Ricuperare la giustizia come diritto
Uno sguardo alla realtà odierna ci permette di affermare che il mondo è assettato di giustizia. L’esclusione e la disuguaglianza hanno prodotto nuove forme di povertà. Non solo si trovano le persone economicamente sfruttate o escluse dalla società, ma anche i politicamente oppressi, gli sfollati, i rifugiati, le minoranze culturali, gli immigrati e tante altre vittime della discriminazione, della violenza e delle guerre in atto. E così pure, il pianeta terra, la nostra casa comune è minacciata da catastrofi prodotte da noi suoi abitanti. Questa ingiustizia dilagante, nonostante gli ammonimenti degli scienziati, sembra andare avanti.
Soltanto il ristabilimento della giustizia potrebbe portare a ricuperare il senso della dignità umana e dei diritti fondamentali delle persone e dei popoli. La Dichiarazione universale dei diritti umani (1948) afferma: «Il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo».
La giustizia come virtù morale
La Chiesa è stata sempre attenta alle vicende umane, nella consapevolezza che l’uomo ne è la prima e fondamentale via (cf RH14). Pertanto, l’essere umano non può fare a meno della giustizia, come valore morale. Il compendio della Dottrina Sociale la descrive così: «La giustizia è un valore, che si accompagna all’esercizio della corrispondente virtù morale cardinale. Secondo la sua più classica formulazione, essa consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto. Dal punto di vista soggettivo la giustizia si traduce nell’atteggiamento determinato dalla volontà di riconoscere l’altro come persona, mentre, dal punto di vista oggettivo, essa costituisce il criterio determinante della moralità nell’ambito inter-soggettivo e sociale» (n. 201).
La giustizia è la virtù che in qualche modo racchiude tutte le altre e le armonizza in un insieme organico, capace di regolare in maniera saggia le diverse relazioni interpersonali: sia quelle fra le persone che quelle con Dio. La giustizia perciò è il fondamento della vita comunitaria, la virtù che promuove l’ordine positivo, costruttivo, benefico. Essa tiene conto del fatto che ogni uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, e quindi è un essere relazionale, strutturalmente aperto al dialogo e alla socialità: come Dio è in se stesso relazione fra le Tre Persone nel dialogo d’amore trinitario, così l’uomo è relazione d’amore, che vive la giustizia come riconoscimento dei diritti di ognuno, e anche come autocoscienza dei propri diritti e della propria dignità. Questo ci porta ad affermare che ogni uomo e ogni donna hanno, fin dal primo istante della loro esistenza, dei diritti nativi inalienabili, perché creati da Dio. Il fondamento della giustizia umana è la creazione divina (cf Martini, Sulla Giustizia, 2002).
Sogni che il mondo non offre
Papa Francesco, seguendo i suoi predecessori, riprende il tema in modo trasversale in tutti i suoi messaggi. Invita i giovani a lottare per la giustizia come uno dei sogni che il mondo non offre. “Sono proprio i giovani, afferma, che possono aiutare la Chiesa a rimanere giovane, a non cadere nella corruzione, […], a stare vicino agli ultimi e agli scartati, a lottare per la giustizia, a lasciarsi interpellare con umiltà” (ivi, n.37).
Riprendendo la Lettera di Paolo a Timoteo, augura a ogni giovane: “Spero che tu possa stimare così tanto te stesso, prenderti così sul serio, da cercare la tua crescita spirituale. Oltre all’entusiasmo tipico della giovinezza, c’è anche la bellezza di cercare «la giustizia, la fede, la carità, la pace» (2 Tm 2, 22; cf CV, 159).
In realtà, una grande speranza emerge da tutto il percorso di preparazione, realizzazione e attuazione del Sinodo dei Vescovi 2018. La consapevolezza dell’urgenza di rendersi protagonisti/e di un cambiamento ha abitato sicuramente il cuore di ogni giovane sensibile alle chiamate dello Spirito.
Nei vari contesti mondiali gruppi di giovani si stanno organizzando, a partire dalla fede, per impegnarsi nella costruzione di una società nuova, per far crescere la pace, la convivenza, la giustizia, i diritti umani, la misericordia, e così estendere il Regno di Dio nel mondo (cf ivi, 168).
A voi chiedo anche di essere protagonisti di questo cambiamento, afferma Papa Francesco. Lottate per il bene comune, siate servitori dei poveri, siate protagonisti della rivoluzione della carità e del servizio, capaci di resistere alle patologie dell’individualismo consumista e superficiale (cf ivi, n.174). Siate capaci di creare l’amicizia sociale. Non è facile, occorre sempre rinunciare a qualcosa, occorre negoziare, ma se lo facciamo pensando al bene di tutti potremo realizzare la magnifica esperienza di mettere da parte le differenze per lottare insieme per uno scopo comune (cf ivi, n.169). La promozione della giustizia esige, non solo impegno deciso e coerente, anche testimonianza, cioè uno stile di vita giusto.
Uno stile di vita giusto
Il profeta Isaia (32,7), nella Gaudium et Spes afferma: “La pace è opera della giustizia e frutto dell’amore, un edificio da costruirsi continuamente con la decisa volontà di rispettare la dignità delle persone e dei popoli, e l’assidua pratica della fratellanza umana. In tal modo la pace è frutto anche dell’amore, il quale va oltre quanto può apportare la giustizia” (cf n.78). Per i credenti, il maestro per eccellenza, è Gesù stesso. Tutta la sua vita terrena è stata una lotta per restaurare il regno del Padre, regno di giustizia e di pace. La giustizia per lui era la priorità assoluta: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33). Con questo invito, Gesù rilancia un nuovo rapporto con i beni terreni, un nuovo modo di vivere la vita. Questa proposta interpella tutti specialmente il mondo dell’educazione.
Educare alla giustizia
In questo percorso, i giovani vanno coinvolti, perché sono generalmente sensibili al tema e sono capaci di sognare e di impegnarsi. Ecco perché vanno accompagnati ed educati. Che cosa implica un itinerario di educazione alla giustizia?
Innanzitutto, l’educazione alla giustizia va impostata nel fare sperimentare uno stile di vita giusto che implica una relazione giusta con il creato, le persone e con Dio. Quindi, un primo passo, è il riconoscimento e l’accoglienza dell’alterità. L’altra persona gode come me degli stessi diritti inalienabili e condivide con me lo stesso habitat, pertanto siamo chiamati a condividere i beni della Casa comune e non accumularli solo al proprio favore. Anzi, tutto ciò che è in più, è proprietà di qualcun altro e va restituito. In questo senso la carità non è un atto eroico, è giustizia.
Da questa prospettiva, la dimensione relazionale è centrale e va curata dalla prima infanzia fino all’età adulta, implicando tutti gli ambiti dell’esistenza umana dalla famiglia alle altre istituzioni. Questo richiede dei percorsi formativi, dove s’impara ad avere un “rapporto fiducioso e libero con se stessi, con il corpo, con il denaro, con gli altri, con le più piccole creature e con Dio” (E. Ronchi). In questa linea, va ricuperato il valore dell’interiorità che aiuta ad essere presente a se stesso e all’altro. Così progressivamente, ci si abilita a vivere la relazione quotidiana attraverso piccoli gesti di gentilezza, benevolenza, mitezza che provengono dal cuore.
In questi cammini d’impegno semplice, le giovani generazioni si formano gradualmente una coscienza cittadina, perché la giustizia si trasferisce nel sociale e nella vita politica in vista della trasformazione della vita della famiglia umana in armonia con la Casa comune.
Julia Arciniegas – Martha Séïde
j.arciniegas@cgfma.org – mseide@yahoo.com