Affrontare crisi di comunicazione

Gli esperti dicono che il 95% delle Istituzioni, prima o poi, subiscono una crisi nel corso della loro storia con risultati negativi per la loro immagine e credibilità. Solo pochi approfittano delle crisi per correggere gli errori, trarre conclusioni ed emergere più forti (MURIEL, José M., Secretos de la gestión de una crisis. ESIC Editorial, Madrid 2012). La bellezza dell’identità istituzionale e della missione dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice merita di essere affrontata sempre con verità e saggezza.

Quando la crisi bussa alla porta

L’Istituto FMA ha vissuto crisi di reputazione fin dai suoi inizi, che sono state affrontate con tanta saggezza. Basti ricordare i disordini a Mornese per il trasferimento delle Figlie dell’Immacolata Concezione al Collegio. E non è stato facile affrontare il caso di Anita Bedarida (Cronistoria vol. 3, p. 40 pochi mesi dopo la fondazione della casa di Nizza. Una ragazza ebrea di 22 anni, proveniente da una famiglia importante della città, che nel maggio 1879 si presentò a Madre Mazzarello esprimendo il suo desiderio di diventare cristiana e la sua risoluzione di non tornare a casa.

Madre Mazzarello prevede già la crisi in arrivo: “È un nido di calabroni” – dice a se stessa – e saggiamente decide che fuori da questo ambiente potrà farsi strada più liberamente. Lei stessa la accompagna a Torino. Il giorno dopo, naturalmente, suo fratello si presentò con minacce e un polverone, e più tardi la polizia perquisì la casa e intimidì la comunità… A Nizza non si parlò d’altro.

“Si diffuse in città la voce che nell’Istituto c’erano postulanti che si voleva costringere a diventare suore (…) che nel convento le suore venivano lasciate morire senza essere curate” (F. MACCONO, S. Maria D. Mazzarello II, p. 68).

Intanto le suore e le postulanti, sempre a disposizione delle autorità, vengono convocate per testimoniare… Alcuni mesi passano tranquilli, ma è agosto quando il Fratello, approfittando dell’assenza di D. Cagliero, va a trovare Anita e in un momento di debolezza scrive un biglietto dettato in cui chiede di essere portato fuori di casa. Si rese subito conto del suo momento di debolezza e ritrattò, ma questo non fece che complicare la situazione, al punto che, pochi giorni dopo, pubblicò una lettera di chiarimento nell’Unità Cattolica e poi nel Bollettino Salesiano. L’inizio della lettera è illustrativo dell’importanza di fornire una dichiarazione dei fatti in un linguaggio chiaro, diretto e semplice:

“Mi dispiace che il giornalismo si sia impossessato di un fatto che mi riguarda. Affinché non circolino notizie false o inesatte su di me, vi chiedo di pubblicare gentilmente il seguente resoconto sul vostro rispettabile giornale” (Cronistoria vol. 3, p. 73).

Da questi eventi, che fanno parte della nostra memoria, non possiamo pretendere di trovare tutte le chiavi di comunicazione che si considerano oggi in una crisi di comunicazione, ma possiamo scoprire alcuni valori e criteri di base che ci illuminano e ci mettono sulla strada di una comunicazione vera, trasparente e coerente con la nostra identità.

Il comitato di crisi, una risposta sinodale

Il comitato di crisi è un elemento chiave nella gestione di qualsiasi situazione di crisi: è il team incaricato di affrontare rapidamente una situazione critica e di coordinare tutti gli sforzi operativi dell’Istituzione per superarla il prima possibile e uscirne più forti. È un organismo che nasce con una vocazione sinodale in quanto è un gruppo interdisciplinare, con un pensiero eterogeneo, aperto alla partecipazione di esperti in materia che ha generato la crisi. Come squadra, deve fare uno sforzo per ascoltare la realtà, i fatti e soprattutto le vittime. Solo da lì sarà possibile decidere le linee ispiratrici della risposta istituzionale e adottare le necessarie decisioni vincolanti.

Così procede il caso Bedarida: il comitato di crisi, Madre Mazzarello e Don Giovanni Cagliero, agiscono rapidamente e sempre in piena comunicazione tra loro, come è naturale. Madre Mazzarello e Don Giovanni Cagliero appena 15 giorni dopo lo scoppio della crisi, entrambi erano in visita a Mornese ma, consapevoli dell’importanza del caso, il Direttore anticipò il loro ritorno. Sanno bene che quando si presenta una situazione di crisi, questa diventa una priorità e richiede una disponibilità totale.

Al suo ritorno, la Madre ascolta la giovane, la incoraggia e la rafforza nella sua decisione, ma pensa che sia consigliabile aspettare il consenso del Padre. Don Cagliero ha anche ritenuto necessario prolungare il tempo di preparazione prima del battesimo. Don Bosco, che era la massima autorità, approvò la decisione, che era vincolante per tutti.

Prendere in mano direttamente la situazione, seguire gli eventi e agire in sinergia come un comitato di crisi fa sentire il resto dell’istituzione, in questo caso le suore e i giovani, come se avessero il controllo della situazione. Aiuta a trasmettere autorevolezza e sicurezza in una situazione di incertezza che ogni crisi genera.

Prendersi cura del pubblico

La sinodalità è inseparabile dall’ascolto, altro atteggiamento fondamentale da curare durante una crisi. È un processo in cui l’Istituzione è chiamata ad ascoltare. Le crisi possono causare danni alle persone; questa è forse la sfida più delicata della comunicazione di crisi, infatti, saremo giudicati dal modo in cui ci occupiamo delle vittime. Ma in questa prospettiva sinodale della crisi, un altro principio fondamentale da applicare è che le vittime non devono essere considerate solo come oggetti della nostra attenzione, piuttosto come soggetti di ciò che accade, chiedendo loro consiglio e autorizzazione per le decisioni pubbliche che le riguardano.

Nel caso Bedarida, la famiglia ha il permesso di entrare nella casa di Nizza quando vengono a prenderla, e permettono al fratello di incontrarla a Torino. In ogni momento collaborano con le Autorità, e anche da Torino scrivono alla famiglia, spiegando chiaramente le loro ragioni per ospitare questa giovane donna che, nel pieno esercizio della sua libertà, vuole abbracciare il battesimo.

Parallelamente a questo ascolto delle persone colpite, bisogna occuparsi di tutto il pubblico, delle nostre sorelle, lavoratrici e collaboratori, che sicuramente esigeranno un’informazione concisa e chiara sui fatti che riguardano l’Istituzione. La cura di questa comunicazione interna stimola il senso di appartenenza, riduce la possibilità di conflitto, genera fiducia e promuove la coesione. Il pubblico interno è, quindi, una priorità della comunicazione durante una crisi. Come Madre Mazzarello e Don Cagliero si sforzano di essere vicini alla comunità, accompagnandola con la loro presenza e invitandola alla calma, certi che anche la tempesta passerà, così anche il nostro personale deve essere particolarmente curato in questo momento. Lo stress e la tensione di una crisi possono portare a un deterioramento del clima.

In una crisi di comunicazione, l’immagine dell’Istituzione o, in questo caso, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, può essere danneggiata, quindi è necessario attuare un piano di comunicazione specifico e riprogettare le politiche istituzionali in questa direzione.

È edificante leggere come in mezzo alla tempesta comunicativa in corso, in seguito alle inondazioni subite a Nizza in quel periodo, quando molti dovettero rifugiarsi nella casa delle suore, Don Cagliero approfittò della celebrazione della vestizione di quel mese di giugno 1879 per interrogare in modo energico e caloroso allo stesso tempo tutti i presenti: “Che cosa fanno le Figlie di Maria Ausiliatrice in questo sacro recinto?”, dimostrando così il bene che facevano e il bene ancora più grande che potevano fare. Un modo per scoprire nelle crisi un’opportunità di cambiamento e di crescita.

“Il caso della giovane Bedarida, riportato dai giornali, ha fatto conoscere meglio le suore di Don Bosco e l’Istituto di Nizza. Di conseguenza, il numero di postulanti aumentò e la casa si riempì di loro. Un grande bene è stato ottenuto dal male” (F. MACCONO, Santa Maria D. Mazzarello II, p. 71)

Educare è saper comunicare

È fondamentale trasmettere sempre un messaggio di responsabilità, impegno e trasparenza, in linea con lo stile educativo salesiano, con la certezza che educare è saper comunicare. Come ci ricordano gli Orientamenti per la missione educativa delle FMA, “il contesto culturale in cui ci troviamo richiede una fede forte, un’adesione convinta al Vangelo, ma anche una speciale capacità di comunicare” (Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Linee guida per la missione educativa delle FMA. Roma, CCS, 2005), capacità che diventa particolarmente necessaria nelle situazioni di crisi.

 

Mª Paloma Redondo Pérez de la Ossa, FMA 
comunicacion@salesianas.org

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