Ritrovare la via del dialogo
La via del dialogo è la prima condizione perché si possano avviare percorsi di pace realistici, capaci di operare la trasformazione del conflitto in risorsa e il superamento della violenza.
“Dialogo” è una parola magica ma anche concreta che riempie e rende attuali i nostri incontri, il nostro vivere quotidiano oggi avvolto dall’incubo di una guerra globale che sembra imminente e che genera un diffuso senso di impotenza dinanzi alla costatazione che le vie di soluzione sembrano lontane e ancora poco prevedibili.
Il dialogo, tuttavia, è una parola che risulta di vitale importanza in ogni ambito dell’esistenza umana, perché ha un potere formidabile di bene e di male, di costruzione e distruzione, di armonia e pace, di conflitto e conciliazione. Difatti, c’è un dialogo che ‘disarma’ e un dialogo che alimenta la contrapposizione e la dialettica.
Ogni incontro umano con gli altri, con gli amici ma anche con i nemici, con chi manifesta dissenso, contrapposizione, sentimenti di rivalsa, di vendetta e prepotenza, interpella e mette a nudo il nostro rapporto con la vita, con l’altro e anche con Dio. Siamo chiamati a misurarci continuamente con il rischio di lasciarci dominare da parole, pensieri, atteggiamenti e gesti che vanno oltre la ‘correttezza’ sociale e relazionale, oltre il rispetto e la tolleranza, e che danno spazio al pregiudizio e all’ostilità.
Dialogare è una necessità, è una istanza profonda della persona ma è anche una sfida, soprattutto quando vengono chiamate in causa le relazioni interpersonali, sia nei gruppi, nelle comunità, sia nella società e nel mondo.
Il dialogo sta alla base di ogni relazione. Eppure nell’attuale società della comunicazione, sempre virtualmente connessa, il dialogo è divenuto più difficile e si rischia di non riuscire più a farsi capire per il moltiplicarsi di fraintendimenti, ambivalenze, offese o violenze verbali.
Nei contesti complessi e fluidi del mondo contemporaneo solo la cultura del dialogo potrà aiutare a far fronte all’alienante predominio del sapere scientifico e tecnologico avanzato e a riscoprire la dignità dell’umano autentico, la forza rigenerante della fraternità, oltre ogni conflitto e ostilità tra i popoli.
In tempi di guerra “istituzionalizzata”, di terrorismo e di grande conflittualità etnica e sociale, ci si interroga sempre più spesso sulla necessità di puntare di più sull’educazione, di investire in formazione per gli uomini e le donne di oggi, per la vita e il futuro della Chiesa e della Vita consacrata, perché si affermi con forza la cultura dell’incontro, del confronto e del dialogo come antidoto all’incomunicabilità, all’individualismo egocentrico, alla conflittualità sempre latente, alla frammentazione del pensiero quale minaccia alla libertà critica, alla difficoltà nell’attuare la prevenzione, la mediazione e la risoluzione pacifica dei conflitti.
“La sfida della realtà chiede anche la capacità di dialogare, di costruire ponti al posto dei muri. Questo è il tempo del dialogo, non della difesa di rigidità contrapposte.”
Papa Francesco
Verso una nuova grammatica delle relazioni con l’altro
La relazione con l’altro è uno dei grandi nodi della contemporaneità e la linea che Papa Francesco sta indicando alla Chiesa e alla società è quella di imparare a ri-scrivere una nuova grammatica delle relazioni. È ciò di cui l’umanità ha bisogno, perché si porta dentro una prepotente “nostalgia” della relazione con l’altro, una “nostalgia” di dialogo e di confronto per riuscire a mettere in atto una comunicazione interpersonale costruttiva che conduca all’armonia e alla pace. Ma, come sostiene Martin Buber, “l’autentico dialogo e quindi ogni reale compimento della relazione interumana significa accettazione dell’alterità”. Nei rapporti tra le persone, come in ogni interazione sociale, il dialogo e la comunicazione assumono un ruolo chiave. La maggior parte dei problemi relazionali, infatti, può essere ricondotta alla mancanza di dialogo e, quindi, di ascolto dell’altro e della realtà.
È risaputo quanto sia forte il potere del dialogo che, nella sua radice etimologica (logos=discorso e dia= fra), significa discorso tra persone, soprattutto se non è segnato dalla dialettica del difendere il proprio punto di vista magari contro quello dell’altro, ma dall’esigenza di un confronto che arricchisce entrambi gli interlocutori e ne favorisce la trasformazione del pensiero verso inedite convergenze e sinergie. In tal modo, il dialogo diventa la chiave di soluzione contro la frammentazione del pensiero tipica della contemporaneità, laddove l’individualismo e il protagonismo personale ne possono ostacolare la visione di insieme e lo stesso pensiero critico che invece permette di superare dicotomie e rigidità mentali per convergere verso consapevolezze comuni e decisioni condivise e coerenti.
La possibilità di comprendere l’altro e di comprendersi vicendevolmente è più intesa in rapporto al livello di sintonia che si riesce a stabilire tra gli interlocutori. Come afferma autorevolmente il filosofo tedesco Gadamer, “l’intesa tra gli uomini avviene sulla base di un orizzonte comune che vive nella lingua che parliamo” e che “l’esperienza di verità si dà solo nel dialogo, in quella dialettica di domanda e risposta che alimenta il movimento circolare della comprensione” (Gadamer H.G. 1931).
Le componenti fondamentali del dialogo nel contesto delle relazioni umane
In primo luogo, alla base del dialogo è indispensabile porre un rapporto di apertura che è sempre reciproco. Non può esistere comunicazione senza la reciprocità dell’apertura all’altro, agli innumerevoli “tu” che sono di fronte e intorno a noi, senza cioè coglierli come “tu” nella loro identità personale e accolti come tali. Questa predisposizione ad aprirsi all’altro, in senso attivo e passivo, consente il sorgere di un clima relazionale più esteso che abbraccia un “noi” certamente più ricco e comprensivo. Ciò comporta inevitabilmente maggiore complessità di interazioni per cui la comunicazione stessa potrebbe divenire conflittuale per la presenza di contrapposizioni, di divergenze e scontri o per l’emergenza dell’individualismo e del protagonismo personale. Sicché, il passaggio dall’Io al Tu, come tappa intermedia verso il ‘Noi’ della comunità, della nazione o del mondo globale, è reso più difficile e problematico.
Pur essendo consapevoli che la struttura stessa della persona umana è dialogale, tuttavia la via del dialogo non è una realtà automatica e naturale. Del resto, la natura delle relazioni nelle quali siamo coinvolti si costruisce attraverso una serie di negoziazioni implicite, talvolta anche di compromessi. Si tratta di costruire dentro di sé degli atteggiamenti che poi si trasformano in stili di vita, in un modo di essere per e con l’altro che va coltivato con l’esercizio e l’impegno costante, sempre rimotivato e rinnovato nella quotidianità.
Le componenti principali del dialogo, tenendo conto della complessa grammatica delle relazioni umane, si possono così sintetizzare:
- l’uscire da se stessi o meglio il decentramento dell’Io per divenire disponibili all’apertura;
- il comprendere l’altro, cioè il sapersi collocare dal punto di vista dell’altro e della realtà;
- l’assumere su di sé l’altro e le sue istanze, il ‘farsi carico’ delle sue domande, dei suoi bisogni e problemi, del suo soffrire come del suo rallegrarsi;
- il dare fiducia, apprezzamento e stima, senza le quali non si può costruire una comunicazione positiva, premessa indispensabile perché l’altro possa aprirsi;
- la chiarezza, la sincerità e il coraggio nel rivelarsi, con rispetto e lealtà, riconoscendo i doni e accettando i limiti, offrendo all’altro la libertà e l’autonomia di essere se stesso;
- l’apprendere a gestire in modo competente, efficace e creativo il conflitto o qualunque contrarietà, nella convinzione che anche dai conflitti è possibile imparare a trarne il meglio di sé e degli altri senza pretendere a tutti i costi una soluzione, attivando risorse interiori e competenze, come la capacità di mediazione e di negoziazione, per trasformare il conflitto in risorsa per noi e per gli altri.
Mettere in pratica l’arte del dialogo come via per costruire la pace comporta orientare più seriamente la formazione e i processi di apprendimento nelle situazioni di conflittualità relazionale, non solo attraverso l’applicazione di tecniche o dinamiche psicosociologiche avulse dalla realtà, ma attraverso esercizi o training specifici che aiutino ad acquisire consapevolezza degli atteggiamenti nei confronti dell’altro, del proprio stile di comunicazione e delle modalità con cui ci si accosta all’altro o lo si influenza, come pure della nostra capacità di ascolto attivo.