Siamo nell’anno giubilare della speranza. Uno degli ostacoli che la frena e che tende ad azzerarla è la delusione. Incontrarla, nel percorso della vita, è inevitabile e non di rara frequenza. Si tratta di una “reazione affettiva che consegue alla mancata realizzazione di una speranza o di una attesa.”1 Non risparmia nessuno. In forme e con difficoltà diverse, si presenta a tutte le età. Crea un senso di disagio e di disorientamento misti a sentimenti di aggressività. Spegne la speranza: credevo… pensavo… speravo e invece…
L’esperienza è penosa, destabilizzante, mette in crisi. Le conseguenze, però, non sempre sono negative come possono apparire al momento. Come le crisi evolutive anche le situazioni deludenti possono diventare occasioni di crescita. Molto dipende dall’entità, dalle situazioni e dalle persone implicate, dagli stati d’animo e dai tempi in cui si presenta.
Alcune delusioni fanno parte della ‘quasi quotidianità’ come: una risposta negativa inattesa; un lavoro non riuscito o non apprezzato come si pensava; un esame, una gara, un concorso non superati; una collaborazione, un aiuto, un saluto mancati; una disattenzione, un’incomprensione, un fraintendimento; un malessere fisico improvviso o che resiste più del solito al farmaco e così via.
Finché non oltrepassano una certa soglia, sono vissute come eventi inattesi, sgraditi e disturbanti. Ma, con l’andar del tempo, la riflessione, l’aiuto e la testimonianza di persone significative, s’impara a superarle.
Il superamento, pur essendo un apprendimento iniziato fin dai primi anni di vita, non è mai semplice né scontato. Richiede sempre un buon carico di fatica, che, però, se gestita adeguatamente, non lascia senza ricompense. Porta ad uscire dal limitato orizzonte personale e a scoprire l’esistenza di una realtà altra, più ampia, diversa. Aiuta a scorgere l’essenziale e a intravvedere altre e forse migliori opportunità di vita.
Di fronte a un evento deludente si è generalmente portati a credere che sia giusto e doveroso, da parte di chi ha deluso, scusarsi, cambiare atteggiamento e conformarsi al proprio modo di pensare ritenuto migliore, se non proprio l’unico corretto. Il cambiamento che, invece, porta la persona delusa ad accettare che gli altri, la realtà, gli eventi siano diversi da come si aspettava e a non imporsi né a contrapporsi, di solito è sentito e visto come debolezza di carattere, incapacità di affermarsi, essere perdenti. Da un certo punto di vista, si tratta realmente di “essere perdenti”, ma solo nel senso profondamente umano ed evangelico di perdere la propria vita per ritrovarla2[2].

Riuscire a cambiare il proprio modo di vedere e ad accettare che la realtà e gli altri siano diversi da come si pensava e si voleva, non è un ‘piegarsi’ e non ha niente di impotenza, né di rassegnazione passiva. È frutto di un sano dinamismo di crescita e di una forza interiore animata dall’insopprimibile desiderio di amore illuminato dalla Speranza che consente di intravedere i grandi valori che danno senso al vivere. È una forza che aiuta intraprendere strade anche scomode, ma che portano oltre quel mai totalmente superato egocentrismo narcisistico che induce a ripiegarsi su sé stessi, a veder solo i propri interessi, a soffocare la vita. È una forza che consente di aprirsi, di accettare la diversità della realtà e degli altri e di andare verso l’essenziale diventando realisti, umili, liberi.
Nella vita, oltre alle normali, arrivano anche le delusioni che superano una certa soglia come quelle che provengono da vere ingiustizie, da rotture di rapporti vitali di parentela, di amicizia e di collaborazione. La gestione di queste situazioni diventa problematica e pesante anche per le persone più navigate. Tener a freno i forti sentimenti di rabbia e di odio, di vendetta e di rancore che si scatenano nell’animo per l’ingiusto affronto subìto o comunque vissuto come tale, non è facile per nessuno. Se, poi, la delusione arriva improvvisamente può diventare anche fisicamente disorientante e destabilizzante lasciando angosciati e incapaci di intravedere orizzonti nuovi.
In questi momenti di nebbia fitta, quando la delusione tenta di spegnere ogni speranza, uno degli aiuti più efficaci è la presenza di una persona amica che si accosta rispettosa e compartecipe; una persona amica che ascolta, non plagia, non fa discorsi moraleggianti e, al momento, non dà consigli. L’unico consiglio utile, a meno che non si intravveda la necessità di un cambiamento repentino per evitare un reale pericolo, è quello di non prendere decisioni avventate che potrebbero essere dannose e irreversibili, ma darsi tempo, lasciar sedimentare, riflettere, pregare, confrontarsi con persone che aiutano a scoprire altri aspetti della realtà e ciò che dà il vero senso al vivere.
Sotto la pressione del disagio emotivo, sono soprattutto le persone con forte tendenza a idealizzare e a coltivare eccessive attese, a credere che solo un cambiamento possa dare la possibilità di vivere meglio e a fare scelte senza rendersi conto della realtà. Cambiare lavoro, partner, comunità, rincorrendo l’illusione dell’inesistente ideale, potrebbe portare a “cadere dalla padella alla brace”, come dice il proverbio, cioè trovarsi peggio di prima. La vera soluzione resta quella di accettare che nessuna realtà, persona, comunità sia perfetta, cioè passare dalla idealizzazione a un sano realismo.

Coloro che si trovano coinvolti nella missione educativa, anche per il delicato compito che stanno svolgendo, attingendo alla forza interiore del sano dinamismo di crescita, hanno sicuramente imparato a superare le delusioni senza perdere la speranza. Se, oltre a insegnare ai bambini e ai giovani a difendersi, li aiutano anche a gestire le dinamiche della delusione, ad accettare le piccole sconfitte che succedono nel gioco e nei compiti loro richiesti come una perdita che aiuta a diventare ‘grandi’ e che non preclude ulteriori vittorie e successi, fanno un grande dono alle nuove generazioni e a tutta la comunità umana.
Un grande ed efficace sostegno a chi si trova di fronte a qualsiasi tipo di delusione, un aiuto anche evangelicamente confermato, è quello di accostarsi con rispetto, ascoltare, entrare in sintonia e, al momento opportuno, offrire una parola calda che illumina la realtà e apre alla speranza. “Speravamo…” dicono i discepoli di Emmaus mentre se ne vanno da Gerusalemme, personalmente e ‘politicamente’ delusi e lacerati per l’impensabile ‘fallimento’ del loro Maestro. E Gesù, si accosta, adegua il suo al loro passo, domanda e resta in ascolto empatico del loro sconforto. Solo dopo essere entrato in sintonia con i loro sentimenti, offre una Parola che scalda il cuore e che, unita poi al segno del Pane, illumina di senso la realtà della deludente sconfitta, riaccende la speranza e, senza bisogno di consigli, risveglia la forza che fa riprendere con gioia la strada non facile della fedeltà.

Sulle strade dell’attuale momento storico, oltre alle comuni delusioni della vita, si stanno addensando vasti e pesanti eventi che congiurano contro la speranza e tentano di indurre a una delusione caratterizzata da passiva rassegnazione. Trovare i motivi e la forza di andare avanti con fiducia e aiutare gli altri a farlo non è facile per nessuno. Ma la storia continua. Come allora, anche adesso esiste. Qualcuno che si accosta, ascolta, attraverso la Chiesa offre una Parola che illumina la mente e riscalda il cuore e, nel segno del Pane, ridà la speranza e la forza di perdere la vita per ritrovarla, di intraprendere strade di gioiosa fedeltà e anche di fare altrettanto con chi si trova nelle nebbie della delusione.
- GALIMBERTI U., Dizionario di Psicologia, UTET, Torino 1992, 264. ↩︎
- Cf. RECALCATI Massimo, La legge del desiderio. Radici bibliche della psicoanalisi, Einaudi, Torino 2024. La lettura originale e coraggiosa dei testi biblici alla luce della psicoanalisi, che l’Autore propone, aiuta ad andare oltre alcuni stereotipi che impregnano la nostra cultura e ad apprezzare, anche dal punto di vista umano, la proposta evangelica. ↩︎