In questo tempo molte volte è stata compromessa la dignità umana di tante persone vulnerabili, a causa dell’emergenza sanitaria di Covid-19 arrivata all’improvviso e mostrandosi impietosa su tutti, ma che certamente ha colpito più duramente le fasce vulnerabili.
Una riflessione va fatta sulla giustizia sociale ancora poco assicurata, nel concreto, nel diritto alla salute, all’ambiente vivibile, nella fruizione dei beni comuni come l’acqua e come il paesaggio; nel diritto all’integrazione per giungere ad una società includente; per realizzare un mix di culture e di tradizioni differenti; nel diritto alla corretta informazione, puntuale e completa e nel diritto all’istruzione per tutti. L’accesso ai servizi va garantito a tutti; tutti devono sentirsi parte della comunità in cui si vive; gli adempimenti fiscali devono essere proporzionati alle reali condizioni del cittadino; il migrante, il disabile, l’anziano devono sentirsi parte di una società articolata e differenziata. Promuovere la giustizia sociale oggi, vuol dire combattere anche nel concreto le differenze, nella possibilità di utilizzazione degli strumenti multimediali, contrastando disuguaglianze nella popolazione, dovute alle differenze sociali ed economiche.
Il 20 febbraio, , è l’occasione per portare all’attenzione delle Istituzioni e di tutta l’opinione pubblica mondiale quanto sia importante triplicare gli sforzi per assicurare giustizia ed equità a tutti, perché una società giusta e inclusiva è un obiettivo ineludibile.
Bisogna erigere un nuovo diritto alla speranza, riscoprire una chiave nuova nella solidarietà e responsabilità sociale, perché le pari opportunità siano assicurate a tutti.
Testimonianza
Durante la 59° Sessione della Commissione per lo Sviluppo Sociale delle Nazioni Unite (CSocD 2021), la Coalizione dei Religiosi per la Giustizia (JCoR) ha promosso un evento, co-patrocinato dalla Rappresentanza Salesiana presso le Nazioni Unite, sul tema “Servire attraverso il divario digitale: testimonianza di una religiosa cattolica sul ruolo della tecnologia digitale nelle disuguaglianze sociali”.
Suor Elena Saavedra, dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA), ha presentato il lavoro svolto dalle FMA in Ecuador e Colombia durante la pandemia per ridurre il “digital divide” – il divario tra chi ha accesso e dimestichezza con le tecnologie digitali e chi invece no – fornendo accesso all’educazione agli emarginati attraverso le tecnologie digitali.
La religiosa ha illustrato il servizio realizzato in Ecuador dal Centro Educativo Padre José Vicente Rivadeneria in favore di 171 allievi indigeni del gruppo etnico Shuar. Quando a causa della pandemia nel Paese sono state sospese le lezioni in aula, questi giovani sono tornati nei loro villaggi, che però non hanno elettricità, né collegamenti radio. Così, anche quando la scuola ha iniziato a trasmettere le lezioni attraverso Radio Tiwinza, gli studenti Shuar sono rimasti esclusi. Per loro, perciò, si è provveduto rapidamente all’installazione di pannelli solari nei 20 villaggi e centri in cui abitano, cosa che ha permesso loro di proseguire gli studi; e la manutenzione delle attrezzature è diventata una responsabilità condivisa con la comunità locale.
In Colombia l’Istituto Educativo Scuola Normale Superiore Nuestra Señora de Fátima ha raggiunto non solo gli studenti, ma anche gli insegnanti e i genitori, fornendo loro le attrezzature elettroniche e connessione Internet per accedere ai contenuti educativi forniti sia dal governo che dalla scuola. Questo programma, intrapreso con il sostegno del Dipartimento per l’Educazione di zona, ha beneficiato quasi 2000 studenti e le loro famiglie.
Ciò che ha motivate le religiose in queste iniziative, ha spiegato suor Saavedra, è stato il motto spesso ripetuto da Don Bosco: “Un solo filo messo in trazione si spezza facilmente. Molti fili ben intrecciati fra loro, fanno una corda che nessuno potrà spezzare”.
Gabriella Imperatore, FMA
gimperatore@cgfma.org