Dentro il sistema, contro il sistema: la battaglia interiore di Lemesle
Stéphane Brizé torna a scrutare le viscere del mondo del lavoro con Un altro mondo, un film che penetra nel dramma di un uomo stritolato tra le spire di un sistema aziendale spietato e le macerie di una vita familiare compromessa. Fin dalla sequenza iniziale, siamo catapultati in un’atmosfera di crudo realismo: un tavolo di avvocati mercanteggiano un divorzio, riducendo anni di vita condivisa a una questione di bilanci e risarcimenti. «Ne fanno solo una questione di soldi», confessa amaramente la moglie (Sandrine Kiberlain), sottolineando proprio al marito come la sua decisione di separarsi nascesse da motivazioni ben più profonde.
Titolo originale: Un autre monde
Lingua originale: francese
Anno: 2021
Regia: Stéphane Brizé
Paese di produzione: Francia
Distribuzione: Movies Inspired
Durata: 96 minuti

Philippe Lemesle (Vincent Lindon) è l’emblema dell’uomo moderno divorato dalle sue responsabilità. Dirigente di successo, si ritrova improvvisamente sommerso da una tempesta perfetta: una moglie, trascurata a causa delle sue priorità lavorative, che chiede il divorzio; un figlio che manifesta disturbi psichici, reclamando un’attenzione che Philippe non riesce a dare; e, come culmine, l’azienda che gli impone di attuare un piano di ristrutturazione feroce, con tagli al personale che lo tormentano. Lemesle ha dedicato la vita all’azienda, sacrificando la famiglia sull’altare della carriera. Un’azienda che, nonostante i bei proclami di «equità e generosità» che risuonano dalla bocca del boss della multinazionale, è ossessionata solo dal profitto.

Brizé traccia un ritratto impietoso del contrasto tra il mondo del lavoro, cinico e utilitaristico, e la necessità profonda di presenza ed empatia nelle relazioni affettive. Philippe è un uomo diviso, tormentato dai rimorsi e dalla sua profonda umanità, schiacciato dalle tensioni insanabili tra i rappresentanti sindacali dei lavoratori e dirigenti cinici. Prova disperatamente a tenere insieme i pezzi, ma si consuma, eroso da un sistema che sembra non lasciare scampo.
Il regista, con occhio lucido e senza giudizi sommari, osserva il sistema da dentro, mostrandoci come esso corroda e alieni tutti, indistintamente. Un altro mondo è una lotta sociale vista da una prospettiva inedita, interna, dove il campo di battaglia è l’animo stesso del protagonista.
Un altro mondo conclude la trilogia sul lavoro di Brizé, dopo La legge del mercato e In guerra. In questo terzo capitolo, il regista presenta una nuova prospettiva: non più quella dei lavoratori vulnerabili di un supermercato o degli operai di una fabbrica, ma quella di un dirigente. Ogni film della trilogia offre uno sguardo distintivo sulle stesse problematiche, scrutando le diverse facce di un sistema economico in crisi e le sue ripercussioni umane. Il regista si addentra nello spazio dove convivono operai e dirigenti, rivelando come, in questo contesto, la vita sembri perdere di significato, il lavoro si svuoti di valore e le relazioni si inaridiscano.
Nonostante la cupezza della trama, Un altro mondo non cede al nichilismo. Philippe, pur logorato, si confronta con l’idea che «la libertà ha un costo, ma non ha prezzo» e che esistono delle scelte che sembrano appartenere a “un altro mondo”.
Anche nelle situazioni più disperate, il film di Brizé esplora come la resistenza all’ingiustizia e la solidarietà possano continuare a essere considerate come valori fondamentali. Questi aspetti rappresentano una speranza personale per il protagonista, ma anche un segnale che un altro modello sociale ed economico è possibile, dove dignità umana e responsabilità collettiva prevalgono sul profitto a tutti i costi.
Un altro mondo ci invita a riflettere su dove cercare la speranza in un sistema che sembra non lasciare scampo. Brizé suggerisce che proprio nelle scelte individuali di resistenza, nei piccoli atti di coraggio quotidiano e nel rifiuto di cedere alla logica alienante del guadagno personale si possa scorgere una “speranza nei segni dei tempi”. La crisi di Philippe diventa così rappresentativa di un malessere collettivo che richiede risposte nuove.
Con una regia essenziale e una straordinaria interpretazione di Vincent Lindon, Un altro mondo è il racconto di un conflitto interiore che diventa specchio della società contemporanea. È un’opera che interroga lo spettatore, invitandolo a riflettere sulla disumanizzazione del mondo del lavoro contemporaneo e sulle conseguenze personali di scelte sistemiche. Un altro mondo ci ricorda che, anche nelle strutture più rigide, esistono margini per interrogarsi sulla propria umanità. E che, forse, la speranza sta proprio in questi spazi di libertà che ognuno può ancora rivendicare, forse al costo di scelte non convenienti.
