Nella realtà complessa e diversificata in cui viviamo, è necessario un nuovo segno o simbolo di pace. Qualcosa che vada oltre le frontiere, le lingue, le culture e i pensieri. Qualcosa che ci mostri la forza, che inviti a giocarci la vita e che sia una bandiera presente in ogni nostra giornata.
Un segno, un simbolo, che sia specchio fedele di un’umanità fragile e bisognosa, ferita e in cammino, forte e resiliente, solidale e vicina. E che susciti nella vita delle persone la capacità di essere “testimoni di pace” nella vita quotidiana, fuori dai riflettori, e che produca relazioni interpersonali e spazi sociali pacificati.
Abbiamo già camminato all ricerca dell’ascolto e del dialogo; ora dobbiamo arrivare alla fonte che ci permette di viverlie con intensità: il cuore della persona.
Il cuore, inteso biblicamente come sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita, è simbolo di integrità, di unità, ma evoca anche gli affetti, i desideri, i sogni, ed è soprattutto luogo interiore dell’incontro con Dio. La sapienza del cuore è perciò quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le altezze e le fragilità, il passato e il futuro, l’io e il noi.1
È così che il nostro Papa Francesco si riferisce al cuore nel suo messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest’anno. Può risultare ambiguo pensare alla costruzione collettiva della pace e riferirsi innanzitutto al cuore di una persona. Ma è lì, nella sua interiorità, che tutto ha inizio. Quando riusciamo a “riconoscere” la nostra interiorità, a scoprire i sentimenti e i sogni che la abitano, quando le nostre decisioni ci lasciano sereni, quando siamo responsabili del nostro lavoro quotidiano, quando “vediamo” Dio riflesso negli altri, allora nasce la Pace. Un cuore abitato e retto è capace di prendersi cura degli altri e di metterli in piedi, di mettere la dignità al di sopra di tutto. È una via d’uscita dall’individualismo e dall’alienazione, per essere più fraterni, più solidali, più samaritani gli uni verso gli altri.
Quella pace che le nostre relazioni interpersonali mostrano, che le reti sociali manifestano, che le azioni fanno trasparire, è un virus buono che contagia rapidamente e si moltiplica. E non c’è vaccino contro un cuore pacifico!
Questo modo pacifico di vivere l’amore è l’“amore sociale”, presente lungo tutta l’Enciclica Fratelli Tutti: A partire dall’«amore sociale» è possibile progredire verso una civiltà dell’amore alla quale tutti possiamo sentirci chiamati. La carità, col suo dinamismo universale, può costruire un mondo nuovo, perché non è un sentimento sterile, bensì il modo migliore di raggiungere strade efficaci di sviluppo per tutti. L’amore sociale è una «forza capace di suscitare nuove vie per affrontare i problemi del mondo d’oggi e per rinnovare profondamente dall’interno strutture, organizzazioni sociali, ordinamenti giuridici». (FT 183)
L’umanità ha bisogno di questa esperienza d’amore, affinché la cultura, la società e tutte le forme di vita siano permeate dal desiderio di pace. Vivere in questo modo ci permette di evolvere, di affermare la nostra identità, di mettere le nostre capacità al servizio, di svilupparci in pienezza, e sempre dall’io al noi, affinché ogni spazio di incontro sociale sia più dialogante, assertivo, fiducioso, fraterno e meno difensivo e condannabile, senza paura che il bene dell’altro sia il nostro male.
La pace sociale non si limita all’assenza di violenza diretta tra gli esseri umani, ma cerca di rompere, trasformare, eliminare tutte le “violenze strutturali” che persistono nei nostri popoli: degrado sociale, manovre di potere politico, discriminazione, corsa agli armamenti, commercio internazionale sfavorevole, povertà crescente, immigrazione…
Essere consapevoli e impegnati per un ordine mondiale più giusto, per i diritti umani, specialmente quelli più violati, per l’ecologia e per la cura della nostra casa comune, significa vivere una pace sociale positiva che ci aiuta a prenderci cura di noi stessi, a guarire e a prendersi cura, insieme, dall’io al noi. Vivendo in questo modo saremo riconosciuti come testimoni di pace e fraternità, perché «l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro». (FT 66)
Il cuore umano è un luogo di passione e sappiamo per esperienza che quello che ci appassiona, cioè quello che ci muove dal di dentro, diventa il desiderio profondo per il quale ci giochiamo la vita. Che le nostre azioni di attivisti per la pace, appassionati costruttori di un nuovo mondo senza violenza, lascino un segno profondo nella storia del mondo.
E affermiamo con Papa Francesco, nelle sue parole ai giovani riuniti alla GMG di Cracovia, che “La passione per la pace torna per tutti i giovani là dove conta davvero: nel cuore. Oggi, gli uni accanto agli altri, uomini e donne di fedi e generazioni diverse, dimostrate che, con l’aiuto di Dio, costruire la pace, insieme, è possibile. È la strada da seguire”.
Continuiamo questo cammino che ci rende esseri umani migliori, perché siamo cristiani migliori, continuiamo a costruire ponti che ci avvicinano e ad abbattere muri, continuiamo perché l’amore non aspetta.
“È urgente elaborare assieme memorie di comunione che risanino le ferite della storia, è urgente tessere trame di pacifica convivenza per l’avvenire”.2