Dall’avidità alla cura

“In questa terra, in questo suolo, in questo campo puro, non piantiamo nessun seme che non sia di compassione e amore” (Rumi)

Interconnessi ed interdipendenti

“Seminare semi di un altro futuro”, “coltivare giardini di speranza”, “intrecciare ghirlande d’amore” non sono metafore né sogni infantili ma sollecitazioni perché ciascuno si impegni a vivere la “democrazia della Terra”. A riguardo, l’attivista e ambientalista indiana, Vandana Shiva, da anni lotta per cambiare le pratiche e i paradigmi nell’agricoltura e nell’alimentazione dedicando la sua vita anche a difendere il grido silenzioso dei poveri, a combattere i diritti della gente comune. Con il libro “Dall’avidità alla cura”, l’autrice presenta “la rivoluzione necessaria per un’economia sostenibile”, incentiva a guardare dall’humus, ovvero dove la vita prende origine.

Le diverse emergenze (climatiche, sanitarie, economiche, sociali e democratiche) che sconvolgono il pianeta si possono affrontare soltanto se si comprende il vero significato della crisi che, secondo Shiva, è l’incapacità di generare un’economia di pace in quanto l’immaginario collettivo ed economico è radicato nella guerra. «Dobbiamo liberare le nostre pratiche», asserisce l’autrice, perché “non possiamo salvare il pianeta senza cambiare il paradigma economico, culturale e ambientale che regge le nostre vite. Solo scegliendo la via della cura, nel rispetto della Terra, consegneremo alle nuove generazioni un mondo migliore”. La costruzione di un futuro orientato al bene di tutti può realizzarsi “stabilendo una nuova alleanza ecologica tra le generazioni”, combattendo pacificamente l’avidità, la falsa economia, il capitalismo apparentemente compassionevole, le multinazionali che fanno profitti su ogni aspetto dell’esistenza umana e animale, manifestando disprezzo per l’ambiente e la Terra. Riattivare la cura della vita sul nostro pianeta chiede, nel nome del bene comune, di cercare spazi per pensare e comprendere che occorre iniziare nuovamente dalle pratiche agricole. Vandana Shiva afferma che l’attenzione alla terra, attraverso il lavoro agricolo, è il primo e più importante presidio della “trama della vita”, inoltre che ogni essere vivente è interconnesso e interdipendente, ciascuno è parte della natura e “membro di una unica famiglia”. È stata persa la consapevolezza che la nostra salute non può essere separata da quella del pianeta impiantando “un sistema alimentare industrializzato, militarizzato, globalizzato guidato dall’avidità”, come si evince dal fenomeno “food-tech”: nei laboratori di ingegneria genetica si creano nuove materie prime per produrre “falsi vegetali” e cibo artificiale che sfamano a basso prezzo. Ma per Vandana Shiva la realtà più grave è che sono gli esseri umani “la nuova materia prima” da cui estrarre dati e geni perché i comportamenti ne siano condizionati; senza accorgersene, si è imprigionati in “un progetto patriarcale violento che vuole schiavizzare la natura”, che sta trasformando la società in una “macchina da soldi”.

Possiamo scegliere

Un principio soggiacente al libro è che “in un mondo interconnesso dal punto di vista ecologico la negazione dei diritti della natura si traduce nella negazione di diritti umani” ma, tale convinzione, così come tutto ciò che argomenta l’autrice, non è uno scenario catastrofico perché maggiormente Shiva vuole lanciare un appello: fondamentalmente “possiamo scegliere” tra l’essere competitivi e l’essere solidali, tra l’indifferenza e il prenderci cura, tra la cupidigia e l’accudimento. Una “vera green economy” nasce dalle decisioni personali, da un nuovo sguardo sul creato perché “le piante possono insegnarci visioni del mondo e valori che ci aiutano a vivere in armonia con la natura, le altre specie e noi”. Occorre capovolgere la prospettiva che si ha su di sé, sulla visione della realtà, per ricomporre le divisioni tra gli esseri umani e la natura, soprattutto sensibilizzando i giovani ed educandoli a rispettare l’ambiente come un dovere e una responsabilità di tutti, un impegno che deve essere condiviso, facendo loro adottare comportamenti semplici che richiedono un cambio di mentalità sia per salvare il pianeta sia per vivere con modalità più green e sostenibili.

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