I social network come meccanismo e strategia di consumo

Una delle caratteristiche sorprendenti del mondo contemporaneo è l'accessibilità ai media digitali che sono presenti nella vita quotidiana della stragrande maggioranza delle persone, soprattutto bambini, adolescenti e giovani. I telefoni cellulari consentono un accesso facile e veloce in qualsiasi momento e luogo, così che le barriere di tempo e spazio sembrano essere state superate dalla tecnologia. Sebbene portino innumerevoli vantaggi alle persone, è necessario considerare che i media digitali sono diventati uno spazio di mercato conteso e un'influenza sui consumi.

Il rapporto 2021 “Children in the digital environment” (“I bambini nell’ambiente digitale”), pubblicato dall’OCSE, oltre ai rischi di contenuto, contatto e condotta, richiama l’attenzione sul rischio per i consumatori. Secondo il documento, i bambini sono un pubblico strategico, capace di influenzare il resto della famiglia, essendo estremamente vulnerabile agli appelli commerciali e alle pressioni a cui sono esposti.

In questo contesto ci sono i rischi diretti, che fanno riferimento a strategie di marketing disegnate proprio in base ai target di riferimento, i rischi finanziari, nel senso che i bambini stessi possono acquistare prodotti o servizi senza il consenso dei genitori e i rischi di sicurezza contro la violazione dei dati e la sicurezza per scopi aziendali.

Tuttavia, oltre ai rischi diretti, ve ne sono di indiretti, appena percettibili e difficilmente individuabili dall’osservatore comune, rappresentati dall’utilizzo di algoritmi come base per il consumo. A differenza dell’economia basata sul capitalismo di massa, oggi assistiamo all’emergere di un iperconsumatore solitario, frammentato e individualizzato. Per pensatori come Alonso & Fernández Rodríguez (2021), questo iperconsumatore è un soggetto immerso nell’autoreferenzialità, che crede nella propria sovranità e superiorità tecnologica.

Viviamo così quello che alcuni autori classificano come “capitalismo dell’informazione”, basato sull’economia psichica ed affettiva, frutto delle stesse azioni generate online dall’utente, come click, like, condivisioni e post, che permettono alle piattaforme di ottenere dati personali e, quindi, informazioni sempre più precise su desideri, gusti e preferenze personali. La conoscenza così ottenuta grazie agli algoritmi, consente l’utilizzo di strategie sempre più assertive e influenti sul comportamento delle persone, ma in modo totalmente impercettibile.

Nel linguaggio tecnico, la cosiddetta “architettura decisionale” si riferisce all’uso di tecnologie create per aumentare e rafforzare i consumi, basate sulla partecipazione e sull’appeal emotivo. È un modello di business, che utilizza i social network, come YouTube, Tik Tok e Instagram, per creare un ambiente domestico, familiare, estroverso, comico e affettuoso, camuffato da libertà e potere decisionale.

Con gli ambienti digitali, in particolare i social network, la questione della libertà di scelta e della comprensione del mondo diventa più complessa. Va ricordato che le piattaforme digitali sono soprattutto aziende che mirano a ottenere profitto incentivando il consumo di beni e servizi. L’obiettivo dell’economia dell’attenzione, attraverso meccanismi che fanno rimanere le persone connesse per ore e ore, ha il chiaro scopo di formare degli iperconsumatori.

In tal modo, gli ambienti educativi di oggi, in particolare quelli salesiani, hanno la grande responsabilità di formare “buoni cristiani e onesti cittadini” capaci di abitare in modo critico e consapevole questi ambienti digitali, affinché non diventino semplici strumenti di consumo a favore del modello economico attuale. Non si tratta di imporre una visione negativa delle tecnologie, né di moralizzarne l’uso attraverso discorsi superati e riduzionisti, ma di avere una giusta comprensione dei meccanismi che governano e condizionano il comportamento di bambini, adolescenti e giovani in questi ambienti, per aiutarli a uscire da questo immaginario di sovranità e libertà digitale che, di fatto, non esiste. Pertanto, è importante tenere presente alcuni aspetti negli spazi educativi di seguito elencati:

a) Promuovere un processo di alfabetizzazione mediatica e digitale in cui i ragazzi possano progressivamente comprendere i meccanismi di funzionamento dei media che utilizzano e percepirne la reale influenza.

b) Educare alla soggettività umana: non basta sviluppare la razionalità, è necessario proporre esperienze di vita che permettano ai ragazzi di percepirsi come esseri umani, capaci di riflettere, di rileggere e dare senso alle esperienze vissute.

c) Educare a godere criticamente e creativamente dei benefici che le tecnologie offrono: fare in modo che i media non siano visti come spazi separati dalla realtà e dal tempo in cui sono inseriti. I ragazzi vanno aiutati a vedere, sentire e comprendere la realtà concreta in cui sono inseriti perché nulla sostituisce la presenza reale e fisica.

d) Riformulare il “Patto educativo globale” (Francesco, 2020) e “Reimmaginare il contratto sociale per l’istruzione” (UNESCO, 2022): due movimenti forti che incoraggiano a unire le forze delle diverse istituzioni sociali a favore delle nuove generazioni. Anche la scuola, nel XXI secolo, non può più essere quel complesso chiuso da alte mura isolato dal resto della società, ma spazio aperto al dialogo, all’incontro, alla ricerca di soluzioni ai grandi problemi del mondo.

e) Assumere l’impegno di formare il “cittadino universale” contrastando la “logica dello scarto”, quella che Papa Francesco chiama la “globalizzazione dell’indifferenza” (Francesco, 2020). Tale logica rende l’individuo autoreferenziale, incapace di vedere la sofferenza dell’altro, e fonda la crescita economica sulla logica del consumo rendendo impossibile l’ecologia integrale. Per superare le grandi crisi che affliggono il pianeta, l’educazione deve basarsi sulla formazione integrale della persona, come cittadino universale, rivestito di una forte umanità, che gli permetta di vivere la fraternità universale e adottare modelli di vita sostenibili, sapendo che c’è un limite al consumo e che il benessere di un gruppo non può permettere che un’ampia porzione di umanità sia privata dei propri diritti fondamentali e rimanga ai margini della società.

Pensiamo in modo più concreto alla realtà del ciberconsumo per agire positivamente nella formazione dell’opinione dei giovani, con senso critico, in vista della trasformazione positiva della società. È certamente un lavoro lungo, ma è un impegno che le istituzioni educative devono necessariamente assumere per la formazione integrale delle nuove generazioni.

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