Qualcuno a cui guardare

Il libro di Luigi Maria Epicoco, *Qualcuno a cui guardare*, esplora la testimonianza come via di autenticità, umanità e fede vissuta attraverso relazioni e compassione.

  “… ciò che ci rende più autenticamente umani”

Il profilo spirituale di un testimone è tracciato da Luigi Maria Epicoco nel suo libro, “Qualcuno a cui guardare”, con l’approfondimento dei seguenti temi chiave: debolezza, verità, autenticità, relazioni, ferialità, grazia; essi hanno come nucleo soggiacente la convinzione che l’esperienza della fede non ha come scopo solo la propria santificazione ma anche di essere segno per gli altri. Il testimone è un esempio concreto di cui si ha bisogno per comprendere “come si fa a vivere”, ma ciascuno è anche chiamato ad esserlo con un’esistenza che aderisce a quanto, o meglio a Chi, ha riconosciuto come significativo ed autentico. Il libro non nasce per “insegnare” la testimonianza ma per generarla indicando sia come ascoltare sé stessi, sia come trasformare la propria vita; ogni meditazione invita all’interiorizzazione vivendo con l’esperienza del deserto: lasciare “la folla” di preoccupazioni, di emozioni, di ansie e di speranze, per trascorrere del tempo personale solo con Gesù, per “ascoltare con compassione ciò che dice la nostra umanità”.

È la misericordia verso sé stessi che rende privi di giudizio, una peculiarità validissima soprattutto in ambito educativo: “soltanto quando ci si sente voluti bene emerge il meglio di sé, quando ci si sente accolti, capiti, accompagnati, e si sente addosso uno sguardo di misericordia”. Ciò si realizza se nei propri confronti si dà un nome compassionevole alla propria realtà, lasciando che lo Spirito fornisca una narrazione diversa della propria vita, che cambi la chiave di lettura dell’esistenza personale ed altrui. Il raggiungimento di tale meta, suggerisce Epicoco, implica di imparare ad amare sé stessi, ad ascoltarsi per guardare alla propria vulnerabilità “come ciò che ci rende più autenticamente umani” e così giungere alla stabile, interiore sicurezza di essere figli ed amati: è la base della spiritualità che rende, anche a propria insaputa, testimoni.

  Il “testo” interiore

Il testimone dovrebbe essere affettivamente equilibrato, psicologicamente sano, ma senza confondere la vita affettiva con quella spirituale, la quale dovrebbe essere prioritaria, né ritenere intercambiabili le due realtà. Sono questi i cardini che consentono di accompagnare spiritualmente l’altro, ovvero di aiutarlo ad accorgersi di ciò che lo Spirito sta compiendo in lui, di mettere “la punteggiatura al suo testo” interiore: a comprendere il significato della propria esistenza senza rivelare il finale del libro che si sta leggendo”. Una guida dovrebbe guardare a Giovanni Battista: attraverso la sua umanità i discepoli vivono il loro attaccamento a Dio perché egli fissa il suo sguardo su Gesù, “non si può essere testimoni senza comprendere che ciò che conta è aggrapparsi con tutto noi stessi a Cristo”, lasciandosi afferrare da Lui. Il compito di chi testimonia Gesù non è quello di far valere le proprie ragioni come fossero più forti di altre, né quello di fornire semplicemente un servizio religioso o vendere un prodotto di benessere per un generico bisogno spirituale.

Dentro le sfide contemporanee, il testimone è colui che, nell’umiltà e nella semplicità, torna all’essenziale: l’essenziale del cuore e dello stile, a Gesù non come ad una dottrina, ad un elenco di precetti, ad una strategia sociale o politica, ma ad una persona la cui parola non è un trattato filosofico o pedagogico da studiare o da disquisire, ma un evento incarnato, capace di plasmare e trasformare il cuore e la vita dell’uomo e quella del mondo.

La testimonianza, solitamente, ha origine dalla testimonianza di altre persone percepite credibili perché, con la loro umanità, in qualche modo riflettono gli insegnamenti di Gesù; l’educazione stessa è un sistema di scelte, la testimonianza è la sua forma più immediata, lo stile di chi, volendo incontrare, accogliere davvero l’altro, si fa attento a sé stesso, decide quali tracce vuole lasciare mediante le relazioni, se essere “qualcuno a cui guardare”.

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