Fuggire e migrare

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Fuggire e migrare non sono fenomeni lineari, unidirezionali, sincronici. Fra il momento della fuga da una patria divenuta inospitale e pericolosa per la sopravvivenza e il momento dell’inizio di una nuova vita passano mesi, anni, dipende da molti fattori; certo è che i due momenti non coincidono. A migrare s’inizia quando si emigra, si finisce quando si immigra definitivamente altrove, in mezzo ci sono transiti geografici ed esperienze sociali, morte e disperazione, incontri e rinascite, tempi lunghi e spazi diversificati.

Non è facile capire la vita prima del viaggio, la serie di eventi che precede ogni partenza, per decine, centinaia di migliaia di migranti che si riversano ai confini delle frontiere in nazioni e continenti diversi. Eppure nessuno inizia a vivere nel momento in cui l’imbarcazione che lo trasporta appare sulle coste: il viaggio ha inizio prima, anche anni prima, e i motivi che lo determinano sono spesso complessi.

Chi parte lo fa per scappare da una situazione divenuta insopportabile, o per migliorare la propria vita, per dare un futuro dignitoso alla famiglia o ai figli, oppure semplicemente dal desiderio di cambiamento. Chi accetta viaggi pericolosissimi in condizioni inumane, attraversando i confini non lo fa perché votato al rischio o alla morte, ma perché scappa da condizioni peggiori.

Fuga e riscatto

Nella sua terra ha combattuto lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, gli affari delle multinazionali che retribuiscono i contadini 85 centesimi al giorno. Rifugiata etiope, divenuta un’attivista dei diritti dei lavoratori, è stata costretta a fuggire. In Italia ha realizzato il suo progetto di agricoltura sostenibile. Oggi ha ottanta capre, recupera terreni abbandonati, produce latte e formaggi. «I miei antenati in Etiopia erano pastori nomadi. La pastorizia è nel mio DNA». Il cibo è un comune elemento di riscatto e integrazione. È stato così anche per una rifugiata della Costa d’Avorio.

Come tante donne immigrate, è arrivata in Italia in fuga, perché se ci sono conflitti non si può chiedere il visto all’Ambasciata. Ricorda ancora i 600 km a piedi per lasciare il suo Paese insieme a tante persone che non ce l’hanno fatta. Arrivata in Italia ha imparato la lingua e ha iniziato a lavorare come mediatrice. In Costa d’Avorio si era laureata in infermeria, a Roma ha preso un master all’Università di Roma Tre e poi la creazione di un servizio di catering multietnico per condividere cibo e amicizia. I clienti sono soprattutto italiani, curiosi di assaggiare cibi stranieri e scoprire nuove culture.

È arrivata in Italia alla fine degli anni Novanta dalla Nigeria. Vittima della tratta, è stata venduta a una connazionale e costretta con la violenza a prostituirsi. Grazie alla Caritas, qualche tempo dopo è riuscita a ritrovare la libertà e ha scelto di restare per aiutare altre donne. Oggi è una mediatrice culturale del Piam – Progetto Integrazione Accoglienza Migranti –, con la quale offre assistenza sanitaria e legale alle vittime della tratta.

Migrazione e promozione

«Il migrante va sempre accolto, accompagnato, promosso e integrato» (Papa Francesco). «BarConi è una parola che rimanda ai viaggi disperati dei migranti e che si trasforma, diventa un Bar che fa coni gelato, e si riempie di speranza».

Il progetto BarConi è promosso dalla Moltivolti, impresa sociale attiva nel cuore di Ballarò, il mercato più antico e grande della città di Palermo-Italia, che gestisce il ristorante omonimo. Il locale si trova nel coloratissimo e famoso mercato di Palermo: affaccia su piazzetta Mediterraneo, luogo strappato all’incuria e “adottato” dal quartiere, nel viavai di turisti e palermitani. Il progetto, realizzato grazie al sostegno della Fred Foundation e della Fondazione svizzera Haiku Lugano, si avvale del supporto tecnico di uno dei più noti maestri gelatieri in Italia, vincitore di innumerevoli premi e riconoscimenti che ha recentemente sviluppato il suo format di gelaterie artigianali a Palermo.

Quattro i ragazzi, giovanissimi, che lo gestiscono: M., 22 anni, è originario del Gambia. «Fino a poco tempo fa il barcone era per me quello con cui sono arrivato in Italia 5 anni fa, dalla Libia. Un barcone di cui ricordo poco, a parte la partenza, a mezzanotte: stavo così male che sono rimasto privo di conoscenza quasi tutto il tempo. Oggi è bellissimo lavorare invece in questo BarConi». M. era già un mediatore turistico: dal 2018, grazie al progetto Attraverso i miei occhi, ha raccontato la sua Ballarò, a chi era interessato ad ascoltare. «Quando sono arrivato sognavo di partire subito per Roma ma poi Palermo mi ha convinto a restare. Ora questo quartiere mi è familiare, sto bene». È anche fotografo e vive in una comunità ma sogna di affittare una casetta sua, vicino al mercato: «Costa un po’, vedremo!», dice.

Dietro al bancone con M. c’è un ragazzo del Ghana e una giovane della Costa d’Avorio, che studiano per il diploma. La giovane, più grande, dice: «Non so fare gelati, ma sono una donna coraggiosa, posso imparare ». Ventisei anni e 3 figli di 6, 4 e 2 anni, è arrivata in Italia nel 2013, spinta dalla madre, che voleva darle un futuro. «Ci ho provato a studiare, ma quando sono rimasta incinta ho dovuto mollare e sono diventata una donna di casa. Pensavo che sarebbe finita così la mia vita. E invece ora ho questo bellissimo futuro davanti».

Baristi e gelatai del BarConi vengono dall’Africa e dal Maghreb. Sono coinvolti in un percorso di formazione e apprendistato che li porterà gradualmente a gestire in autonomia la gelateria, dalla produzione alla vendita.

La migrazione è uno dei grandi temi della contemporaneità. Comprendere le migrazioni e i motivi sottostanti che portano le persone ad abbandonare il proprio Paese, permette di cogliere in quale direzione stia andando il mondo e, soprattutto, come poterlo cambiare in meglio. Un mondo dove ci siano meno muri e sempre più ponti. “Se vogliamo cooperare nel costruire il futuro, facciamolo insieme con i nostri fratelli e le nostre sorelle migranti e rifugiati. Costruiamolo oggi! Perché il futuro comincia oggi e comincia da ciascuno di noi” (Messaggio di Papa Francesco per la 108ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato).


Gabriella Imperatore, FMA
gimperatoreit@yahoo.it

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