La Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato 2024 e il Tempo del Creato

La giornata mondiale di preghiera per la cura del creato si celebra il 1 settembre di ogni anno, e apre il tempo del creato, che si conclude con la festa di san Francesco, il 4 ottobre. Un tempo speciale, in cui i cristiani di diverse denominazioni si uniscono in uno sforzo ecumenico, per sensibilizzare le comunità e tutte le persone di buona volontà a prendersi cura del creato.

Anche quest’anno, questo tempo speciale viene introdotto con un messaggio di Papa Francesco. Esso anticipa la grande prospettiva e il tema del Giubileo ormai imminente. “Spera e agisci con il creato” è infatti il titolo che già orienta la Giornata di preghiera per la cura del creato verso l’Anno Santo. Il tempo del creato, pone dunque al centro della riflessione ecclesiale la speranza. Un tema di primo piano nel Magistero della Chiesa e nel cuore universale di Papa Francesco – il tema dell’ecologia integrale – potrà essere approfondito nell’orizzonte di riscatto e di riapertura della storia che caratterizza ogni Giubileo. “Spera e agisci”.

Il ministero di Gesù annuncia una vicinanza di Dio che chiede conversione. La conversione ecologica, come ogni esperienza di conversione, è un avvenimento spirituale con ripercussioni visibili, concrete. Il messaggio di quest’anno, che ha un contenuto marcatamente teologico, vuole sostenere questa consapevolezza che rende la speranza quasi un miracolo di Dio in noi, ma anche attorno a noi: una meraviglia della grazia che va ben oltre l’ottimismo (o il pessimismo) con cui possiamo sentimentalmente rispondere alle circostanze storiche. Leggiamo infatti: “La speranza cristiana non delude, ma anche non illude: se il gemito della creazione, dei cristiani e dello Spirito è anticipazione e attesa della salvezza già in azione, ora siamo immersi in tante sofferenze che San Paolo descrive come “tribolazione, angoscia, persecuzione, fame, nudità, pericolo, spada” (cfr Rm 8,35). Allora la speranza è una lettura alternativa della storia e delle vicende umane: non illusoria, ma realista, del realismo della fede che vede l’invisibile”.

Il capitolo ottavo della Lettera ai Romani, cui il messaggio fa riferimento, è un capolavoro della teologia paolina. Sembra di ascoltare la viva voce con cui Paolo doveva dettare allo scriba ciò che usciva dal suo cuore ispirato. In particolare, colpisce qui la sua capacità di sentire l’intera creazione che geme e soffre. Le condizioni del Pianeta non erano certo quelle attuali, ma già nel Nuovo Testamento un radicale senso di comunione con tutte le creature rende ascoltabile il grido della terra e dei viventi: un bisogno di salvezza e di redenzione che oggi si è fatto solo infinitamente più acuto, per responsabilità degli esseri umani. E non di tutti gli esseri umani allo stesso modo, ma particolarmente di chi più dalla creazione ha avuto, ha preso. Di chi ha scavalcato gli equilibri su cui si fonda la giustizia.

Il testo del Papa è affidato alla meditazione e alla rielaborazione delle Chiese, dei cristiani di altre confessioni e di tutte le donne e gli uomini di buona volontà. Sappiamo che l’impegno per la cura del creato è un ambito di riflessione e di azione tra i più aggreganti, capace di mobilitare energie giovani e spiritualità diverse. 

Come Istituto siamo chiamati, grazie ad un carisma educativo che esige profezia, ad accompagnare innanzitutto con l’esempio, e a facilitare la diffusione della speranza che le parole di Papa Francesco comunicano a chi lavora a un futuro sostenibile, di giustizia e di pace. E, come detto da Don Fabio Ravagnani alla presentazione del messaggio del Papa: “il tema della cura del Creato andrebbe a buon diritto inserito nella pastorale giovanile per la formazione della fede delle nuove generazioni. Una fede che sia sempre più incarnata e che sappia entrare “nella carne sofferente e speranzosa della gente” di oggi. Una fede che accenda la speranza e mobiliti l’agire, in modo da generare opere nuove per il bene dell’ambiente. Una fede che diventi testimonianza per i non credenti, i quali, vedendo i giovani cristiani appassionati e formati, possano aprirsi anch’essi non solo alla cura del Creato, ma anche alla gloria del suo Creatore”.

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