Il 23° Capitolo generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice ha incoraggiato a lavorare in rete a favore dei migranti, a “trovare come Conferenze interispettoriali le modalità di collegarsi tra le comunità FMA, i diversi gruppi della Famiglia salesiana e le varie Istituzioni civili ed ecclesiali per approfondire le cause delle migrazioni e collaborare a progetti educativi” (CG XXIII, Documento capitolare, n. 70).
Il dialogo è possibile tra luoghi e culture fra loro distanti, tra un capo del mondo all'altro, oggi sempre più vicini, interdipendenti, bisognosi di incontrarsi e di creare spazi reali di autentica fraternità e solidarietà. La vicinanza crea comunione e l'appartenenza realizza l'incontro. La vicinanza acquisisce forma dialogica e crea una cultura dell'incontro. Per la Chiesa, in questo tempo ci sono ambiti di dialogo nei quali deve essere presente per adempiere un servizio in favore del pieno sviluppo umano e perseguire il bene comune.
Condizione essenziale per l'efficacia dell'evangelizzazione è l'unità tra i seguaci di Cristo, a cominciare dall'ambiente esistenziale in cui ciascuno è posto: «In quanto evangelizzatori, noi dobbiamo offrire ai fedeli di Cristo l'immagine non di uomini divisi e separati da litigi che non edificano affatto, ma di persone mature nella fede, capaci di ritrovarsi insieme al di sopra delle tensioni concrete, grazie alla ricerca comune, sincera e disinteressata della verità. Sì, l'evangelizzazione è certamente legata alla testimonianza di unità data dalla Chiesa» (J. Saraiva Martins, La Chiesa).
“Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Luca 6,36). La misericordia nelle sacre Scritture è la parola chiave per indicare l’agire di Dio verso di noi (Francesco, Misericordiae vultus 9).
La ‘tenerezza di Dio’ è uno degli elementi più caratteristici del modo di essere e di educare di Maria Domenica Mazzarello. È qui il segreto della sua missione e della sua vita interamente donata alla salvezza delle giovani. Main, una ragazza che conosce la tenerezza del cuore di Dio. Anche la nostra esistenza è una parabola di tenerezza, oggetto privilegiato di uno sguardo di amore che ci viene donato gratuitamente. Solo chi ne fa l'esperienza la può donare e riversare sugli altri.
Ogni giorno milioni di persone si mettono in cammino nel mondo per fuggire dalla morte e dalla disperazione. Oggi noi, in tanti e diversi, camminiamo insieme a loro per raggiungere la Pace. Il loro dolore, la loro angoscia sono, in qualche modo, anche i nostri perché li sentiamo vicini, sentiamo le loro grida di aiuto, vogliamo fare qualcosa, reagire, rispondere, proteggere.
Raccontarci della tenerezza, dirci cosa succede quando la mano sfiora un viso, quando sentiamo il cuore piegarsi e quasi proiettarsi nel cuore dell’altro, quando la tenerezza ci fa sentire vicini. Tenerezza è usare gli occhi per vedere l'altro, usare le orecchie per sentire l'altro, per ascoltare il grido dei piccoli, dei poveri, di chi teme il futuro; ascoltare anche il grido silenzioso della nostra casa comune, della terra contaminata e malata.
Il dolore, l’aggressività che abbiamo dentro di noi sono gli stessi che devastano il mondo: trasformarli in tenerezza è già contribuire a un mondo nuovo. In ognuno di noi c’è bisogno di pace, di riconciliazione interiore che si può intraprendere nel proprio percorso di vita. Riconoscersi amati da Dio, fatti a sua immagine, solo così saremo in pace con noi stessi, con Dio e con l’umanità. È per questo che siamo chiamati ad educare alla tenerezza e all’amore.
“Tenerezza”, è uno dei termini più ripetuti da Papa Francesco, dall’inizio del suo ministero come Successore di Pietro e Vescovo di Roma. “Non dobbiamo avere paura della bontà e della tenerezza”, ha esordito il 19 marzo 2013, nella Messa d’inizio del Pontificato di fronte ai “grandi del mondo” e a una folla immensa presente.