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Stefano, testimone di Pace 
(Atti 7,55-60)

Stefano è il primo martire a professare la fede nel Risorto con audacia e franchezza. Il suo nome significa: "Il vittorioso". Nel mondo di oggi non avrebbe questo significato pensando al modo in cui la sua vita si è conclusa. La sua storia è raccontata nei capitoli dal 6 all’ 8 degli Atti, dove viene presentato come un giovane pieno di fede, di Spirito Santo e di sapienza, di grazia e di potenza.

È uno dei primi sette diaconi della Chiesa primitiva, scelti per servire alle mense, mentre gli apostoli si dedicavano alla predicazione e alla preghiera. Ma in realtà il suo desiderio non era quello di limitarsi a questo servizio, bensì di andare oltre Gerusalemme. Il suo sogno era vedere il Vangelo raggiungere altre culture e far conoscere Cristo al mondo.

Col passare del tempo, Stefano divenne un predicatore molto influente, un oratore che molti giovani principianti desiderano essere oggi. Ma il suo stile di predicazione gli procurò gravi reazioni, tanto che fu falsamente accusato da alcuni membri della sinagoga dei Liberti, che cercarono di screditarlo per i prodigi e i segni che compiva nel popolo. Fu portato al Sinedrio per essere giudicato su un peccato mai commesso. E davanti al Sommo Sacerdote, che poco tempo prima aveva condotto il processo e la condanna di Gesù, aveva l’opportunità di dimostrare che le calunnie contro di lui erano false. Tuttavia, non lo fece, ma approfittò del momento per parlare della storia degli uomini di Dio che avevano preceduto il Salvatore. Quante volte perdiamo tempo a difendere posizioni o modi di pensare quando c’è un messaggio più grande da comunicare! 

Il suo discorso terminò con l’annuncio centrale: “Gesù è il Signore”. E questo provocò una reazione peggiore della precedente, fino alla decisione estrema e perversa di ucciderlo senza aver espresso un giudizio. Lo trascinarono fuori dalla città e lì lo lapidarono senza pietà. Stefano fu ucciso dalla violenza di un gruppo di uomini che ribollivano di rabbia solo perché aveva detto loro verità amare. La sua
morte portò profonda tristezza alla famiglia e agli amici, ma si converti in motivo di crescita per la Chiesa. Il suo sangue divenne seme per l’espansione del Vangelo in nuove culture. Il “vittorioso” morì, ma davanti a lui stava l’uomo che avrebbe continuato la sua eredità annunciando la Buona Novella: Saulo, che sarà l’apostolo Paolo.

Stefano è il Beato che entra nel Regno dei Cieli. È l’innocente e l’artefice della pace, che ha accettato gli oltraggi piuttosto che provocarli, che ha assunto le offese ingiuste, abbracciando il Mistero d’Amore per il quale visse e morì senza riserve. Mistero d’Amore che lo avvolse, lo trasformò e lo rese simile all’Amato stesso. Le Beatitudini di Gesù si fanno eco e vita nel suo fedele discepolo:

Stefano, pieno di Spirito Santo, alzò gli occhi al cielo e vide la gloria di Dio. 

Beato sei tu, Stefano, che, puro di cuore, hai potuto vedere l’immensità della gloria di Dio. Beato testimone di pace perché, perseguitato per la causa di Cristo, sei diventato uno dei primi cittadini del Regno dei Cieli. Hai iniziato così una catena di testimoni della pace, che lottano con “santa ostinazione” per ottenerla.

Poi, gridando forte, si turarono le orecchie e si precipitarono tutti insieme su di lui.

Beato sei tu, Stefano che hai proclamato con coraggio e audacia la Buona Novella del Giusto. Essi, non potendo ascoltare la verità, si tapparono le orecchie, chiusero il cuore e resistettero allo Spirito. Si riempirono solo di rabbia e di ira incontenibile. Atteggiamenti che oggi ripetiamo, mettendo a tacere la voce dei più deboli che ci interpellano, segnalando strade di libertà e di giustizia.

Lo cacciarono fuori dalla città e cominciarono a lapidarlo.

Beato sei tu, Stefano che, con la tua fedele testimonianza, hai messo a disagio gli ipocriti e i corrotti del sistema. Non potendo sopportare la coerenza della tua vita giocata per il Signore, ti hanno tolto di mezzo, hanno cercato di eliminarti, farti sparire. La stoltezza oggi ci acceca e rende invisibili coloro che ci mettono a disagio con la loro povertà e sofferenza. Voltiamo le spalle a chi ha bisogno del nostro ascolto e della nostra attenzione; siamo indifferenti alle loro richieste di tempo e di cura. Diventiamo insensibili al grido del nostro prossimo e del nostro habitat.

Mentre lo lapidavano, Stefano faceva questa invocazione: “Signore Gesù, ricevi il mio spirito”.

Beato sei tu, Stefano, che hai vissuto come il Maestro fino a morire come Lui. La tua preghiera si unisce alla sua: “È compiuto. E chinando il capo rese lo spirito”. È il costo del seguire Gesù fino alle estreme conseguenze. La tua preghiera si unisce a quella di tanti perseguitati e martirizzati per la loro fede in Cristo; a tanti crocifissi di oggi, vittime di migrazioni, tratta di persone, femminicidi, narcotraffico, guerre interminabili… Una preghiera che sarà ascoltata ancora una volta dal Padre.

Poi piegò le ginocchia e disse ad alta voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». E così dicendo, si addormentò.

Beato sei tu, Stefano, perché nella tribolazione del tuo martirio non hai dubitato nel gridare al cielo chiedendo il perdono dei tuoi aggressori, sull’esempio del Maestro nell’agonia del Calvario. Hai centrato la tua vita solo in Dio, per questo hai perseverato nella sua causa. Se Dio è con noi, chi è contro di noi? Questa è la fonte della pace che si fa visibile nella vita dei santi. Sulla base di questa solidità interiore, la testimonianza di santità si manifesta nel nostro mondo frenetico, instabile e aggressivo; attraverso la tolleranza, il dialogo, il perdono e la costanza nel fare sempre il bene.1 

Stefano ci sfida a vivere la follia estrema dell’amore: dare la vita perdonando i nostri nemici. Ci invita a testimoniare la pace, rimanendo fedeli a Dio in ogni avversità, confidando solo nella sua Misericordia… quella che ci sostiene e non ci abbandona mai. 

  1. Cfr. Papa Francesco. Il dono della fedeltà, la gioia della perseveranza, n. 61. ↩︎

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