In accordo con il primo principio si sottolinea l’importanza della comunità particolare a cui si appartiene per la ricerca del bene e del senso della vita. Lo sviluppo delle virtù, infatti, non può avvenire in modo isolato ma si esplicita in contesti comunitari attraverso due dimensioni decisive: le relazioni e la pratica (A. MACINTYRE 1998). Chi è stato educato alle virtù ha potuto osservare nella propria comunità particolare numerosi esempi concreti che hanno trovato una sintesi tra l’ideale e l’agire concreto e, di conseguenza, può cercare di attuarlo anche nelle proprie scelte ed esperienze. Inizialmente, infatti, ogni individuo prende parte alla vita morale della comunità in modo quasi automatico, senza averne piena consapevolezza. Prima si apprende un comportamento morale e solo successivamente lo si riconosce e se ne diventa padroni. Alla luce di quanto affermato fino ad ora, risulta evidente come non tutte le comunità possano avere i requisiti per formare la moralità degli individui e per questo Sichel distingue la comunità costitutiva come quel luogo in cui i membri della comunità danno forma alla propria identità. In consonanza con questa idea, anche papa Francesco nella LS insiste ripetutamente sull’insostituibile ruolo svolto dalla famiglia nell’insegnare i valori e le virtù quotidiane fondamentali per relazionarsi agli altri e al creato in modo responsabile (LS n. 213).La scuola può conseguentemente agire da ponte tra le famiglie e le altre comunità primarie e la società, senza sottrarsi dallo svolgere una funzione di compensazione per la trasmissione degli ideali morali nel caso in cui si presentino studenti mancanti di una comunità costitutiva alle spalle.Confermando e incoraggiando a continuare nella crescita chi invece già possiede un luogo in cui scoprire sé stesso e formare il proprio carattere seguendo il bene. Per svolgere questo ruolo in modo adeguato la scuola è chiamata a scegliere se essere una comunità o solo un’istituzione burocratica e, alla luce di questa scelta di campo, prestare attenzione al clima, alla qualità delle relazioni, al modello insegnamento-apprendimento proposto dagli insegnanti, all’esperienza educativa promossa nel curricolo formalizzato ed in quello implicito. 

L’importanza della prassi
Il secondo principio della prassi pone l’attenzione sul rilievo che svolgono le attività e le esperienze nello sviluppo evolutivo dei soggetti in formazione. In accordo con le recenti ricerche psicologiche e neuroscientifiche è necessario tenere presente che la conoscenza e la comprensione di un fatto poggia sull’esperienza (J. PIAGET 1952). Dunque anche l’azione morale precede la sua razionalizzazione. Di conseguenza, l’azione educativa, soprattutto nei primi anni di vita, deve agire valorizzando la pratica, l’esperienza e le relazioni, favorendo la comprensione delle azioni come esemplificazioni di virtù che in questo modo si percepiscono realmente presenti nell’azione stessa. In questo modo si agirà indirettamente anche nell’ambito affettivo, emotivo e su quello intellettivo, in un continuo scambio reciproco tra educando e ambiente circostante. Lo stesso papa Francesco non si stanca di esplicitare l’impegno ecologico declinandolo in semplici pratiche quotidiane che, ripetute, concorrono alla formazione del carattere delle persone impegnate nella cura della casa comune. Come suggerisce al n. 211: «L’educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno un’incidenza diretta e importante nella cura per l’ambiente, come evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili, e così via». Nel testo dell’enciclica il papa incoraggia a nutrire molte virtù tra cui, ad esempio, la gratitudine (LS 220), la giustizia (ivi 49), la fortezza (ivi 73). Evidenzia, inoltre, come la sobrietà e l’umiltà siano quanto mai necessarie per affrontare la crisi ecologica.

Queste virtù si oppongono a ciò che la società consumistica e tecnocratica vuole favorire e per questo in poche righe Francesco si impegna anche in una loro riabilitazione e comprensione profonda. La sobrietà è la «capacità di godere con poco», di «gustare le piccole cose» (LS 222), di ringraziare con gioia per ciò che si ha senza concentrarsi su ciò che manca. È l’antitesi della convinzione illusoria che un accumulo sempre maggiore di cose possa soddisfare il desiderio di felicità presente nel cuore dell’uomo. La capacità di aver bisogno di poco libera dall’ossessione del possesso e spalanca le porte della libertà e della possibilità di vivere pienamente. Accanto a questa virtù anche la crescita in umiltà rimette in ordine la propria presenza all’interno del mondo e dona la capacità di accogliere con benevolenza i limiti propri e ciò che ci circonda, alimentando una relazione fraterna tra le persone. Indubbiamente la chiave per il futuro è legata a una rinnovata educazione delle virtù: antiche, ma sempre nuove per ogni generazione che si affaccia alla vita.

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