Il viaggio interiore della musica

La scrittrice ed esploratrice francese Alexandra David-Néel all’inizio del Novecento diceva: «Chi viaggia senza incontrare l’altro, non viaggia, si sposta». Oggi, parafrasando il suo aforisma, potremmo dire che: «Chi viaggia senza incontrare se stesso, non cresce, rimane fermo».

I giovani di oggi, come quelli di una volta, vivono nella musica quel viaggio interiore alla ricerca di se stessi, per comprendere il mondo che li circonda, per proiettarsi verso il futuro.

Chi non ricorda la melodia e le parole piene di nostalgia e malinconia di John Denver quando nel 1971 in Country road cantava la voglia di tornare a casa e di come quell’ambiente gli ricordasse i momenti felici della sua infanzia: «Take me home, country roads, to the place I belong…» Il viaggio prevede sempre un andare, ma anche un ritornare.

 

Il proprio viaggio intimo

Ognuno ha un motivo personale e intimo che lo porta a pensarsi in viaggio per scoprire qualcosa di nuovo. Lo racconta il cantante Ultimo che nella canzone Il ballo delle incertezze dice: «Ho perso tempo per guardarmi dentro e ho sistemato qualche mia abitudine. Ma poi la sera che arrivava ed io mi chiedevo dov’è il senso, se c’è un senso a tutto questo. Ma ci sarà il ballo delle incertezze e ci sarà un posto in cui perdo tutto, che per stare in pace con te stesso e col mondo, devi avere sognato almeno per un secondo».

Ultimo si chiede dove sia il senso degli sforzi del vivere, del capire e del capirsi. Nelle sue parole leggiamo le delusioni e la tristezza di fronte alle incomprensioni della vita. Queste si possono affrontare liberandosi dei pensieri umani e mortali, per liberare la mente verso l’alto: «Per stare in pace con te stesso e col resto, puoi provare a volare lasciando a terra te stesso».

Viaggiare è un bisogno intimo che ognuno di noi ha dentro di sé, significa ricercare, non semplicemente qualcosa, ma anche se stessi. Il viaggio è in fondo una scoperta, ci permette di conoscere nuove persone, rendendoci delle persone migliori. È quello che racconta il cantante britannico James Arthur nella sua The truth: «Ho dato fuoco alla gloria. Ho dato fuoco al sogno. Questo mi porta guida nelle strade. Non dirmi che è finita, perché non voglio crederci. Perché ora ho aperto gli occhi e ho trovato il modo di respirare. La verità mi rende libero». Il viaggio è la scoperta della verità su di sé, al di là delle convenzioni che il mondo e la società ci impongono.

L’importante nel tragitto è rimanere positivi e non scoraggiarsi. È il messaggio che lancia Elton John nella sua canzone Never too late che è parte della colonna sonora del remake del film Il re leone: «Non è mai troppo tardi per cambiare le cose. Recupera, districa il percorso per confondere i dubbiosi e i perdenti che si allineano nella disperazione. Ti dirò che è tutto finito, se non vai da nessuna parte. Spero non sia mai troppo tardi. Non è mai troppo tardi per tornare in pista. Pensavo di essere felice, e talvolta lo ero. La tristezza è altrettanto importante perché ti permette di portare le difficoltà della vita e la speranza». Infatti in un’intervista il cantate britannico dice che: «Non è mai troppo tardi per cambiare idea, è successo anche a me durante la mia vita. Ho avuto un’epifania negli anni Novanta. L’epifania serve per avere uno sguardo nuovo su quello che stiamo facendo nelle nostre vite, e se stiamo sbagliando siamo sempre in tempo per cambiare le cose, facendo la cosa giusta per la nostra famiglia e per noi stessi».

 

Il viaggio a due

Il viaggio è anche quello di una coppia che si conosce sempre di più e decide di non vivere più in modo superficiale. È quanto cantato da Lady Gaga e Bradley Cooper nella pluripremiata canzone Shallow, vincitrice del Golden Globe, del Premio Oscar e di due Grammy Award: «Dimmi qualcosa, ragazza. Sei felice in questo mondo moderno? O hai bisogno di più? C’è qualcos’altro che stai cercando? In tutti i momenti felici mi ritrovo desiderando il cambiamento. E nei momenti difficili ho paura di me stesso. Dimmi qualcosa, ragazzo. Non sei stanco di provare a riempire quel vuoto? O hai bisogno di più? Non è difficile resistere? Siamo tutt’altro che superficiali adesso».

In queste parole c’è tutta la delusione e il malessere verso il mondo odierno che ci propone solo valori superficiali, ma allo stesso tempo la volontà di cambiare, di scavare più a fondo dentro di sé per scoprire cosa c’è di vero.

«Sto affondando e questa volta temo che non ci sia nessuno che mi salvi. Cosa mi ha davvero fatto impazzire. Ho bisogno di qualcuno che mi guarisca. Qualcuno che sappia, qualcuno da avere accanto, qualcuno da abbracciare. È facile da dire ma non è sempre così. Immagino mi sia piaciuto il modo con cui hai intorpidito tutto il mio dolore. Adesso è il giorno che sanguina nel crepuscolo. E tu non sei qui per farmi passare tutto.» Questa è la disperazione di Lewis Capaldi contenuta nella sua ballad Someone you loved. L’aiuto di chi ci sta accanto non sempre è la soluzione migliore, perché magari cerca di rimpicciolire il problema o di evitarlo. Il viaggio, infatti, rappresenta una sorta di perenne sfida, legato al senso del dovere e dell’impegno personale, diretto a costruire un mondo migliore e a lavorare duramente perché si realizzi.

 

Il viaggio spirituale

La metafora del percorso interiore può anche essere usata per indicare quel viaggio introspettivo che sfocia in un vero e proprio cammino spirituale. È quanto canta Franco Battiato in L’ombra della luce dove racconta di una via intima che ci proietta verso la felicità, fino a raggiungere l’opportunità di unirsi alla bellezza della natura, all’assoluto, all’infinito, trovandolo anche dentro di noi.

«Difendimi dalle forze contrarie. La notte nel sonno quando non sono cosciente. Quando il mio percorso si fa incerto e non abbandonarmi mai. Perché le gioie del più profondo affetto o dei più lievi aneliti del cuore, sono solo l’ombra della luce. Ricordami come sono infelice lontano dalle tue leggi, come non sprecare il tempo che mi rimane. Perché la pace che ho sentito in certi monasteri o la vibrante intesa di tutti i sensi in festa sono solo l’ombra della luce».

Qualunque esperienza umana o viaggio è sempre e solo l’ombra di quanto più grande possiamo vivere. La contrapposizione tra luce e tenebre, salvezza e dolore, ignoranza e peccato sono solo le fasi di un processo più grande che ci coinvolge e ci guida verso il nostro futuro.

 Lo scrittore statunitense John Steinbeck diceva che: «Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone». È proprio vero che alla fine di un viaggio possiamo diventare coscienti dei nostri mutamenti e di comprendere cosa ne abbiamo guadagnato.

In fondo il viaggio è il racconto della storia di ognuno di noi, un’occasione di maturazione, di cambiamento, di speranza e anche, talune volte, di delusione e sconfitta.

 

Mariano Diotto
m.diotto@iusve.it

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