A come adolescenti: vedersi nel futuro

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In un recente intervento lo psicoterapeuta Pietropolli Charmet denota che il mondo degli adulti si sta accorgendo di quali terribili conseguenze derivino dalla perdita di speranza nello stato d’animo dei ragazzi in crescita. Non si tratta solo di disoccupazione, crisi economica, povertà, che sono disgrazie enormi, ma c’è di mezzo la morte del futuro, e questa è povertà assoluta: “non c’è più nulla da fare, e così ci si riduce a non fare nulla”.

Se un ragazzo prende consapevolezza che il futuro è morto rimane relegato in un eterno presente senza speranza, smette di disperarsi e si rende disponibile a compiere ogni impresa senza dover rendere conto di ciò che diventerà, perché non cambierà, ma rimarrà per sempre così. Per questo motivo è importante durante l’adolescenza risolvere i propri enigmi e definire con risolutezza il progetto futuro.

Educare adolescenti oggi significa, spesso, intraprendere un cammino con ragazzi e ragazze che non sperano, che non vedono il tempo a disposizione come opportunità per imparare a crescere; questa è un’esperienza relazionale molto complessa. Oltre all’inevitabile confronto con il dolore dei ragazzi gli educatori fanno i conti con il disprezzo che, spesso, l’adolescente esprime sia verbalmente che con il comportamento, nei confronti di tutto.  Tuttavia, nonostante le difficoltà, ci sono ragazzi che, fortunatamente, riescono a trovare una soluzione identitaria diversa da quella proposta dalla società. Corrono verso un futuro diverso da quello previsto per loro e forse questa è la guarigione del loro male: crescono, e il più delle volte si emancipano dal contesto familiare, pur accettando quando è possibile un aiuto economico dai genitori. Il futuro l’hanno agguantato; per il resto si vedrà.

Creativi

L’adolescenza è una fase della vita per natura creativa, perché l’adolescenza dà vita ad un soggetto nuovo. Questo processo creativo ha un’irruenza particolare e cerca ogni canale espressivo che possa essere messo al servizio della sua realizzazione. All’adolescente va nuovamente proposto l’interesse per ciò che potrà diventerà, va sostenuto e incoraggiato in questo processo che coniuga speranza e futuro per poter diventare ciò che può essere.

Nascere come soggetto sociale, visibile, prezioso e creare il proprio futuro, chiede sacrificio e la persistenza nella fatica, alle volte, fino allo stremo delle forze. L’entità del sacrificio aiuta l’adolescente a comprendere l’entità della sua intuizione e lo rassicura se la strada intrapresa è quella giusta. 

Se si vuole che il futuro sia davvero il tempo in cui si compia la propria vera vocazione è importante che i ragazzi riescano a decidere della loro vita su una base autentica, senza lasciarsi travolgere dai falsi testimoni e dalle corporation alle quali interessa individuare i loro desideri per poter vendere merce che impareranno a desiderare.

Agli adolescenti piacerebbe incontrare educatori che sapessero come si fa a capire cosa si desidera per sé nel futuro e come si fa a intercettare la propria profonda inclinazione, magari nascosta da un sarcofago di brutti voti. Spesso l’aver troppo creduto a rosee prospettive di lavori e lauree di successo è la causa prima della possibile infelicità.

È importante tenere presente che solamente nel periodo transitorio dell’adolescenza la dimensione del tempo futuro è così importante, perché non c’è nulla di deciso. Il tempo presente, l’oggi è troppo pieno perché ci sia lo spazio d’interesse a cosa succederà dopo; una volta adulti, invece, il futuro è considerato come deciso, ritenendo che forse ci potrebbe essere qualche sottile margine di miglioramento.

Solo se un adolescente è capace di desiderio può vedersi nel futuro, ovvero è capace d’immaginarsi e costruirsi un percorso di vita responsabile che lo faccia sentire come persona che ha senso nel mondo. È auspicabile che questo desiderio venga innestato, coltivato e alimentato da ogni ambiente educativo per rispondere alla missione di formare persone nella loro integrità.

Vigilare

I desideri sono potenti, positivi, pieni di dinamismo. Senza desideri non siamo nulla, non c’è esplorazione, non c’è passione. Oggi esiste un pericolo, la società del consumo, trasforma i desideri in pulsioni, forze cieche, insaziabili che sfociano nell’avidità, nella brama del possesso. Per questo motivo gli educatori sono chiamati a risvegliare desideri per dare opportunità, soprattutto, agli adolescenti di attivarsi nel processo della crescita personale, ma nello stesso tempo, essi sono chiamati a vigilare perché il desiderio non sia sottoposto alla forza bruta della pulsione del possesso, del consumo.

Un dono educativo imprescindibile, per i ragazzi, le ragazze, è quello di poter vedere in un insegnante, in un allenatore sportivo o nei loro genitori dei testimoni del desiderio. Non è importante

tanto parlare di desiderio, ma è importante incarnare un desiderio, una passione, una vocazione: è questo che contagia.

Allora, il desiderio si trasmette per contagio, non si trasmette per retorica o per tecniche pedagogiche, e perché la persona in crescita sia contagiata dal desiderio deve fare un incontro con un desiderio, deve incontrare un/una testimone del desiderio: una maestra, un insegnante, un allenatore, un genitore, un educatore.

Come educatori, educatrici siamo chiamarti a interrogarci seriamente se proseguire su una progettualità educativa costruita sul bisogno e sulle sue logiche o impostare una progettazione educativa che parte dal desiderio.

Per alimentare il desiderio è necessario coltivare e sostenere la promessa di una vita appagante nonostante il dolore, la sofferenza e la morte; come adulti siamo chiamati a sostenere l’esistenza autentica di una promessa buona sulla vita e sul futuro. Esiste davvero la felicità nel tempo e non solo nell’eternità. Ricostruire la fiducia nella vita significa affermare la speranza e questo implica in concreto: sperare nella vita e nell’amore gratuito; attendersi qualcosa di buono dal futuro; avere fiducia nella persona anche quando appare segnata dalla fragilità; immaginare e realizzare una vita buona e gioiosa.

Il bisogno non rimanda solo all’invocazione di una pienezza, dice ricerca di appagamento e alle volte pretesa. Il desiderio invoca il dono, l’attesa, la sorpresa, una scelta di libertà.

Sapremo cambiare prospettiva?

Alla scuola dei testimoni della speranza: Madelein Delbrêl

Nel Vangelo il Signore fissa il prezzo da pagare perché un uomo si “rigiri” verso di lui. È “il prezzo alto”, un prezzo che non si finisce mai di pagare: la fede non può essere per noi che uno stato violento. Ma se la sofferenza aderisce a noi, la speranza aderisce a questa sofferenza; che la sofferenza sia tentazione, debolezza, disgusto, stanchezza, la speranza le dà il suo vero nome la trasforma ai nostri occhi: la speranza la chiama conversione, vale a dire “rigiramento” verso Dio, ritorno a Dio, accesso a Dio.

Perché, se l’ufficio della speranza riguarda la vita eterna, la riguarda fin dal tempo e nel tempo. Questo ufficio non è di renderci capaci di pazienza su una terra dove attenderemo una eternità tenuta in riserva oltre la morte. Anche quando essa mira all’eternità, la speranza cristiana spera “il presente”, perché ciò che essa spera per l’eternità esiste già ed esiste pienamente. La speranza cristiana spera Gesù Cristo, spera Dio. Quel che Dio era ieri, resta oggi e sarà domani. E Gesù Cristo è resuscitato per sempre. La speranza, nella nostra vita interiore […] attraverso la polvere di lotte, di fatiche, di sforzi infimi, ci permette di trasformare le circostanze o gli eventi della nostra vita in eventi eterni.

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