Viaggiare nella Contemporaneità

Che significato ha ‘viaggiare’ nella Contemporaneità se, come scrive il cileno Roberto Bolaño, «ogni cento metri il mondo cambia»? Muri, filo spinato, migrazioni, generazioni, arte, cultura, bellezze naturali, sofferenze e speranze animano il mondo contemporaneo e il viaggiare è un’occasione per narrarlo nella sua complessità.

 «Io viaggio non per andare da qualche parte, ma per andare. Viaggio per viaggiare. La gran cosa è muoversi, sentire più acutamente il prurito della nostra vita, scendere da questo letto della civiltà e sentirsi sotto i piedi il granito del globo»(Robert Louis Stevenson).

Il viaggio è da sempre una narrazione dell’esistenza umana, della sua propensione alla direzione inattesa del futuro, esprime secondo le coordinate del tempo e dello spazio le sue aspettative e i suoi limiti. Viaggiare è pensiero, guerra, commercio, arte. Viaggiare è il colpo d’occhio su un paesaggio composto di tanti luoghi, strade e sentieri, ciascuno con le sue memorie e i suoi racconti, ciascuno con le sue immagini e i suoi abitanti, visibili e invisibili. Il suo tempo trascorso e la sua attualità. I suoi enigmi dis-umani, il pugno delle morti nel deserto, nel Mediterraneo, ai bordi dei muri eretti qua e là a difesa del civile e del democratico che però si nutre fatalmente dell’inimicizia contro l’altro. Il desiderio di vivere nella sua instabilità e devianza o rassicurazione e risarcimento. Tentando, a un certo punto del viaggio, di capire dove si sia davvero arrivati, se si sia mai partiti, se ci sia una meta che ci attende o un’origine a cui poter tornare.

«Viaggiare non vuol dire soltanto attraversare il cuore segreto dei continenti. Viaggiare è anche l’uscita dall’Infanzia, l’inizio di un’amicizia, la rottura di un legame che credevamo non potesse finire mai. Perché è quando si va altrove che le cose importanti cominciano ad accadere, quando la vita ci mette alla prova e ci svela una parte di noi che prima non conoscevamo» (Federico Pace, Controvento. Storie e viaggi che cambiano la Vita. Einaudi Editore. Torino – 2017).

In viaggio, la cosa migliore è perdersi.
Quando ci si smarrisce, i progetti lasciano il posto alle sorprese,
ed è allora, ma solamente allora, che il viaggio comincia”
(Nicolas Bouvier).

In viaggio verso l’inclusione

«La ruota è sinonimo di ‘andare’ ed io, che sono sulle ruote tutto il giorno, vivo di questa trasposizione: non sto mai ferma, amo viaggiare. Così prendo la mia carrozzina e parto». Di viaggi Valentina Tomirotti, giornalista, digital storyteller e blogger, ne ha fatti tanti, tanto che ha deciso di trasformare la sua passione in un ambizioso progetto di accessibilità turistica e sociale. In arte si chiama Pepitosa in Carrozza e ha realizzato il progetto di redazione di guide turistiche pensate per chi si muove sulla sedia a rotelle: lei stessa visita i luoghi a bordo della sua auto, in totale autonomia, valutando elementi come la presenza di barriere architettoniche, la pavimentazione del suolo pubblico, l’accessibilità di trasporti, hotel e ristoranti. Pepitosa è anche l’appellativo con il quale la 36enne mantovana – laureata in Scienze della Comunicazione –da giornalista si occupa della creazione di contenuti per il Web, lavora come impiegata in un’azienda di servizi del suo comune, Porto Mantovano (Italia) ed è conosciuta in Rete, grazie al Blog www.valentinatomirotti.it e alla presenza nelle Reti Sociali. «Prima di fare comunicazione disegnavo e producevo gioielli in maniera artigianale. Pepitosa era il nome del mio marchio di bigiotteria. Una donna ‘pepitosa’, proprio come le pepite, piena di luce, colorata, esuberante. Il Blog è nato nel 2013 come supporto al brand» che col tempo è diventato una finestra in cui Valentina affronta argomenti che fanno parte della quotidianità, dal lifestyle alla moda, ai viaggi, naturalmente: «Dopo aver visitato una località riporto una serie di informazioni utili, in modo che coloro che sono nelle mie condizioni e vogliono andarci non si trovino impreparati».

Valentina Tomirotti è affetta da Displasia Diastrofica, malattia genetica rara,
caratterizzata da un difetto dell’accrescimento della cartilagine che le ha impedito di camminare.
Il libro , Mondadori, 2019, è la storia dei suoi 36 anni di vita,
raccontata in modo diverso da quello a cui si è abituati, quando si sente parlare di disabilità.
«Non ci sono lacrime, non perché non ci siano mai state,
ma perché non sono l’elemento fondamentale dell’esistenza di chi è in carrozzina».

Quando viaggiare diventa un’arte

Un’arte che si riproduce attraverso la sua morte, la sua estinzione e attraverso il riciclaggio dei suoi resti, spiega immediatamente i processi di modernizzazione avanzata che continuano a trovare nella sfera estetica la forma di vita più esemplare per ogni campo sociale. La mostra “Fuga dal museo” dei fotografi Dario Assisi e Riccardo Maria Cipolla è un percorso creativo per raccontare il Museo e la città. Un viaggio nella contemporaneità attraverso la fotografia.

«Il nostro progetto nasce dalla volontà di dare vita alle statue del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, rendendole vere creature che interagiscono con la realtà. Le sculture divengono persone, che si aggirano per le città, desiderose di scoprirne i misteri, le bellezze e le paure»”, affermano gli Autori. 

Un vero e proprio circuito tra ieri e oggi saltando di secolo in secolo per scoprire la città nei suoi luoghi. Raccontare con ironia il museo quale spazio della città che alla città si apre fino a invaderla, percorrerla, abitarla. Sono quaranta fotomontaggi che rappresentano parte dello spirito partenopeo e delle atmosfere della città. Realizzati con ironia, simpatia, dolcezza e romanticismo per cercare di avvicinare il pubblico all’arte rendendola popolare, comprensibile e leggibile da tutti, È un modo per immaginare, senza dover sognare, cosa sarebbe la “vita” quotidiana di dee e guerrieri, matrone e personaggi storici se, con la macchina del tempo, si trovassero catapultate tra vicoli e scorci, nelle strade, nelle piazze e negli angoli più caratteristici della Napoli contemporanea.

Tra ieri ed oggi, tra il candore dei marmi, la lucentezza dei bronzi di Farnese e Canova e la vivacità dell’orizzonte metropolitano, è possibile incrociare Atlante col mondo sulle spalle che circola in motorino tra le viuzze dei rioni e l’Atleta; adocchiare le statue dei Re della facciata del Palazzo Reale di Napoli che hanno abbandonato le loro nicchie per farsi scattare una foto di gruppo da una turista di passaggio nel bel mezzo di Piazza Plebiscito;  l’Afrodite di Capua che si affaccia a stendere i panni e un nobile romano che attende assieme ad una matrona l’autobus di via Caracciolo; e ancora vedere sfrecciare in auto un’allegra famiglia marmorea.

L’innovazione tecnologica è il prodotto di questa imponente assunzione del passato nel presente, il modo in cui lo permuta, rendendolo possibile e praticabile non secondo i modi dell’apprendimento e della conoscenza storica, bensì secondo dimensioni esperienziali. Immensi magazzini di parole, di discorsi e di immagini che si sono accumulati nel passato stanno ora confluendo – insieme alle memorie dei singoli – nella rete di relazioni messe a disposizione dall’informatica. Stanno rovesciandosi in universi spaziotemporali che vanno molto al di là dell’umano, dell’umanamente comprensibile e gestibile e che, tuttavia, risultano a disposizione dell’individuo.
L’arte non è morta, vive ed è stimolo alla contemporaneità.

L’infinito viaggiare

Viaggiare in bicicletta significa prima di tutto abbracciare uno stile di vita. La consapevolezza che ogni giorno è diverso, ricco di imprevisti, e anche di soddisfazioni significa non sapere dove dormirai la sera né se troverai cibo e acqua lungo la strada. Viaggiare in bicicletta significa vivere in un limbo di incertezza, di continuo stupore e di adrenalina, perché andare incontro a un giorno di cui non si sa nulla, è vita.

«L’idea era di provare ad attraversare, a colpi di pedale, la regione del Kurdistan che include tre nazioni: Iran, Iraq e Turchia. Non ci sono molte informazioni a riguardo e attraversarlo in inverno rendeva il progetto ambizioso e avventuroso. Soprattutto la parte del Kurdistan iracheno. Un viaggio che ci ha portato a conoscere il cuore di queste regioni dimenticate dove città millenarie, tradizioni tribali e turbanti si mischiano in un esperienza di viaggio e di vita entusiasmante. Vedere migliaia di persone vivere in campi profughi lungo i confini con la Siria, la gioia dei bambini quando si passava in bicicletta e le lunghissime file di tende che si perdono nell’orizzonte. Oggi tra Turchia e Siria c’è un muro lungo centinaia di chilometri. Sembra un serpente che scivola minaccioso attraverso le pianure della Mesopotamia. Eppure l’incontro con le persone dei luoghi nel viaggio cambia la nostra vita. Tra i tanti incontri ho conosciuto Khalil, un Iracheno costretto a scappare dalla sua città. Ci ha ospitato e ci ha raccontato la sua storia, della sua vita normale prima della guerra e poi della fuga alla ricerca di un nuovo futuro. È facile comunicare nonostante le barriere linguistiche e vi racconto questo episodio. In Turchia, un giorno, c’era tanta pioggia. Cerchiamo un riparo perché pedalare è impossibile, troviamo una moschea a bordo strada, decidiamo di fermarci finché non cali un pochino. All’improvviso uno, due, tre, dieci bambini saltano fuori e ci osservano curiosi. Uno di questi parla un po’ di inglese e ci invita a casa sua. La serata è fantastica e nel giro di poche ore ci sentiamo parte di questa grande famiglia, nipoti, nonne, zii e cugini, vivono tutti nella stessa casa. Solo un ragazzo sa qualche parola di inglese però la differenza linguistica non è importante, il calore e i sorrisi nell’aria non hanno bisogno di essere tradotti».

È questa la storia di Edoardo che viaggia in bicicletta, con poco bagaglio e racconta un’esperienza unica. La valigia se la riempie di ricordi indelebili. La sua è una storia di umanità incredibile e ci fa capire che tutti siamo fratelli.

 

Gabriella Imperatore
gimperatore@cgfma.org

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